Corriere della Sera, 19 luglio 2023
Torna “Sotto il vestito niente” di Paolo Pietroni
Milano. La Moda. Le sfilate. Gli stilisti. Le modelle. Atmosfere glamour. Cupe discoteche. Luci stroboscopiche. Ville spettacolari. Notti insonni. Droghe. Violenze. Invidie. Sesso senza gioia. Perversioni. Ricatti. E soldi, soldi, soldi. Segui i soldi e scopri la mafia. Ingredienti di un cocktail perfetto per un romanzo. Se poi ci scappa il morto meglio ancora. Comincia così: Anna Sunsine, modella americana, viene trovata morta in una camera dell’albergo Minerva a Milano (overdose? delitto?). Nell’edizione in stampa della rivista «Venus» sta per comparire in copertina. L’editore, Mario Pozzo, ferma tutto: non sarebbe chic esibirla bella e sexy ora che è fredda e pallida. Il direttore, Marco Parma, viene sequestrato. O almeno sembra. Un gruppo che echeggia le «Brigate rosse» («Gruppo armato proletario per la giustizia sociale») rivendica, chiede un riscatto in soldi e poi uno in vestiti dei grandi stilisti da distribuire ai poveri. E, a proposito di stilisti, ecco comparire in scena i due top del momento: Luca Zarbonni detto «Zar» e Salvatore Vassalli soprannominato «Duca». Poi spunterà anche la rampante Luigina Brambilla, che si fa chiamare «Anassagora». Siamo alla vigilia delle sfilate del prêt-à-porter e una pericolosa tempesta mediatica rischia di compromettere i loro sogni di gloria (e di affari). Odore di soldi, puzza di mafia. A sbattere la testa nelle pareti di questo gran labirinto sarà il commissario capo della Squadra mobile Giansiro Bonanno, un tipo mite e alla vigilia della pensione. Ma…
Ma la notizia non è se e come farà il poliziotto a risolvere il mistero. È che Bonanno oggi avrebbe più di cento anni. Perché questo romanzo, adesso di nuovo in libreria, compie quarant’anni. Si intitola Sotto il vestito niente. Nel 1983 uscì firmato Marco Parma, uno pseudonimo (nel libro è anche il nome del direttore della rivista «Venus»). E lo pubblicò Longanesi. Oggi lo ripropone lo stesso editore con il vero nome dell’autore: Paolo Pietroni. Non è cambiata una virgola. Perché non c’era motivo. Sembra scritto oggi.
Pietroni – scrittore, drammaturgo, regista, attore, inventore di periodici di successo – si nascose dietro il suo alias perché non sarebbe sopravvissuto. Se non tecnicamente, sarebbe potuto morire professionalmente. Lui e la sua creatura del momento, il raffinato settimanale femminile «Amica», ambita vetrina per stilisti affermati e rampanti. Erano furibondi: ma come? Nel momento in cui stiamo diventando gli idoli venerati dal jet set mondiale questo Marco Parma mette in piazza i nostri vizi segreti, le nostre guerre sotterranee, le nostre torbide invidie! Quarant’anni fa, poi, l’omosessualità era meglio tenerla segreta. Parma-Pietroni sopravvisse e il suo romanzo fu per lui un altro successo. E suscitò presto l’interesse di produttori e registi cinematografici. Ne nacque velocemente un film diretto da Carlo Vanzina. E il titolo rimase quello del libro. Quelle quattro parole, Sotto il vestito niente, erano un piccolo capolavoro di arte della comunicazione. Evocavano con malizia i corpi delle modelle e mettevano a nudo la fragilità di donne a volte vittime di un mondo spietato. Quel primo film (ne seguiranno altri in tema) rispettava solo il titolo del romanzo: il mondo della moda poteva stare tranquillo, nella trama niente che potesse turbare troppo i semidei del momento. Ed ecco un altro «ma»…
Ma che thriller sarebbe Sotto il vestito niente se non nascondesse un qualche altro mistero? Quello che nelle storie nere viene definito un «inquietante retroscena»? Eccolo, con le parole di Paolo Pietroni: «Il film voleva farlo Michelangelo Antonioni con la sceneggiatura di Tonino Guerra. Gli andava bene la trama, ma voleva un finale diverso: “più cinematografico”. Venne a casa mia l’11 giugno 1984 e mi chiese se volevo collaborare, aiutarlo, a costruire il finale del film Sotto il vestito niente. Era riuscito a trovare l’idea giusta. Una grande sfilata di moda a Milano con le Amazzoni di Armani e le Amazzoni di Versace, le une contro le altre in un duello estremo. Lo scontro tra la cultura apollinea degli Achei di Achille e la cultura dionisiaca dei Troiani di Ettore. Antonioni chiese al produttore di aumentare il budget del film per acquistare 200 abiti richiesti – prima gratuitamente (e negati) – ai grandi stilisti della moda italiana. L’ultima scena del film narrava, nella mente di Antonioni, l’uccisione di Ettore da parte di Achille, come nell’Iliade di Omero».
Ma questo finale nessuno l’ha mai visto al cinema. «Misteriosamente» il film di Antonioni fu cancellato prima che cominciassero le riprese. Faceva paura, ancora e comunque, ai semidei della moda. La cosa buffa è che quel finale era un atto d’amore per i due più grandi stilisti del momento. Dice Pietroni: «Da questo epico duello Versace ne usciva come un eroe, sconfitto e ucciso, ma eroe destinato a morire e rinascere. Ma eroe anche Armani che continuerà a vincere finché il tendine di Achille glielo consentirà».
Di tutto questo resta solo un bozzetto, un disegno. Lo ha schizzato Antonioni, lo ha completato l’illustratore e artista Guido Rosa nel 1984: Versace e Armani si sfidano. Le loro Amazzoni indossano «sotto il vestito niente».