la Repubblica, 19 luglio 2023
La polemica infuria intorno all’asterisco
Tutto nasce da un manifesto. C’è scritto: «Firma con noi. Una legge per tutt*». Con l’asterisco. Forse sarebbe passato senza polemiche, se non fosse che la legge in questione, sostenuta dai Radicali romani e dall’associazione Libera di abortire, è una proposta per ampliare il diritto di aborto. Dunque perché tutt* e non semplicemente tutte? Sui social s’è scatenato un putiferio, aperto da un intervento di Anna Paola Concia, ex deputata del Partito democratico: «Asterisco? Ma quale asterisco? Ma smettetela per favore, state facendo un danno incalcolabile al diritto alla interruzione volontaria di gravidanza delle donne, di tutte quelle donne che come me hanno lottato per voi».Da qui in avanti è solo rissa: da una parte chi è d’accordo con Concia, molte femministe ed esponenti delle associazioni lesbiche, alle quali prende un attacco d’itterizia quando vedono che in certa pubblicistica non si può più scrivere donne, bensì solo «persone con l’utero» o «persone con le mestruazioni», e che pensano che questa scelta lessicale non sia neutra bensì dannosa per le battaglie femministe.Dall’altra i sostenitori della raccolta firme e tutto un altro pezzo dell’associazionismo Lgbtq+, che rivendicano la necessità di allargare alle persone trans e non binarie le battaglia per una nuova legge sul diritto all’aborto e che alle accuse rispondono di solito subito con un acronimo – questa è una storia con molti acronimi – che vale una scomunica, cioè terf: trans-exclusionary radical feminist, in sostanza femministe che ce l’hanno con i trans. La presunta terf più famosa al mondo è senz’altro J.K.Rowling, la creatrice di Harry Potter, che dopo aver protestato pubblicamente per la cancellazione del vocabolo donna («Persone con le mestruazioni? Ricordavo ci fosse un’altra parola per dirlo…») è oggetto da anni di una feroce campagna di odio e riceve minacce di morte da ogni angolo del globo terracqueo.Una spaccatura che, a grandi linee, è anche quella sulla Gpa, gestazione per altri (lessico dei favorevoli) o maternità surrogata (lessico degli agnostici) o utero in affitto (dizione in uso ai contrari), tema sul quale il Partito democratico ieri ha pattinato in Parlamento mentre si discuteva la proposta della destra di rendere la pratica reato universale.A prenderla alta si potrebbe dire che la sinistra è impegnata in colti e vibranti dibattiti sull’identità di genere, la lingua inclusiva, le desinenze. A dirla brutalmente, forse con più realismo, si potrebbe dire che la sinistra litiga sugli asterischi. Occhio però, nemmeno questa scelta è gratis: se sposate la prima tesi potrebbe arrivare qualcuno (arriva, arriva) ad accusarvi di: elitismo, snobismo, classismo; se pendete per la seconda potrebbero arrivare altri (arrivano, arrivano) ad accusarvi di: transfobia, stigmatizzazione,misgendering, che significa rivolgersi a una persona usando nomi, pronomi o declinazioni che non riflettono il genere prescelto, che non è quello «assegnato alla nascita», come recita un altro acronimo usato per sostituire la parola donna: afab, assigned female at birth (il predominio della lingua inglese nasce dal fatto che igender studies e le cosiddette teorie intersezionali sono parto del mondo accademico statunitense). Beatrice Brignone, segretaria di Possibile, piccolo partito di sinistra che aderisce alla raccolta firme, si dice basita: «La trovo una polemica stupida e deprimente, oltre che assurda mentre governa una destra che punta a smantellare i diritti. Cosa cambia se c’è l’asterisco? La mia identità di donna non è sminuita in alcun modo dall’assenza di una desinenza». Sì, ma non è una follia accusare di transfobia chi contesta questa scelta? «Capisco che nel contesto specifico possa apparire una accusa esagerata, ma meglio una sentinella in più che il silenzio sui diritti». Sì, ma si può dare di transfobica a una donna con la storia di Concia? «La sua storia è chiara, ma quando un intervento scatena reazioni così forti io mi guarderei allo specchio e mi farei qualche domanda». Sì, ma chi se non le donne dovrebbero rivendicare il diritto all’aborto? «E se una persona trans viene violentata e rimane incinta, perché dovrebbe essere esclusa? A chi nuoce allargare?», conclude Brignone.E Concia: «Mi raccontate di persone trans o binarie che sono state escluse dalla interruzione volontaria di gravidanza? Vi prego di segnalarmele. Di vero e documentato, in questo maledetto Paese io vedo solo le donne escluse da una legge, la 194, che non viene applicata».Fabrizia Giuliani, docente di Filosofia del linguaggio e Gender Studies all’Università La Sapienza di Roma, è d’accordo con Concia: «Questa è una neolingua inquietante che cancella non solo forma e sostanza, ma un pezzo di storia e di risultati conquistati con immensa fatica». Racconta Giuliani: «Ci sbatto tutti i giorni col mio lavoro, l’università è un terreno di lotta furibonda.In un documento della John Hopkins University si è arrivati a definire le lesbiche “non uomini”. Ma se la battaglia per riconoscere le differenze diventa un sistema dove c’è al centro il maschio e intorno tante piccole identità non sessuate e diversamente oppresse il risultato è un arretramento formidabile rispetto alla lotta per la libertà. Bandire la parola donna non è un atto neutro, ciò che non si dice non esiste».Resta l’ultimo dubbio: se l’asterisco è, come spiegano i promotori della raccolta firme, una questione marginale, perché tenerlo a dispetto delle scontate divisioni? E se invece è tema epocale e intrattabile, perché stupirsi che crei dissenso? La certezza è che Meloni non ha fretta che qualcuno trovi una risposta.