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 2023  luglio 21 Venerdì calendario

Così le narcomafie si prendono l’Ucraina

Yanina Sokolova, celebre presentatrice tv ucraina, ha postato su Facebook tutto il dolore dei soldati: il corpo amputato di un ferito in guerra, malconcio, pieno di traumi fisici e lesioni. «Sente male h24, 7 giorni su 7 – ha scritto –. Che male terribile. Gli oppiacei che deve prendere continuamente per sopravvivere danneggiano cuore e stomaco e hanno effetti collaterali. Cannabis terapeutica per Bakaliuk e per gli altri soldati. Votate, per favore, votate». L’appello ha avuto seguito, ma non ce n’era bisogno. Pochi giorni fa, la Verchovna Rada, il parlamento ucraino, ha ratificato d’urgenza, per ora in prima lettura, una legge per legalizzare la marijuana per scopi terapeutici, per alleviare le terribili sofferenze di militari e civili sconvolti dal conflitto. Solo due anni fa, in tempo di pace, la proposta era stata respinta. Ma ora, non si può morire di spasmi, la sofferenza di un Paese aggredito, va sedata.
La guerra in Ucraina ha sconvolto il mondo, e come effetti economici collaterali anche i traffici mondiali della droga. Pensiamo alle rotte della cannabis, della cocaina, così come a quelle delle nuove sostanze psicoattive (Nps), che prima partivano dalla Russia, dall’Afghanistan, dai Balcani, e ancora dal Sudamerica verso il porto di Odessa: il conflitto nel mezzo dell’Europa orientale ha atrofizzato i tradizionali canali illegali di transito che i trafficanti utilizzavano fino al 24 febbraio 2022. Con la chiusura del porto di Odessa, ad esempio, che era il principale scalo marittimo per il business della droga nel Mar Nero, e con la militarizzazione massiccia della regione, e ancora con la pressione ai confini, i flussi si sono presto riorganizzati.
Per soddisfare la crescente domanda da Est, e continuare a garantire le richieste dei Paesi dell’Europa occidentale, non certo calate. Se Odessa è off limits, i trafficanti puntano oggi su altri hub marittimi negli Stati confinanti: Romania, Bulgaria, prima di tutto, tra Costanza e Varna, che secondo quanto riferito da un’articolata inchiesta di Global Initiative contro il Crimine Organizzato Transnazionale (GI-TOC) sono carenti di personale, dunque i passaggi della droga sarebbero più facili. Poi, ci sono le “fabbriche” outdoor della cannabis nei Balcani: sono questi i veri beneficiari del calo della produzione di marijuana in Ucraina, a causa del conflitto. Infine, il narcotraffico ha cercato strade alternative anche via terra, coinvolgendo lo stesso Paese aggredito, che gioca un ruolo sempre più primario soprattutto per la produzione di droghe sintetiche in laboratori illegali, spuntati tra Kiev e Leopoli, mentre prima si concentravano solo nell’Est, tra Kharkiv e il Donbass.
Molti indicatori aggiungono anche un tassello che è uno degli effetti inesorabili di una guerra: in Ucraina e in Russia è cresciuta esponenzialmente la domanda di cannabis e sostanze psicoattive. Eccitanti, calmanti, allucinogeni per vincere la paura, anestetici per placarsi. Capita di qua e di là del fronte, tra i due schieramenti. Anche se un report del Royal United Service Institute parla per lo più di russi, mandati sotto effetto di metamfetamine incontro ai colpi dei nemici. «La guerra ha avuto un effetto sensibile sui consumi della droga e ha fatto schizzare i prezzi», spiega Ruggero Scaturro, senior analyst del centro studi Global Initiative. Ad esempio sulla cannabis prodotta da Albania, Kosovo, Nord Macedonia, Bosnia-Erzgovina: per ogni confine in più attraversato, il prezzo di un chilogrammo aumenta di 200-300 euro. A gennaio 2023, un grammo di cannabis entrata in Romania dalla Serbia era venduto tra i 7 e i 9 euro, il 30-40% in più di prima.
La fotografia di Global Initiative costringe anche velocemente a rivedere e potenziare, se possibile, i piani di contrasto delle polizie locali e di quella internazionale nei confronti della criminalità organizzata.
«L’Ucraina deteneva prima del 2022 un record negativo per consumo di eroina – continua Scaturro –, era il primo Stato nella Ue per volumi di utilizzo. Oggi, migrazioni e oltre 500 giorni di guerra hanno sconvolto il mercato nero delle sostanze. Da un lato arricchendo i trafficanti ucraini e russi che avevano già importanti investimenti in altre zone della regione, perché col conflitto e il caos ai confini per loro è possibile più facilmente falsificare passaporti o far transitare carichi di sostanze mascherati da aiuti all’Ucraina». Dall’altro lato, il conflitto ha portato al nascere di inediti laboratori “tipo cucina” delle nuove sostanze psicoattive (Nps), cioè alfa-Pvp, 3Mmc e 4Mmc), stimolanti per affrontare lo stress all’interno delle forze armate, essere più vigili e attivi, e ancora mefedrone, Mdma, efedrina, che tradizionalmente per l’Europa erano sintetizzati in Olanda, Belgio e Polonia, Cina e Turchia. I prezzi delle droghe sintetiche sono rimasti invariati dappertutto nella regione: 15 euro al grammo, ad esempio, per la sostanza più venduta in Ucraina, l’alfa-Pvp, secondo le informazioni raccolte da Gi-Toc. Mentre in un anno, è cresciuto di 10 euro al grammo (oggi 40-50 euro) il prezzo dell’eroina.
Nella storia militare, il binomio guerra e droga non è certo recente. I nazisti fecero largo uso di amfetamine per combattere senza sosta, giorno e notte, e non dormire. Il Pervitin, spiega un saggio di Norman Ohler, era utilizzato anche da Rommel e da Hitler. Di metamfetamine si servì anche, tra il 1939 e il 1945, l’esercito giapponese, che nel dopoguerra avrebbe pagato cari gli effetti dell’abuso di queste sostanze. Ne fruirono anche gli alleati, in particolare i piloti americani, che erano sottoposti a estenuanti sessioni di volo. E poi, c’è l’esempio del Vietnam (1955-75), tra eroina e marijuana, che divennero comuni tra i soldati Usa. Il presidente Nixon dovette finanziare programmi per il trattamento delle tossicodipendenze. In tempi più recenti, dalla Siria all’Iraq, il Captagon è diventato famoso come la “droga dell’Isis”, la stessa sostanza che potrebbe essere stata assunta dagli attentatori del Bataclan prima dell’attacco, stupefacente che provoca effetti disinibitori e senso di invincibilità, disumanità. E poi, c’è il fronte del dolore, e quello «dei disturbi da stress post-traumatico che necessitano di essere gestiti – dice ancora Scaturro –. Ma se i laboratori-cucina vengono spesso smantellati dalle forze dell’ordine ucraine, i danni delle Nps potrebbero essere gravi e duraturi in futuro, su una larga fetta di popolazione oggi in guerra». —