la Repubblica, 21 luglio 2023
Modi di leggere
Massimo Recalcati ha scritto ieri con ragione su queste pagine che non c’è peggiore lettura di quella con la quale si cercano conferme ai propri pregiudizi. È quasi peggio di quelli che parlano di libri senza averli letti.Un giudizio non meno severo meritano coloro che giudicano un libro, o un articolo, isolando una frase oppure badando solo al titolo che di necessità non sempre coglie l’intera essenza di ciò che segue.Quando si dice “leggere” però bisogna distinguere; non esiste un solo modo di leggere, anzi ne esistono moltissimi e variano a seconda del tempo, del libro, dello scopo d’una lettura.Non ho mai dimenticato queste parole di Marcel Proust: “Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuto intensamente quanto quelli che crediamo di aver perduto senza viverli, i giorni trascorsi in compagnia di un libro molto caro”. Ho conosciuto anch’io, figlio della guerra, quel tipo di quasi totale mescolanza tra la vita fisica e quella dell’immaginazione persa nelle avventure di Buffalo Bill o nelle indagini di Sherlock Holmes. È una esperienza affascinante e pericolosa. L’annullamento della distanza può far perdere una prerogativa della lettura: la consapevolezza di ciò che si legge. Non so se la quasi totale confusione tra la pagina scritta e la vita sia ancora possibile per gli adolescenti di oggi cresciuti in una cultura essenzialmente visiva.Franz Kafka dà un altro criterio per la lettura: “Se il libro che stiamo leggendo non ci colpisce come un soffio di vento nel cranio, perché annoiarsi leggendolo? … Un libro dev’essere l’ascia che spezza il mare ghiacciato dentro di noi”. Consiglio che mi pare fondamentale: inutile accanirsi in una lettura che non interessa – a meno che ovviamente non si tratti di una obbligata lettura professionale. Inutile soprattutto imporla: «Leggilo, ti farà bene!». Non è vero, se non lointeressa gli farà malissimo, lo annoierà, potrà addirittura farne un nemico dei libri. Non si devono leggere i libri che non piacciono.A questo punto sorge però una domanda: e i soldi spesi per comprarlo, un libro? Le buone librerie sono lì per questo. Il libro si sfoglia (delicatamente), se ne legge una pagina, qualche frase, tanto da poter desumere: questo sì, questo no.La lingua è una struttura logica, non a caso nel Novecento tutti i maggiori filosofi del linguaggio sono anche stati dei logici; ma la lingua è anche un poderoso sistema emotivo capace di suscitare sentimenti non meno di quanto possa trasmettere informazioni. I libri che in modo approssimato possiamo definire “dei sentimenti” (in senso lato, narrativa) in genere si leggono in modo diverso da quelli che trasmettono soprattutto informazioni (in senso lato, saggistica).È bello andare a letto con una persona amata ma lo è anche andarci con un libro caro; in un caso e nell’altro si costruisce un rapporto lento, delicato, affettuoso, intenso. Sono le letture del cuore, le più simili a quelle della prima giovinezza. Senza mai dimenticare che trasformare, in tempo reale, dei segnetti convenzionali in impulsi per la mente è una delle operazioni che, per ora, i computer se la sognano.Poi ci sono le letture professionali – quotidiane per chi con i libri lavora – qui il discorso cambia notevolmente. Non è possibile leggere uno, in certi giorni anche due libri, se non si usano certi accorgimenti basati sull’esperienza, sugli apparati che corredano un testo, sulla conoscenza previa dell’editore, dell’autore e/o dell’argomento, su particolari tecniche di lettura veloce. È questa somma di tecniche e di esperienza che permette a quanti sono coinvolti a vario titolo nei libri di fare il loro lavoro senza diventare pazzi. Non sempre, almeno.