Il Messaggero, 23 luglio 2023
Gli 80 anni di Mick Jagger
Non si sa con certezza quante canzoni abbia scritto (da solo o in compagnia di Keith Richards), e nemmeno quante donne abbia avuto (oltre alle più celebri Jerry Hall, Carla Bruni e Marianne Faithfull) o quante sostanze psicotrope abbia provato. Ma una cosa è incontrovertibile: Mick Jagger compie 80 anni. Il fondatore dei Rolling Stones nasce il 26 luglio del 1943 a Dartford, città sonnacchiosa a circa trenta chilometri a sud est di Londra, e qui diventa amico del coetaneo Keith Richards. I due avevano in comune l’interesse per Muddy Waters e Howling Wolf, facendo parte (insieme a John Mayall, Eric Clapton, Robert Plant e Jimmy Page) di quella gioventù britannica post-conflitto mondiale che trovava emozioni e feeling nel blues degli States.
A LONDRA
Il resto è storia. Mentre Lennon e McCartney fanno la spola tra Liverpool e Amburgo, Jagger e Richards si trasferiscono a Londra in compagnia di Brian Jones. Il 1962 è l’anno del primo concerto degli Stones al Marquee e il 1963 segna il debutto discografico. Da li in poi, in compagnia di Charlie Watts e Bill Wyman, la strada della più longeva band del rock diventa inarrestabile, portando alla rivalità con i Beatles, conducendo a dischi leggendari come Aftermath, Let It Bleed, Beggars Banquet e Sticky Fingers e legando il proprio nome a canzoni epocali, concerti infaticabili, vicende drammatiche (come la morte di Brian e gli incidenti di Altamont nel dicembre del 1969), vendite milionarie e vita sregolata, incarnando come nessun altro prima la triade sex and drugs and rock’n’roll.
Ma se la leggenda degli Stones è già da decenni sotto gli occhi di tutti, quale sono gli "ingredienti" che sir Mick Jagger ha messo di inconfondibilmente personale in questa inarrivabile saga del rock?
LIBERTARIO
Elegante e sfrontato, libertario e sensuale, Jagger è il giovanotto che primo ha preso sul serio la lezione di Elvis Presley, sull’uso del corpo. Come Elvis, anche Mick è stato un apripista. Anzi: il modello di riferimento, l’icona, il corpo, il volto, il movimento, l’erotismo. Sul palco i Beatles erano più o meno statici. Gli Who erano dei mods selvaggi capaci di sconquassare già gli strumenti, ma senza sensualità dionisiaca. Ascoltare e vedere gli Stones, al contrario, era come entrare in un giungla: una band irrefrenabile capitanata da un ventenne che ancheggiava, ammiccava ironico, scuoteva il bacino, faceva vibrare le cosce, strizzava l’occhio, sfoderava sorrisi e ammiccamenti, sdilinguava le ragazzine (la "lingua" logo della band, fu disegnata nel 1969 da un artista, John Pasche proprio a casa di Jagger). Tutte cose che non si dovevano fare. Tutte cose che invece, dopo Jagger, tutti hanno imparato a fare. Patti Smith, raccontando della sua "conversione al rock", disse che dopo un concerto degli Stones nel 1972 a New York, Jagger era così stanco che riusciva appena a cantare, «ma compresi che quello che contava non era la musica, ma la sua nuda esibizione. Erano la sua presenza e la sua energia a permettergli di tenere in pugno il pubblico del Madison Square Garden». Ecco il primo segreto di Jagger: la sua presenza. Io canto il corpo elettrico, scriveva Ray Bradbury, genio della fantascienza. Per Mick Jagger bisognerebbe convertire il tutto in: io sono il corpo magnetico. Ancora prima di "sentire gli Stones", uno "vede Jagger" e viene risucchiato nella cosmogonia della band. L’uso fisico del corpo, le corse sul palco, lo sberleffo e l’aggressione: è Jagger che ha creato il concetto stesso di rockstar on-stage, icona poi riveduta e corretta da tutti i performer, da Janis Joplin a Bruce Springsteen, da Jim Morrison a Robert Plant, da Freddy Mercury a Rod Stewart (ed anche i nostri Piero Pelu o udite udite - Damiano David dei Maneskin ne sanno qualcosa).
Ma tutto questo sarebbe ancora nulla, se Jagger non avesse dalla sua una fottutissima capacità di scrivere canzoni. Qui si compie la magia: 80 anni di vita sui palchi non sarebbero nulla se poi Jagger non fosse - in accoppiata con il miracolato Keith Richards - capace di scrivere Wild Horses e Jumping Jack Flash, Gimme Shelter e Honky Tonk Woman, You can’t Always get What you want e (I Can’t Get No) Satisfaction. E cantare tutto con personalità inconfondibile, passando dai registri teneri di Angie all’aggressività blues di Midnight Rambler.
I FIGLI
Jagger compie 80 anni. Il musicista di Dartford che aveva detto tre anni fa che «il passato è un posto fantastico e non voglio cancellarlo o rimpiangerlo, ma non voglio esserne prigioniero» - ci è dato in ottima forma, con una quantità encomiabile di figli e nipoti a circondarlo tra l’Inghilterra, New York e la Sicilia, dove ha appena comperato una delle tante case che frequenta in compagnia di Melanie Hamrick, stupenda ex ballerina classica da cui nel 2016 ha avuto il suo ottavo figlio. Lo festeggeranno i fans, che si attendono nei mesi il nuovo album, ormai in dirittura d’arrivo dopo le registrazioni già concluse in Giamaica, con la partecipazione di Richards, Ronnie Wood, Darryl Jones e Steve Jordan alla batteria (al posto del compianto Charlie Watts), un disco di inediti atteso dal 2005. Lo seguiranno quelli che amano quello spirito caustico che l’ha portato a dire dieci anni fa al Letterman Show: «Cominci a suonare il rock per scopare e farti di droghe, e dopo cinquantanni finisci con il farti di droghe per poter scopare e suonare il rock’n’roll». Lo festeggeranno pure quelli che studiano i cambiamenti del costume e le trasformazioni dei linguaggi. Se il rock come rappresentazione culturale ha delle icone popolari Elvis, Dylan, Lennon, Marley, i Doors, Springsteen, i Queen - Sir Michael Philip Jagger è una di queste. Teniamocelo stretto.