la Repubblica, 20 luglio 2023
Javier Cercas voterà per Sanchez
Giù la maschera: penso che voterò Pedro Sánchez. È vero, ci sono buoni motivi per non votarlo, primo fra tutti il fatto che, in diverse occasioni, ha raccomandato con entusiasmo i miei libri; tuttavia, questo non dimostra che è un politico incompetente, ma solo che il suo gusto letterario dev’essere affinato. Ci sono però anche dei buoni motivi per votare Pedro Sánchez, vi riassumo qui i miei.
La ragione principale è che Sánchez è il candidato del Psoe, e il Psoe in Spagna è il principale rappresentante della socialdemocrazia e la socialdemocrazia, applicata per decenni in alcuni paesi del Nord Europa, ha creato le società più prospere, libere ed egualitarie del mondo (o della storia). Quindi voterò Pedro Sánchez perché credo che la sinistra abbia ragione; certo, non ho mai votato a destra e ho il presentimento che, se lo facessi, mi verrebbe una terribile orticaria e mi spunterebbe un doloroso foruncolo sul sedere; tuttavia, se pensassi che la destra ha ragione, non dubitate: voterei a destra. In altre parole: penso che voterò Pedro Sánchez perché mi piacciono le avventure, ma solo nella vita privata, nei romanzi o al cinema; nella vita pubblica aspiro a una noia scandinava. Penso che voterò Pedro Sánchez anche perché, nonostante abbia dovuto gestire due gravi crisi – il Covid-19 e la guerra in Ucraina – il risultato delle sue politiche economiche è stato buono (lo dice l’Ocse) e quello delle sue politiche socialinon è stato cattivo.
Penso che voterò Pedro Sánchez perché sempre più economisti concordano con due dei loro colleghi più prestigiosi al mondo, Joseph Stiglitz e Paul Krugman, sul fatto che, per dirla con Francesc Trillas: «Una vittoria della destra e dell’estrema destra, che stando ai loro programmi intendono abbassare le tasse, negare il cambiamento climatico e defederalizzare la Spagna e l’Europa, sarebbe un grave rischioper l’economia spagnola e quella europea». Penso che voterò Pedro Sánchez perché sono un catalano come tanti, un estremegno catalanizzato, catalanofilo e catalanista che, nonostante ciò, non vede la necessità di smettere di essere estremegno e non capisce quale sarebbe il vantaggio di smettere di essere spagnolo, a parte perdere tutti i diritti che dipendono dall’essere cittadino spagnolo. Sono una persona che sente di avere il diritto, come chiunque altro (e un po’ più di alcuni, soprattutto di certi prepotenti vigliacchi e di certi leoni da tastiera), a dire quanto segue: Sánchez ha commesso errori in Catalogna come nel resto della Spagna – si è espresso a favore dell’indulto per i secessionisti incarcerati e non dell’abolizione del reato di sedizione né della riforma del reato di malversazione – però per i catalani l’alternativa a Sánchez (un governo dell’ala destra del PP, o dell’ala destra del PP con l’ultradestra di Vox) è pessima, perché la destra è capace solo di combattere un nazionalismo con un altro nazionalismo; ed è pessima anche per gli altri europei, prova ne sia l’inquietudine manifestata dai principali leader dell’Ue, presso i quali Sánchez gode di una buona reputazio ne.
Penso che voterò Pedro Sánchez perché, senza dubbio, nei momenti cruciali (l’autunno del 2017 in Catalogna, l’inverno del 2022 in Ucraina) era dove doveva essere, al contrario di Podemos, suo alleato di governo, e perché, per quanto ci provi, non riesco a vedere quell’apocalisse nazionale che i sanchofobi prospettano qualora Sánchez dovesse governare di nuovo. Penso che voterò Pedro Sánchez perché sono un democratico e un uomo di sinistra radicale ma non estremista – la distinzione è di Roberto Esposito – e un governo di Pp e Vox, oltre a essere di destra, sarebbe estremista ma non radicale (anche se, comunque, non sarebbe la fine del mondo, amici miei: l’ alternanza fa parte della democrazia).
Penso che voterò Pedro Sánchez perché, se per i sanchofobi il sanchismo è una patologia che spinge a ottenere il potere in qualunque modo e a conservarlo a qualunque costo, così erano il suarismo per i suarofobi, il felipismo per i felipofobi, l’aznarismo per gli aznarofobi, lo zapaterismo per gli zapaterofobi e il marianismo per i marianofobi: tutti i presidenti della Spagna democratica sono stati accusati di soffrire, in misura diversa, della stessa malattia. Penso che voterò Pedro Sánchez perché, checché ne dicano alcuni, la nostra non è una «democrazia in declino»: dato che sono un democratico radicale, questa democrazia mi sembrerà sempre misera, precaria e insufficiente ma gli studi più autorevoli sulla qualità democratica (quello dell’Economist Intelligence Unit, quello del V-Dem Institute e quello di Freedom House) ci dicono che oggi la democrazia spagnola è una delle migliori al mondo; non si tratta di trionfalismo ossequioso ma di un dato di fatto.
Penso che voterò Pedro Sánchez perché, se riuscirà a formare un governo, vorrei che potesse essere il più possibile indipendente dai secessionisti di Erc o di Bildu, partiti che, come Podemos, appartengono alla sinistra populista o reazionaria, ammesso che siano due cose diverse e che si tratti ancora di sinistra; non mi dispiacerebbe invece se dovesse in parte dipendere da Sumar – la coalizione di partiti che si trova a sinistra del Psoe – coalizione per la quale tuttavia non riuscirò a votare finché i suoi dirigenti non capiranno che il secessionismo catalano è un movimento sostanzialmente reazionario, profondamente asolidale e, almeno nel 2017, chiaramente antidemocratico. Penso che voterò Pedro Sánchez perché, anche se Feijóo, il leader del Pp, non mi sembra un cattivo politico, non capisco perché una persona che non sa l’inglese debba essere esclusa dalla carriera diplomatica (a volte persino da ruoli subalterni) ma possa aspirare a presiedere il Governo, un ruolo che, fra l’altro, è squisitamente diplomatico. (Casomai servisse: ho incontrato Sánchez due volte – tempo stimato: un minuto; ho incontrato Feijóo una sola volta – tempo stimato: tre minuti).
Di sicuro non voterò Pedro Sánchez perché lo considero un leader provvidenziale o carismatico – detesto quel tipo di leader – né perché certi impresentabili l’hanno demonizzato: dopotutto, ci sono anche impresentabili che l’hanno santificato.
Né intendo votarlo perché considero Feijóo un fascista, e nemmeno Abascal, il leader di Vox (il nazionalpopulismo è una calamità ma non è fascismo; inoltre, Abascal non è più nazionalpopulista di Puigdemont, il leader secessionista catalano fuggito in Belgio per eludere la giustizia); in effetti, a dispetto di quanto detto finora, se Sánchez non dovesse riuscire a formare un governo, o se il Pp dovesse riportare una vittoria netta, chiederei a Sánchez di stringere con Feijóo un accordo di legislatura che, poste le dovute condizioni, possa permettere al Pp di rappresentare la minoranza al governo, senza Vox.
In definitiva, penso che voterò Pedro Sánchez perché votarlo non significa votare la persona ma votare il progetto che rappresenta in questo momento, e perché un governo del Pp, o del Pp con Vox, secondo me sarebbe peggiore di un governo del Psoe o del Psoe con Sumar. È molto semplice.
Ormai lo avete capito, non amo l’entusiasmo in politica (però voto sempre, perché se non voto, qualcun altro lo fa al posto mio) e nemmeno le emozioni e la poesia: aspiro a una politica prosaica, razionale, umile, che senza fretta ma con costanza migliori la vita delle persone comuni, che è l’unico modo che abbiamo per migliorare il mondo.
Lo so, sembra noioso ma, come ho già detto, il mio ideale politico è la noia. C’è una maledizione cinese che dice: “Ti auguro di vivere tempi interessanti”. Ebbene, la mia massima aspirazione consiste nel vivere tempi meno interessanti possibili. Voto sempre con questa speranza. Per questo – anche per questo, o soprattutto per questo – penso che voterò Pedro Sánchez.