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 2023  luglio 23 Domenica calendario

Il governo e la tentazione del rimpasto

Sulla carta, il rimpasto di cui si parla da qualche giorno nei corridoi della politica, sarebbe una soluzione impeccabile. Consentirebbe alla premier di liberarsi di personaggi che, giorno dopo giorno, rosicchiano nei sondaggi percentuali di popolarità al governo e nuocciono all’immagine decisionista della premier. Dopo averla difesa in Parlamento dalla mozione di sfiducia 5 stelle con l’appoggio Pd, Meloni potrebbe insomma scaricare elegantemente la ministra Santanchè, prima perfino del possibile rinvio a giudizio su cui ha fissato la linea del Piave.
Le rincrescerebbe, ovviamente, perché non le piace abbandonare il muro contro muro e accontentare una richiesta “della sinistra”. Ma il dente a un certo punto conviene toglierlo. E siccome questo governo si assegna un orizzonte di legislatura (e l’opposizione è pronta a garantirglielo), tanto vale, più o meno alla scadenza del primo compleanno, invece di fare un licenziamento singolo, procedere a “un riaggiustamento della squadra”, chiedendo anche agli alleati di contribuire a sostituire ministri non proprio brillanti.
Naturalmente queste che nascono nei corridoi sono chiacchiere messe in giro dagli aspiranti a entrare nell’esecutivo, quelli che animano i capannelli in cui si esprimono i giudizi più ingenerosi su membri della compagine nei guai o scarsamente capaci di far fronte alle proprie responsabilità. Ce ne sono, oltre alla traballante responsabile del Turismo, e l’idea che alla fine si possa mettere insieme un pacchetto di quattro-cinque poltrone fa gola a molti. Inoltre il rimpasto è un’ipotesi coincidente con il dettato costituzionale, con alcuni (pochissimi) precedenti nei rari governi di lunga durata della storia repubblicana.
Resta il fatto che dal dire al fare, ce ne corre. Innanzitutto perché far dimettere i ministri è difficile. E poi perché il governo dal rimpasto riceve uno scossone e deve comunque presentarsi in Parlamento a spiegare le ragioni dell’accaduto. Per questo, sebbene non solo per questo, il rimpasto, come la verifica nella maggioranza, rischiano troppo spesso di trasformarsi in crisi. L’esperienza insegna. E la crisi, a solo un anno dall’insediamento a Palazzo Chigi, è l’ultimo dei desideri di Meloni.