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 2023  luglio 21 Venerdì calendario

Il sondaggio di Ghisleri

Il 57% dei cittadini italiani maggiorenni si dichiara oggi pessimista rispetto alla situazione economica propria e della sua famiglia. Un dato che rimane stabile rispetto alla rilevazione dello scorso mese. Del resto nel ranking delle priorità rilevate da Euromedia Research nel mese di luglio sul podio spicca, sempre in crescita, l’inflazione e il caro prezzi (55,0%, +0,9 rispetto al mese di giugno).
Dai dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps nei primi quattro mesi del 2023 sono stati attivati 2.650.621 nuovi contratti di lavoro e le attivazioni a tempo indeterminato risultano in lieve calo (-3,7%). Da questo bilancio e – ovviamente – da altri precedenti si argomenta l’esigenza di offrire delle risposte alla popolazione in tema di adeguamento delle retribuzioni. Su questa linea le opposizioni si sono coalizzate presentando una proposta di legge sul cosiddetto “salario minimo” che risulta condivisa dal 71,5% degli italiani.
L’analisi del sondaggio evidenzia alcune sfumature in cui, tra coloro che approvano senza riserva l’intenzione, si distingue un 25,6% che sicuramente trova corretta la proposta solo se unita a incentivi alle imprese; in questa screziatura si ritrovano la maggior parte dei sostenitori dei partiti della maggioranza di governo. Gli elettori del Partito Democratico e Movimento 5 Stelle si ancorano principalmente ad una scelta obbligata in cui la proposta del salario minimo deve essere accettata in qualsiasi caso con apici che superano il 70,0% nell’approvazione del progetto. Più freddi risultano i sostenitori di Azione rilevati insieme a quelli di Italia Viva (54.7%), anche se i loro leader si stanno spendendo con grande motivazione sulla questione in maniera differente e indipendente.
La richiesta presentata dai principali partiti delle opposizioni immagina che al lavoratore di ogni settore economico potrà essere riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali e che in generale sembrerebbe coinvolgere, secondo il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, il benessere di più di 3 milioni di cittadini. È bene sottolineare che, pur esprimendosi nel merito, ben il 44,2% degli intervistati non è a conoscenza che quando si parla dei 9 euro come soglia per un salario minimo si intende una paga oraria lorda. E, dato ancora più clamoroso, tra coloro che si sono dichiarati a favore del progetto, 7 su 10 sono convinti che si parli di una cifra netta sul peso della tassazione. Dai dati Inps pubblicati lo scorso 10 luglio risulta che, se non si conteggiano il Trattamento di fine rapporto (Tfr) e la tredicesima, i lavoratori interessati sarebbero 4,6 milioni, mentre calcolando tutti i vantaggi dell’assunzione coloro che ne godrebbero sarebbero 1,9 milioni.
Protagonisti di questo dibattito oggi potrebbero essere proprio quelle generazioni che si sentono escluse dalla discussione politica e che comprendono anche le categorie più giovani della società. Facendo un semplice conto e calcolando una possibile affluenza tra il 55% e il 60% alle prossime elezioni europee del 2024 – alle scorse elezioni del 2019 aveva votato il 56% degli aventi diritto – il salario minimo potrebbe rappresentare una spinta per l’indicazione del voto per il 6% – 7% dei partecipanti al voto e il 3% – 4% degli aventi diritto. In questo ultimo periodo abbondante è il tempo riservato a questo tema, un po’ come accadde per il Reddito di cittadinanza nella campagna elettorale che portò alle elezioni politiche del 2018. Ogni parte politica cerca di mostrarsi vincente sul suo progetto e, confidando che l’occasione non si trasformi in un programma mancato inserendosi nella spirale del rimpianto, cita numeri e dati sommando opinioni, stime e valutazioni che sono raccolte dal pubblico più per mero calcolo personale che per una espressione dinamica di interesse sociale.
In questo momento il tema dell’inflazione e del caro vita è sempre in cima alla graduatoria delle priorità della gente, ed è particolarmente sentito dai più giovani (59%, +4% rispetto al dato del totale campione). Nelle rilevazioni demoscopiche realizzate tra i lavoratori emerge – non raramente – tra le risposte che l’atteggiamento e la condotta del datore di lavoro appare più come una concessione che un diritto; e alcuni scandali portati sulle testate dei principali media nazionali ne sottolineano l’accadere. Tuttavia, a oggi nelle intenzioni di voto non si registrano grandi differenze per i partiti rispetto alla scorsa settimana; questo tema non ha ancora inciso, le variazioni rilevate infatti sono nell’ordine di frazioni di decimale. Eppure si sa che le persone sono molto esigenti, soprattutto quando sentono vicini i morsi della crisi e possono offrire una risposta alla politica con il proprio voto.
Il tema vero è che il cittadino non vuole essere lasciato solo di fronte alla possibilità di sentirsi rispettato nei suoi diritti. Lui desidera conoscere. In tutto questo oggi risulta molto complicato ai rappresentanti della politica discutere nel merito dei temi promossi dall’attualità, perché le varie affermazioni, favorite dalle diverse parti in campo, spesso non riescono ad approfondire le proprie ragioni ispirando solo le proprie tifoserie di parte e accumulando, tra gli elettori più fedeli, quelle che possiamo definire più facilmente delle sane “reazioni di pancia”. Così se i cittadini si convincono in maniera non perfettamente razionale e documentata, i partiti hanno un maggiore incentivo nell’assecondare le loro convinzioni, soprattutto in vista di una tornata elettorale, piuttosto che promuovere un’informazione approfondita e non palliativa. Del resto ciò che conta è sempre il risultato delle urne. —