Corriere della Sera, 21 luglio 2023
Intervista ad Alberto Núñez Feijóo
Meno due. Tra due giorni gli spagnoli andranno alle urne per rinnovare il Parlamento e finalmente si saprà se l’opposizione guidata dal Partito popolare (centro-destra) riuscirà a scalzare il socialista Pedro Sánchez, al governo dal 2018. I sondaggi sono vietati in questa fase conclusiva della campagna elettorale, gli ultimi davano il Pp in vantaggio ma lontano dalla maggioranza assoluta di 176 seggi che gli consentirebbe di governare da solo. Tutti gli scenari sono aperti, mentre si scaldano le piazze in molte città, soprattutto in quelle, come Valencia, dove il Pp ha già cominciato a governare con la destra di Vox. Pubblichiamo qui l’intervista dei colleghi del quotidiano spagnolo «El Mundo» al presidente del Pp Alberto Núñez Feijóo.
Che cosa vi aspettate da una vittoria per lei e per il Pp questa domenica?
«Il risultato sarebbe straordinario. Continuerò sulla strada indicata dalle urne e io personalmente chiedo agli elettori di assicurarci un governo pulito, senza coalizioni».
Puntate all’obiettivo di ottenere più di 150 deputati. Con un simile risultato, avreste bisogno dell’appoggio di Vox. Quali limiti il Pp intende porre a Vox dopo le elezioni?
«Qualcosa come 150 deputati sarebbe già un successo eccezionale, quindici mesi dopo la grave crisi interna del partito. Punto, tuttavia, a un risultato ancora migliore, perché dai cittadini ci giunge il segnale di una forte partecipazione per il voto. Si avverte il desiderio di cambiamento».
In un simile scenario, davvero non ammette la possibilità di un governo con qualche ministro proposto da Vox? È una ipotesi che scarta completamente?
«Lasciamo che il popolo si esprima. La gente sa benissimo che mettere in piedi un governo di coalizione con Vox non è la scelta migliore per la Spagna. E che non esiste nessun partito che possa sentirsi legittimato a ostacolare il nostro Paese».
Perché è così restio all’idea di raggiungere un’ipotetica maggioranza con Vox?
«Perché non condivido il loro programma».
Che cosa esattamente non condivide?
«Non condivido la loro posizione sull’organizzazione territoriale dello Stato. Né il loro approccio ai cambiamenti climatici, alla violenza maschilista, né alla loro idea di confronto. Non condivido le posizioni di buona parte dei loro dirigenti. Con un’altra parte è possibile confrontarsi e procedere insieme, ma in questo momento non saprei dire con certezza nemmeno chi comanda in Vox».
Il programma
Il mio sarà un governo austero: dovremo rinegoziare il patto di Stabilità, riformare il codice penale e gestire con diligenza la presidenza Ue
Quali sono i punti in comune?
«Innanzitutto l’idea della nazione. In secondo luogo, il loro impegno affinché le forze di sicurezza mantengano la loro presenza sul territorio nazionale. E infine, condivido l’impegno a tener testa alle pulsioni indipendentiste. Condivido la necessità di allargare la lingua comune nazionale a tutti i settori dello Stato. Come pure il loro interesse ad abrogare il sanchismo. Quello che non posso condividere è la loro intesa con i socialisti per impedire al Pp di ottenere la maggioranza. E difatti questo è un obiettivo comune. È innegabile. Non sono d’accordo con la proposta di Vox di conferire posizioni a personaggi no-vax, per esempio. Lo trovo assurdo».
Vox è un partito cresciuto con l’appoggio di una parte degli elettori che inizialmente sostenevano il Pp. E questo accadde subito dopo l’ultimo governo del Pp.
«È così».
Che lezioni ne avete tratto?
«Occorre rifondare il nostro partito e io ci proverò. Se governeremo da soli, ci saranno possibilità di rifondare il Pp e tornare ad essere la grande casa del centrodestra riformista. Ci proveremo, quanto meno, con una parte di Vox. Come si spiega l’ascesa di Vox? Con la spinta del populismo di sinistra, seguito automaticamente da una reazione opposta. Anche perché vi è stato un attacco all’unità della nazione, alla quale il Psoe ha risposto con una certa timidezza, e di qui la risposta robusta dell’elettorato».
È d’accordo con Santiago Abascal, il quale sostiene che aumenteranno le tensioni in Catalogna con un governo di destra?
«Non intendo provocare nessuna tensione, però non ammetto ricatti. E non vorrei che gli indipendentisti credano che lo Stato è negoziabile».
Pertanto, la sua principale promessa alla chiusura della campagna elettorale sarà quella di riportare la concordia in Spagna?
Il confronto con Vox
Non condivido il loro programma su diversi punti: i vaccini, l’ambiente Ma su altri, come l’idea di nazione, abbiamo una visione comune
«Ci proverò. Ho le idee molto chiare in proposito. Se gli spagnoli mi voteranno, sarà appunto per questo, e proprio per questo motivo sono stato nominato a capo del Pp. Non per altro. Per questo obiettivo e per risanare l’economia spagnola».
Qual è il suo programma per i primi cento giorni di governo?
«Sarà un governo più austero, innanzitutto. Secondo punto, l’autonomia della magistratura. Il pacchetto economico è inevitabile, in quanto dovremo negoziare il patto di stabilità e presentare una proposta in novanta giorni. Dovremo gestire con la massima diligenza la presidenza di turno dell’Unione europea. Pensiamo inoltre a un taglio fiscale e stiamo già lavorando sui decreti legislativi da varare. E ci sarà la riforma del codice penale».
La premier italiana, Giorgia Meloni, è tra gli attori di spicco oggi in Europa. In questa campagna elettorale ha dato il suo appoggio a Vox. Quali saranno i vostri rapporti?
«Corretti e fruttuosi. Credo che Giorgia Meloni potrà avere in futuro maggiori contatti con il partito popolare europeo».
Appoggerà l’ingresso di Meloni nel Ppe?
«Dipenderà dall’atteggiamento di Meloni, però sono convinto, da quanto mi dice l’amico Antonio Tajani, che le sue posizioni oggi ci preoccupano molto meno rispetto al momento in cui è stata eletta. Con gli italiani abbiamo sempre intrattenuto ottimi rapporti nelle nostre posizioni in seno all’Ue. Con Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, mi auguro di continuare in questo senso».
Sarebbe quindi auspicabile per l’Ue che Giorgia Meloni entri a far parte del Ppe?
«Indubbiamente».
In Europa
L’ingresso di Meloni nel Ppe dipenderà dal suo atteggiamento, ma le sue posizioni oggi ci preoccupa-no molto meno rispetto a prima che fosse eletta
In che modo pensa di risanare l’economia?
«Occorre dire agli spagnoli la verità sul debito che supera il 110 per cento del Pil, e gli interessi ci impediscono di fare investimenti nel nostro Paese. È assurdo pensare di vivere sulle spalle non solo dei nostri figli, ma addirittura dei nostri nipoti».