il Fatto Quotidiano, 19 luglio 2023
Un’estate a Sabaudia con Moravia, Pasolini e Maraini
Da Alberto Moravia a Francesco Totti. Se un tempo capitava di intercettare sul lungomare di Sabaudia l’autore de La noia, oggi è l’ex bomber giallorosso la celebrità che anima le estati della località balneare. Tra un tuffo e una paparazzata ancora non si spegne l’eco della sua rottura con Ilary Blasi. Del resto non è forse qui che negli anni Sessanta Pietro Germi trasformava uno scorcio di spiaggia in una delle location siciliane del suo Divorzio all’italiana?
Sabaudia è da sempre un set ideale per il nostro cinema. Da La voglia matta di Luciano Salce a Non ti muovere di Sergio Castellitto, passando per la famosa scena, girata tra le dune, di Amore mio aiutami con Alberto Sordi che rincorre Monica Vitti (in realtà era una giovane Fiorella Mannoia a fare da controfigura) per prenderla a schiaffi.
Dal dopoguerra, per l’intellighenzia capitolina, il weekend al mare era per antonomasia Fregene e dintorni. Lo stesso Moravia, Federico Fellini, Gillo Pontecorvo, Francesco Rosi avevano casa al villaggio dei pescatori. Enrico Vanzina ha dichiarato: “Tutto il cinema di sinistra era lì. C’erano discussioni, nascevano idee e copioni”. Luchino Visconti preferiva un capanno sul litorale di Tor San Lorenzo, una spiaggia a mezza strada verso Anzio. Il mito di Fregene, complice “la violenza della proliferazione cementizia”, sbiadì dagli anni Sessanta proprio a favore di Sabaudia. Enzo Siciliano ha raccontato: “La domenica d’inverno capitava con Moravia di partire da Roma in macchina e andare a mangiare a Terracina. Sfioravamo il bivio di Sabaudia, il Circeo a un palmo dagli occhi, e Moravia diceva che sarebbe stato il caso di andarci una volta o l’altra”. Sabaudia fu davvero galeotta per Moravia. Nell’estate del 1982 perde la testa per una studentessa spagnola della Sapienza, ospite di Graziella Chiarcossi (cugina di Pasolini e moglie di Vincenzo Cerami). Il matrimonio con Carmen Llera nel 1986 fece scalpore per i 46 anni di differenza d’età tra i due.
Il paradosso è che Sabaudia, inaugurata dal duce, sia assurta nel secondo Novecento a buen retiro degli intellettuali antifascisti. Pier Paolo Pasolini in un’intervista televisiva confessò: “Una città ridicola. Improvvisamente ci sembra così incantevole”. E Siciliano in Campo de’ Fiori (Rizzoli, 1993): “D’estate, preparando la sceneggiatura del Fiore delle Mille e una notte con Dacia, Pier Paolo passò una decina di giorni in casa di Moravia. Cenavamo spesso da Alberto. Pier Paolo ci lasciava appena finita la cena, come d’altra parte era sempre avvenuto a Roma e altrove. Stavolta aveva appuntamenti con allievi della scuola di polizia di Nettuno”. Nei primi anni 70 il poeta friulano acquista, in comproprietà con Moravia, una villetta sulla spiaggia. “Avevamo un terrazzino in comune e spesso la sera cenavamo tutti insieme” ha raccontato Dacia Maraini, “nostri ospiti erano Michelangelo Antonioni con la Vitti, Bernardo Bertolucci con la moglie, Laura Betti, Mario Schifano”. Moravia trascorreva lunghe ore al Bar Italia, seduto a un tavolino a sorseggiare analcolici e a leggere i giornali. Sempre Siciliano scrive: “Alberto la mattina si accaniva sui tasti della Olivetti e poi alle 11 scendeva in spiaggia. Di pomeriggio, la spesa. Diceva: ‘Vado a comperare un bel pescione’. Lavava i piatti con l’acqua bollente e a mani nude nel lavello di casa canticchiando Zanzanzero Zanzazà”. L’aneddotica restituisce una convivialità semplice e divertita: “Nella casa della spiaggia facevamo una gara di cucina. Ciascuno per sera doveva preparare il pranzo intero. Il più bravo avrebbe vinto idealmente il mestolo d’oro. Nessuno doveva aiutare nessuno. Alberto cucinava pesce arrosto, e la ricetta gliela fornì il pescivendolo di Sabaudia. Io telefonai a mia sorella per farmi dare la ricetta delle alici al gratin. Pier Paolo, che non toccò i fornelli, diede i voti”.
Le pagine di Campo de’ Fiori sono il ritratto nostalgico di letterati lontani dai riflettori: “L’arenile quasi deserto in quelle giornate d’agosto, Pier Paolo si buttava sulla sabbia passato mezzogiorno: prendeva il sole supino… Faceva il bagno e, quando usciva dall’acqua, cercava subito gli occhiali con le lenti scure… Moravia, lungo la linea della risacca, inginocchiato nell’acqua, andava pescando telline, e con le unghie, con un colpo automatico e secco, le apriva e ne portava alla bocca le valve spalancate e le succhiava. Era il suo modo di fare il bagno. Dacia, invece, faceva lunghe nuotate a mare aperto”. Proprio Maraini nel suo Caro Pier Paolo, uscito lo scorso anno per Neri Pozza, traccia il bilancio di una generazione forse irripetibile: “Non so se fossimo felici ma certo vivevamo l’amicizia come una grazia lunare; il gusto di stare insieme senza uno scopo. Allora ci si cercava per il puro piacere di trovarsi insieme. E non c’erano rivalità, mugugni, rancori. Se c’erano, sparivano nel momento dell’incontro, dello scambio di idee, nel racconto che sempre saliva a galla dalla voce profonda del gruppo. Un gruppo che si riconosceva, si stimava e solidarizzava”.