la Repubblica, 23 luglio 2023
Il Gesù di Scorsese
Una ventina di anni fa ho curato insieme a Mary Lea Bandy una retrospettiva al MoMA intitolata The Hidden God/ Il Dio Nascosto, che pensammo di sottotitolare “50 film nei quali Dio è il protagonista e tu non lo sai”, prima di optare più cautamente, e forse meno efficacemente, per “Film e Fede”. La mostra prendeva il titolo dall’idea delDeus Absconditus di Pascal, il quale sosteneva che se l’esistenza di Dio si potesse dimostrare, o se lui stesso ci apparisse, l’uomo sarebbe obbligato a credere, perdendo la propria libertà: un Dio evidente toglierebbe ogni merito alla fede. Parteciparono alla selezione registi e storici del cinema, e quando chiesi a Virgilio Fantuzzi quale fosse un film con quelle caratteristiche mi rispose: «Tutti». Il fatto che fosse un sacerdote gesuita, e non solo un eccellente critico, non minimizza la fondamentale domanda esistenziale insita nel tema, a prescindere dalla scelta che ognuno fa di credere o rifiutare la fede. Per citare ancora Pascal: «Dio ha messo nel mondo abbastanza luce per chi vuole credere, ma ha anche lasciato abbastanza ombre per chi non vuole credere».
Oggi si parla spesso della scomparsa della religione nell’arte, ma a mio avviso si confonde l’evidenza superficiale con la presenza costante di una proposta più intima e spesso più efficace. Al di là della secolarizzazione delle società economicamente più evolute, c’è da chiedersi cosa abbia portato a trattare temi religiosi in maniera nascosta dopo millenni di rappresentazioni esplicite, e il discorso vale anche per le altre arti, come i romanzi di Cormac McCarthy e Marilynne Robinson e i quadri di Mark Rothko, Jean Michel Basquiat, Andy Warhol e Edward Hopper ai quali Antonio Spadaro ha dedicato a riguardo l’illuminante Oltrecolore.
Ma forse è nel cinema, dove in passato non sono mancati capolavori espliciti quali Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, Ordetdi Dreyer, Diario di un curato di campagna di Bresson eIl Decalogo di Kieslowski, che risulta più evidente questo cambiamento. Esemplare La strada, realizzato mentre erano in voga pellicole come Bernadette: nel film di Fellini ogni cosa fa parte del disegno divino, e il Matto dice a Gelsomina «non lo so a cosa serve questo sasso, ma a qualche cosa deve servire, perché se questo è inutile allora è inutile tutto, anche le stelle». Quando la protagonista arriva a sacrificarsi per offrire l’opportunità di redenzione al brutale Zampanò il senso del film risulta assolutamente chiaro: se ne accorse per primo Guido Aristarco, che lo bocciò da un punto di vista ideologico, parlando di tradimento del neorealismo a favore dello spiritualismo e pochi anni dopo suscitò un analogo spiazzamento Nazarín di Luis Buñuel, il quale dichiarò: «Sono ateo per grazia di Dio».
La comparsa di temi spirituali da leggere in filigrana dimostra che il sentimento religioso è eterno e insopprimibile, ma la qualità e il riscontro delle pellicole èestremamente diversa: hanno riscosso successo atrocità new age come The Matrix e ammiccamenti kitsch quali Il miglio verde,mentre hanno avuto scarso appeal film di qualità. I maestri rielaborano costantemente l’intuizione di Jean-Jacques Rousseau: «Sento in me e sopra di me la sua presenza, ma non posso comprendere il mistero della sua essenza» e, con l’eccezione di poche commedie, come il magnifico Ricomincio da capo, sembra prevalere lo sguardo di Flannery O’Connor, che vedeva i lineamenti della divinità nei luoghi e nei personaggi più inaspettati, perfino «nel territorio del diavolo». È quello che Martin Scorsese ha dichiarato a proposito diSilence: «Capita di trovarsi sul percorso una persona che ci ripugna: è Gesù». A confronto con lo spirito, la contemporaneità non porta alla semplificazione ma alla complessità, eternando quanto scriveva San Paolo ai Corinzi: «Ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia: ora conosco solo in parte, ma allora conoscerò appieno». Può sembrare contraddittorio che proprio Scorsese stia preparando un film su Gesù, ma si tratta della conclusione di una Via Crucis che lo ha visto citare il Vangelo nel finale diToro scatenato e poi chiudereThe Irishman con le parole pronunciate dal protagonista a un sacerdote: «Lasci aperta la porta». Non è l’unico tra i grandi a seguire questo itinerario, basti pensare a Terrence Malick ed Ermanno Olmi, ma il Dio è nascosto anche in film inaspettati: il protagonista di Incontri ravvicinati del terzo tipo risponde con la fede a una chiamata che proviene dal cielo, e con una formidabile intuizione politica Spielberg ci dice che gli alieni non rappresentano una minaccia ma un’opportunità di redenzione. La vicenda basata su un miracolo della Fine di una storia di Neil Jordan, tratto da Graham Greene, può sintetizzarsi nel Credo quia absurdumdi Tertulliano, ed è un’altra Via Crucis quella percorsa nelle Onde del destino di Lars von Trier da Bess, una versione femminile di Cristo che si scontra con scribi e farisei, come anche Babette quando prepara il suo celebre pranzo. La storia ci ha insegnato che la compiutezza artistica è stata raggiunta anche in lavori su committenza, realizzati da artisti distanti o addirittura ostili a quanto immortalavano. Credo tuttavia che la raffigurazione di un Dio nascosto risulti più stimolante sia per l’artista che per chi fruisce delle sue opere, e trovo questi film estremamente più fertili ogni volta che li rileggo secondo l’intuizione di Fantuzzi.
Per il volume pubblicato in occasione della mostra, che trattò tutte le religioni, Scorsese scrisse una folgorante lettura religiosa di Stromboli di Rossellini, Carlos Fuentes mise la propria fede in discussione di fronte a Nazarín, mentre Stan Brackhage analizzò spiritualmente i film di Spielberg e Kubrick, suggerendo che per questo tema si può utilizzare la definizione che diede San Paolo della fede: l’evidenza delle cose non viste.