La Stampa, 23 luglio 2023
Intervista a John Elkann
Cent’anni di Juventus. Il rapporto tra gli Agnelli e la squadra più titolata d’Italia compie domani un secolo. Una vicenda sportiva ma anche un fenomeno sociale, in fondo la storia del rapporto tra una famiglia, una città, il Paese. Dice John Elkann: «C’è un doppio filo di continuità che unisce la nostra famiglia alla Juventus dal 24 luglio del 1923 a oggi: un amore viscerale, perché legato a momenti di vita in famiglia e a ricordi indelebili. E poi la responsabilità di costruire il futuro innovando e adattandosi ai tempi. Come diceva mio nonno “Juventus vuol dire gioventù”. Gioventù vuol dire essere proiettati verso il futuro. Il suo passato è ricco di gloria, ma con il nome che porta è al futuro che si deve guardare».
Ingegner Elkann, arriveremo subito alla Juve. Ma partiamo dal rapporto della vostra famiglia con Torino e l’Italia. Oggi non solo nel calcio, penso a Stellantis, c’è chi teme che voi non siate più in grado come un tempo di tutelare, di rispondere alle aspettative di dipendenti e tifosi. Come risponde?
«Noi abbiamo scelto di essere competitivi in tutti i mestieri in cui siamo impegnati. Cerchiamo di farlo con umiltà e senso di realismo. In qualunque contesto, imprenditoriale o sportivo, dove c’è fiera competizione, la sfida va affrontata con coraggio e determinazione. Questa è la responsabilità che noi sentiamo e che permette di durare nel tempo».
Cosa è per voi la Juventus, dopo cento anni di sodalizio con la famiglia Agnelli?
«Anzitutto una passione della nostra famiglia, cosi come lo è per le milioni di famiglie bianconere, in Italia e nel mondo».
Ma voi siete una famiglia particolare, siete i proprietari…
«Certo. Ma siamo prima di tutto dei tifosi. Ci sono squadre di calcio che sono legate ad un’azienda, ne sono storicamente l’emanazione, come è stata il Psv Eindhoven con la società olandese Philips. La Juventus no. Non è mai stata l’emanazione di una società come la Fiat. È sempre stata la squadra di una famiglia, non di un’azienda».
Il calcio oggi è in bilico tra tradizione e innovazione. Tra il calcio romantico delle partite con il secchio del ghiaccio a bordocampo per tenere l’acqua in fresco e il business dei fondi di investimento. La Juventus dove sta?
«Fin da quando nel 1923 mio bisnonno divenne presidente, nella Juventus la tradizione sta nell’innovazione. Negli anni di Edoardo Agnelli arrivò il primo campo in Italia attrezzato per le partite in notturna, vennero introdotti i calciatori professionisti, la Juventus divenne popolare perché la radio trasmetteva gli incontri vincenti del Quinquennio d’oro. La Juventus era innovatrice anche nello stile. Alla vigilia delle partite andava ad accogliere le squadre avversarie alla stazione, le riceveva e le ospitava a pranzo».
Qual è l’innovazione della Juventus di oggi?
«Ce ne sono molte. Siamo diventati la prima società italiana con uno stadio di proprietà, Non solo un’operazione sportiva: è un contributo per valorizzare un’intera zona di Torino, un fatto di cui siamo moto orgogliosi. Come lo siamo delle molte iniziative di responsabilità sociale che abbiamo sviluppato localmente e che da quest’anno proporremo alle scuole, per formare i più giovani sui temi della socialità, della diversità e dell’inclusione, che sono parte integrante del ruolo della Juve in campo e fuori dal campo».
Ma l’operazione Stadium ha portato vantaggi soprattutto alla Juventus, aumentandone i ricavi da partita…
«Ha fatto molto di più: ogni partita casalinga della Juve rappresenta un’occasione per migliaia di persone, che vengono spesso anche da lontano, per scoprire Torino, visitare il museo più completo e moderno di una squadra di calcio e soprattutto per godere delle bellezze di una città che sa offrire sorprese continue. E sempre in ambito sportivo, sono davvero molti i progetti di innovazione che la Juventus sta portando avanti…».
Ad esempio?
«Le Women: fino a pochi anni fa il calcio femminile era poco conosciuto e ancora meno considerato. Oggi il movimento è in rapida espansione, e siamo orgogliosi di essere stati all’avanguardia, raccogliendo già grandi soddisfazioni: lo dimostrano i 5 scudetti vinti e le 3 coppe Italia. E poi c’è la Next Gen: un impegno che abbiamo iniziato e che continueremo a portare avanti con convinzione, perché significa credere nei nostri giovani talenti e dunque nel futuro del calcio italiano».
A proposito del calcio italiano: a molti sembra che la Juve generi anche invidie e reazioni. C’è un complotto contro di voi?
«C’è chi pensa che la Juventus sia il problema. Al contrario, la Juventus è parte della soluzione. La Juve è stata storicamente l’ossatura del calcio italiano, ne è parte integrante. Ha dato la struttura alle nazionali che hanno vinto i titoli mondiali. E sul piano economico con le operazioni di mercato ha speso mezzo miliardo di euro negli ultimi anni per acquistare giocatori in Italia, contribuendo in modo significativo a sostenere i bilanci delle squadre di serie A e serie minori. Siamo sempre stati una forza positiva per il calcio italiano e vogliamo continuare ad esserlo, rimanendo aperti al dialogo e alla collaborazione con le istituzioni».
Nell’ultima lettera agli azionisti Exor ha però respinto le accuse degli organi di giustizia e ha ribadito la scelta di difendersi. Perché?
«Noi siamo convinti di aver agito in totale correttezza. Dunque ci siamo difesi e continueremo a far valere le nostre ragioni, senza arroganza, ma nel totale rispetto delle istituzioni. Ma la lettera di cui parla in realtà andava oltre: conteneva anche un’analisi spassionata sull’evoluzione internazionale del calcio, soprattutto nel contesto europeo».
A livello europeo non è piaciuta la proposta della Super Lega…
«Bisogna evitare di scambiare la discussione delle soluzioni con l’analisi dei problemi. Il problema è sotto gli occhi di tutti: la Super Lega c’è già, si chiama Premier League, il campionato inglese. Gli altri campionati nazionali mostrano una deriva ormai evidente: i giocatori più bravi vanno a giocare in Inghilterra, finendo per impoverire le competizioni locali. Come rispondiamo a questa sfida? Questa è la questione. Non è una questione che riguarda la Juve. È un problema che riguarda tutto il calcio europeo».
C’è discontinuità tra la Juventus di oggi e quella di suo cugino Andrea?
«Assolutamente no. Al contrario esiste una chiara continuità tra le origini e oggi: una linea ininterrotta, fatta di innovazione, tenacia e soprattutto di emozioni impagabili che ci rendono felici di essere bianconeri».
Però il secolo di connubio tra gli Agnelli e la Juventus cade in un momento particolarmente critico per la storia della società…
«Ne abbiamo passati di momenti critici e li abbiamo sempre affrontati, e ne siamo usciti con la testa alta. Ne usciremo anche adesso e il tempo darà ragione delle nostre scelte. Non è la prima volta che ci capita. Nel 1980 un’inchiesta di scommesse arrivò a coinvolgere Paolo Rossi (che poi sarebbe risultato estraneo). La Juventus di Boniperti lo comperò nonostante la squalifica. Trapattoni continuò ad allenarlo e con successo: la conquista del nostro 20° scudetto porta anche la sua firma. La sua vittoria fu anche la nostra, e ripagò di tutte le polemiche. Mi piace citare una frase che disse proprio Trapattoni: “La Juventus è un po’ come un drago a sette teste. Gliene tagli una ma ne spunta sempre un’altra. Perché non molla mai”».
Spalle forti ma anche delusioni. Le più cocenti?
«Le delusioni servono, fortificano. Se perdi come abbiamo perso contro il Maccabi, certo che fa male. Ma quello è un momento decisivo per imparare. Penso che l’importante sia sempre cercare di far meglio. E comunque noi bianconeri siamo fortunati: la Juve ci ha sempre dato molte più gioie e soddisfazioni che delusioni».
L’Elkann tifoso emerge di rado: quando ha cominciato a tifare davvero per la Juventus?
«Sono nato nel 1976, dunque mia Juve è quella degli anni 80, quella di Trapattoni, dei mondiali di Spagna vinti con una squadra a trazione bianconera, quella di Platini. Con Platini la mia famiglia ha creato un rapporto davvero speciale: il suo terzo Pallone d’Oro lo ha regalato a mio nonno, che lo ha passato a me, e ora io lo conservo con cura e orgoglio. E poi altri ricordi indelebili: le partite allo stadio con Lapo, la conquista del primo scudetto di Lippi, un’emozione incredibile condivisa con Andrea, eravamo entrambi studenti universitari. Con mio nonno ho vissuto anche la finale di Champions vinta a Roma, ai rigori, contro l’Ajax. E poi in tempi più recenti, le soddisfazioni dei nove scudetti di fila, che ho vissuto insieme a mia moglie, ai miei figli e ai milioni di tifosi bianconeri: un’unica, grande famiglia bianconera».
A proposito delle attese dei tifosi bianconeri: il calciomercato è ancora lungo. Ci dica il prossimo colpo…
«Il colpo più importante lo abbiamo già fatto. È l’arrivo a Torino di Cristiano Giuntoli, il nuovo direttore sportivo. È l’esempio più evidente di quello che le dicevo prima: adattamento e innovazione, in perfetta continuità con la nostra storia. Giuntoli porterà alla Juventus un modo di lavorare che valorizza i giovani talenti e costruisce i campioni. Ovunque è stato, ha fatto un ottimo lavoro in questo senso. E ora avrà a disposizione i tanti giovani e forti talenti che abbiamo».
Come festeggerete questo centenario?
«Sarà la nostra festa, che durerà fino all’autunno. Una serie di momenti da vivere in famiglia, con gli amici, con chi condivide la passione per la Juve. A partire da domani sul sito Juventus.com e su tutti i nostri social ci sarà un omaggio collettivo con i grandi nomi del nostro passato e del nostro presente. Sarà anche l’occasione di rivivere la storia della Juve con pillole foto e video. Durante l’estate avremo altre iniziative: il 9 agosto alle 18.30 diamo appuntamento a tutti all’Allianz Stadium per una sessione di allenamento della prima squadra, aperta a tutti e gratuita. E dopo altre iniziative, tutto culminerà con due sorprese: la nuova sala trofei del nostro museo, un’esperienza immersiva da brividi nella nostra storia ricca di vittorie. E poi un inedito evento indoor pensato per i tifosi e le famiglie, all’insegna dello sport, dello spettacolo e del divertimento. Pura gioia bianconera».