Corriere della Sera, 25 luglio 2023
Ritorno a Capalbio
Ci sono parole che dovrebbero scomparire dal vocabolario della sinistra. La prima è Capalbio, splendida località toscana che per tutto un complesso di cose è diventata simbolo di progressismo languido e del distacco dei demo-aristocratici dal popolo che un tempo li votava. Osservati da Capalbio, i vasti problemi che agitano il mondo (lambendo anche Capalbio) si riducono a vuoto esercizio di stile. In bocca ai patrioti della maggioranza, Capalbio è un marchio di infamia snobistica, un modo di dire e di sfottere. Ecco perché, quando l’onorevole Calenda (che per quelli di sinistra non è di sinistra, ma per quelli di destra sì) s’è lamentato della plastica presente nelle acque di Capalbio, ho pensato alla spiaggia pop di Coccia di Morto, resa celebre dal film «Come un gatto in tangenziale». Lì la plastica è parte integrante del paesaggio, esistono piccoli templi di cotton fioc a essa dedicati.
A naso, la rinascita della sinistra potrebbe utilmente ripartire dalla denuncia della plastica di Coccia di Morto. Non perché quella di Capalbio sia più sostenibile per il pianeta, ma perché qualunque richiamo a Capalbio da parte di un politico di sinistra è ormai insostenibile. Il vero colpo basso in grado di ribaltare i sondaggi sarebbe trascinarvi la Meloni con l’inganno e immortalarla tra le sdraio democratiche dell’«Ultima spiaggia». Sempre che Calenda, intento a litigare in acqua con i pezzi di plastica, riesca a tornare a riva in tempo per scattarle una foto.