Corriere della Sera, 25 luglio 2023
Su Raffaele Mattioli
In un futuro Museo dell’Editoria e del Libro italiano, un posto di tutto rispetto andrebbe a Raffaele Mattioli, di cui si celebrano in questi giorni i cinquant’anni della morte. Ne ha scritto venerdì scorso Ferruccio de Bortoli, alludendo tra l’altro alla casa editrice napoletana Riccardo Ricciardi che il banchiere-umanista, presidente della Banca Commerciale, acquistò nel 1938 per farne una delle più importanti collezioni di classici. Nel 1951, Mattioli inaugurò la collana La letteratura italiana. Storia e testi con una antologia di testi di Benedetto Croce realizzata dallo stesso Croce. Rimane famosa la dedica del critico-filosofo «a Raffaele Mattioli, uomo di lettere e di cifre». Notare la successione: prima le lettere e poi le cifre. Non solo Croce, ovviamente. Seguirono un’ottantina di altri volumi, dalle Origini al Novecento, tutti curati dai maggiori studiosi. Mattioli era amico di tanti scrittori, poeti, critici, filologi, letterati: Bacchelli, Gadda, Contini, Montale, Solmi e via di seguito. Il suo braccio destro, Gianni Antonini, ha raccontato a Corrado Stajano che Mattioli «viveva ogni giorno la vita della casa editrice quasi in maniera ossessiva, intervenendo di persona su tutto e su tutti, mutando progetti, correggendo introduzioni, note, commenti». La poesia è tutto, diceva, la poesia è la vita. Gadda gli dedicò diversi suoi libri: uno di questi fu voluto nel 1961 dallo stesso Mattioli sempre per la Ricciardi, si intitolava Verso la Certosa. Lo stesso dedicatario si trova nelle Novelle dal Ducato in fiamme, uscito nel 1953 per Vallecchi: «A Raffaele Mattioli / despota dei numeri veri / editore dei numeri / e dei pensieri splendidi». Nel 1957, Mattioli finanziò dietro le quinte un Premio degli Editori (in giuria Cecchi, Bo, Citati, Contini, De Robertis, Montale) per rimediare alla mancata assegnazione del Premio Marzotto al Pasticciaccio. Mattioli sostenne Treves, Sansoni, Einaudi, Adelphi, Scheiwiller, Electa e altri. Giulio Einaudi scrisse che non era un mecenate, perché non chiedeva nulla in cambio: promuoveva la cultura e basta. A proposito di quell’orgoglio nazionale evocato solennemente ogni giorno: alla Buchmesse di Francoforte 2024 l’Italia sarà ospite d’onore, sarebbe il momento giusto per annunciare il progetto di un Museo dell’Editoria e del Libro che valorizzi il più importante «made in Italy», quello della cultura. Intitolarlo a Raffaele Mattioli?