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 2023  luglio 20 Giovedì calendario

I Sette Nani sono una cosca di buzzurri

Davvero non mi spiego il piagnucolare diffuso delle vedove del Principe Azzurro di Biancaneve. Ancora meno riesco a capacitarmi per l’horror vacui che ha provocato la scomparsa dalla vita di quella fanciulla di sette coattoni, buzzurri, violenti, misogini e soprattutto avidi trafficanti di diamanti.
Davvero esistono ancora donne capaci di rimpiangere quel giovane farlocco figlio di papà, che si sente un fico andando in giro con una mantellina ridicola che appena gli copre il sedere, con uno spadino di misura imbarazzante, con un taglio di capelli da locandina di antico barbiere di paese?
Iniziamo a vederci chiaro sulle figure ambigue dei Sette Nani, ne dedurremo quanto non sia possibile per persone civilizzate lamentare la messa al bando di quella cosca di malavitosi.
Pensiamo solo al danno paesaggistico che da quasi un secolo si perpetra per causa loro. Hanno lucrato vendendo in tutto il mondo i diritti delle loro immagini per favorire un abuso edilizio abominevole, uno sfregio estetico che deturpa giardini e giardinetti con le loro stucchevoli riproduzioni in gesso, o addirittura in plastica con disastroso impatto ambientale.
Tornando però al contesto della favola di Biancaneve, mi rivolgo alle prefiche che lamentano la falcidia di questi bei tipini in nome del politicamente corretto: non hanno realizzato che i sette energumeni sequestrano una ragazza minorenne con ambizioni da principessa per farne la loro serva?
È fuori di dubbio che il periodo che Biancaneve passa a casa dei nani sia assimilabile a un regime di schiavitù: la obbligano alle mansioni più umili senza ombra di compenso, lei è costretta a lavare i loro pedalini zozzi, le loro mutande incrostate, pulire casa, cucinare. Oltre che provvedere di persona alla loro animalesca igiene intima. Tutto senza nemmeno applicarle il contratto nazionale per le colf e badanti che prevede equo salario, riposo settimanale, ferie e Tfr?
Lo sfruttamento da parte dei nani papponi della sventurata Biancaneve non si ferma neppure con la sua morte. Continuano ad abusare di lei persino quando la ragazza fatalmente collassa, nell’apoteosi della disperazione, pone fine alle sue sofferenze dopo essersi incautamente affidata a una vecchia pusher, con l’illusione di poter evadere dalla sua angoscia ricorrendo a sostanze psicotrope.
Del tutto sprezzanti delle più basilari regole della pietas, che persino negli ambienti più sordidi vengono rispettate, prima si accaniscono con i loro picconi contro una fragile vecchietta, che comunque avrebbe avuto diritto a un regolare processo. La bestiale giustizia sommaria si sospetta sia stata un pretesto, in realtà lo scopo reale era di accaparrarsi la piazza dello spaccio delle mele avvelenate, a esclusivo a vantaggio della loro famiglia e facendo fuori da quel giro il clan di Grimilde.
Dopo di che escogitano un’ulteriore attività criminosa, mettendo a punto un piano di cinico sfruttamento di Biancaneve morta. Invece di dare sepoltura al cadavere della giovinetta, lo mettono in vetrina, cercando probabilmente di lucrare ancora una volta sulle perversioni di un giro di necrofili che si aggirava per quella foresta in cerca di emozioni proibite. Altro che la giustificazione «era così bella anche da morta che ai nani mancò il cuore di seppellirla». Il loro fu un premeditato espediente per tirarne fuori soldi, anche se avevano sotterranei pieni di diamanti, erano avidi oltre ogni misura.
A questo punto, solamente la casualità porta al lieto fine. Entra in scena, improvvisamente, quell’imbambolato del Principe Azzurro che durante tutta questa tragedia non si capisce come abbia passato il suo tempo insulso. Lui fa una fugace apparizione all’inizio della storia, quando Biancaneve è in preda di deliri mentre guarda dentro un pozzo (baciare i rospi nella speranza di ottenere prìncipi probabilmente l’ha messa a contatto con sostanze allucinogene).
Gioca un po’ ad acchiapparello con la ragazza, lei si nasconde dietro un tendaggio, lui si stufa e se ne va. Fine della storia d’amore.
Quando la vede immobilizzata nel rigor mortis, improvvisamente si sente libero dalla sua ansia di prestazione e, seppur con una certa riluttanza, la bacia.
Lei si sveglia, lui la fa salire sul suo cavallo e guidandolo per la cavezza si incammina verso il tramonto. Nemmeno osa montare in sella assieme a lei, sembra quasi che il contatto fisico gli ripugni.
Il castello fatto di nuvole che si intravede nell’ultimo frame non può che lasciarci con il fondato sospetto di un millantato principato. Biancaneve è sicuramente caduta dalla padella alla brace. C’è voluto veramente un bel coraggio a credere per tutti questi anni che, da quel momento in poi, ci sarebbe stato per lei un futuro felice. Ci siamo dovuti però fidare del consolatorio "vissero felici e contenti" del cartello finale.
Ora si che vedremo come saprà giocarsi la vita Biancaneve, finalmente senza essere appesantita da quel penoso fardello di inutili maschi.