La Stampa, 20 luglio 2023
Il calo-scuola
La prima preside in Italia a fare ricorso al giudice del lavoro nel 2018 contro la reggenza di un secondo istituto fu Mariapia Veladiano, scrittrice di romanzi di successo e autrice di libri dedicati alla scuola come luogo di resistenza etica e civile. Quasi 40 anni di servizio in Veneto: prima come insegnante di Lettere e poi, negli ultimi dieci, nel ruolo di preside. Ne ha viste tante: riforme, turnover dei ministri dell’Istruzione (si calcola che in 25 anni, da Berlinguer a Bianchi, in media siano cambiati ogni due anni), circolari e decreti. Dire no alla doppia reggenza fu una scelta dettata dalla sua attenzione ai diritti degli studenti. Una posizione in difesa della scuola che faccia il possibile per non lasciare nessuno indietro. «Il ricorso l’ho perso, è prevalso il bene comune», dice. Sul mancato accoglimento il giudice scrive: «Per le abnormi conseguenze che lo stesso importerebbe ove accolta».
Dunque, meglio non dare il via a pericolosi precedenti. Tanto più alla luce di ciò che sta per accadere nella scuola italiana. Entro tre anni potrebbero sparire 700 istituti scolastici. E nel frattempo, nei prossimi due – questa è una decisione già presa – saranno tagliate 128 scuole: 828 in meno. Il nuovo numero minimo per mantenere l’autonomia diventerà di 961 allievi. Taglio del 10% (827 unità, 72 in meno già dal prossimo anno scolastico) anche dei posti di dirigenti scolastici e dsga (direttore dei servizi generali e amministrativi): a chi rimane sarà chiesto di occuparsi di più scuole. Altro che presidi a chilometro zero, come sognava Veladiano. Lei la conosce bene, la scuola. Conosce le parole dell’accoglienza, dell’ascolto, della cura. Invece, ci si troverà (o ritroverà) ad avere istituti che distano chilometri, scavallano montagne, fiumi e mari. La popolazione scolastica nel giro di dieci anni passerà dagli oltre 8 milioni attuali a meno di 7: la decrescita, insieme ai vincoli imposti dall’Ue con il Pnrr, secondo il governo Meloni, è alla base del cosiddetto dimensionamento scolastico. In altre parole: tagli alle scuole, meno reggenze.
Il braccio di ferro tra Regioni (alcune di centrodestra come la Sardegna e l’Abruzzo) e i sindacati, da una parte, e il ministero dell’Istruzione e del Merito dall’altra, è in corso. Ferma è l’opposizione della Flc Cgil-Scuola. La segretaria Gianna Fracassi la traduce in numeri «eloquenti e drammatici». «Al termine del prossimo triennio le 8.007 istituzioni scolastiche esistenti, attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi e sedi, dovrebbero diventare 7.309. Saranno dunque soppresse circa 700 unità scolastiche, il 9%, con pesantissime ripercussioni sul sistema educativo», spiega. «La scuola non va declassata ma rafforzata: torniamo al dimensionamento umano – esorta Fracassi -. Noi diciamo no alla super-scuola dei grandi numeri con alla guida un solo dirigente». «Ho una domanda per il ministro – aggiunge – quando abolirà le classi pollaio? Stiamo andando nella direzione sbagliata».
Sugli accorpamenti scolastici la Campania è stata la prima Regione a fare ricorso davanti alla Corte Costituzionale per dire no alla soppressione di 120 scuole, il 16% del totale. Le Regioni di centrosinistra sono allineate e decise a impugnare i tagli. Il ricorso lo farà anche la Cgil. «Ci rivolgeremo al Tar», annuncia Fracassi. «Questo è il dimensionamento più alto. Non ricordo una riduzione percentuale del 18% (in Sardegna), del 22% (in Calabria) e addirittura del 24 per cento (in Basilicata)». Le fusioni, per il 70%, sono concentrate al Sud. In Liguria sono previsti tagli del 10,7%. In classifica seguono Piemonte (5,6%), Lombardia (3,4%) ed Emilia (3,9%). In Puglia le scuole a rischio sono 58: «Siamo contrari alle decisioni del ministro Valditara – sottolinea l’assessore regionale all’Istruzione Sebastiano Leo –. È antitetico parlare di superamento delle povertà educative e dei gap sociali e poi tagliare sulla scuola, la nostra più potente arma contro le povertà. Abbiamo presentato ricorso: siamo in attesa che la Consulta si pronunci a fine novembre. Gli alunni non sono numeri».
Dopo la sentenza che non accolse il ricorso contro la doppia reggenza, Mariapia Veladiano decise di lasciare la scuola, poco più di due anni prima dell’età pensionabile. «Cosa che non avrei mai pensato di fare, ma il rapporto di fiducia con l’amministrazione pubblica lo sentivo caduto. È stata una scelta devastante perché ho adorato la scuola», racconta l’insegnante-scrittrice. Sui tagli esorta: «Non fate le tabelline ma valutate quartiere per quartiere con estrema passione e amore di quello che si ha davanti. Ogni sottrazione impoverisce la scuola di attenzione e cura verso i ragazzi». «A Vicenza – conclude Veladiano – abbiamo scuole abnormi con 2.200 studenti. La reggenza costa un decimo. Un dirigente titolare, indennità comprese, percepisce 2.800-3.000 euro, la reggenza costa allo Stato solo 350 euro». Chi ci guadagna? —