La Stampa, 18 luglio 2023
Tutti i record di Taylor Swift
Piccole donne crescono, ma Taylor Swift forse sta un pochino esagerando. La saga dell’ormai incontrastata sweetheart americana tracima nelle classifiche e sulle prenotazioni dei concerti internazionali. Se per Billboard ha superato Barbra Streisand con l’ultimo album uscito, Speak Now (Taylor’s version) con il maggior numero di dischi piazzati al primo posto dalle donne nella storia delle hit, l’Italia ha appena festeggiato l’esaurito del primo dei suoi due concerti a San Siro il 13 luglio del 2024, e l’apertura delle prenotazioni per il secondo, il giorno successivo. Tenendo conto che manca un anno, e intorno all’accaparramento macchinoso dei per lo più costosi biglietti sono fioriti pianti e crisi isteriche, non è male: cose da tempi d’oro di Britney Spears e poi Lady Gaga, per rimanere in questo segmento, ma moltiplicate per cifre spaventose di fan e di acquirenti di biglietti, di ascolti Spotify e di vendite che grazie ad alcuni dei suoi lavori hanno addirittura ribaltato il rapporto fra cd e vinili, rimettendo questi ultimi al primo posto come in un’epoca glaciale del secolo scorso.
La macchina promozionale è spaventosa, i resoconti dei successi sono tutti numeri con sei cifre, anche noiosi per coloro che vogliano insistere a leggere e parlare di musica, e addirittura ascoltarla, con i suoi contenuti che segnano un mondo. La morale è un po’ spiazzante, si può essere dei geni vendendo anche un decimo, ma siamo in un’era di iperboli, e a 33 anni la simpatica Taylor ha toccato (forse) il cielo delle sue possibilità, anche se non è detto: ha piazzato 4 album simultaneamente nella top 10, cosa che non accadeva a nessuno dal 1966. American sweetheart, appunto, ma anche in fase di espansione fuori dai confini, in un’epoca nella quale la produzione statunitense non ha più quell’impatto che ricordiamo sull’immaginario del resto del mondo. Come ha fatto, Swift?
Intanto è una workaholic spaventosa fin dalla più tenera età. Nata in Pennsylvania da una normalissima famiglia, che si è poi trasferita a Nashville per favorirla, quand’è stato chiaro che si trattava di una testa dedicata che non si ferma davanti a nulla. Su piazza con il primo disco eponimo dal 2006, quando aveva appena 17 anni e rimase in classifica per 275 settimane. Cantautrice, attrice a tratti, bella presenza molto yankee anche nei costumi barbarotti di scena, aveva il country, musica tradizionale della sua terra più profonda, come mondo di riferimento, però dopo un paio d’anni il New York Times la descrisse come «il personaggio più dotato di senso pratico della scena country, una delle migliori autrici pop e quella più in contatto con la propria vita interiore rispetto alla maggior parte degli adulti».
Il suo stile si è evoluto verso il pop infatti, anche se qualcuno straparla di rock. Ha venduto circa 200 milioni di dischi, ma nelle centinaia di canzoni che è andata scrivendo, è impossibile non notare negli ultimi anni un sottofondo che rimanda ad alcune sonorità springsteeniane e altre volte ai Pretenders o ai Foreigners, con l’aiuto di fior di produttori. Succede anche nell’ultimo album uscito di recente con il botto, Speak Now (Taylor version), dove la parentesi indica una soddisfazione che si sta prendendo, a riprova del carattere fermo sotto gli occhioni blu. Speak Now è il terzo album con la stessa parentesi, Tylor Version», sono riletture come Red e Fearless e sono andati tutti primi in classifica, in una sorta di vendetta verso la sua prima etichetta, che le aveva inibito la possibilità di usare sotto nuovo contratto le vecchie versioni registrate. E lei le ha ricantate, riarrangiate, più cool, e impaginate in un processo di riappropriazione che ora porta in giro nell’Eras Tour, una specie di summa appunto, delle ere della propria vita artistica. Fra i 15 e i 25 anni sono per lo più i fans; amano le storie d’amori giovanili problematici, spesso con lo spettro dell’abbandono e del dolore, romantiche manco a dirlo ma non sdolcinate, con spesso la chitarrona che tracima e la batteria che ci dà ma anche synth Anni Settanta, la voce decisa e precisa. Roba fatta bene.
Naturalmente su queste storie fioriscono leggende, o verità che lei tiene per sé, di vita vissuta accanto agli amori che il poco tempo libero le consente di intrecciare: per lo più colleghi, come capita per le vite a senso unico. Aveva definito il recente album Midnight: «La storia di tredici notti insonni sparpagliate nella mia vita». E chissà chi c’è lì in mezzo fra i fidanzati di cui si parla. L’ultimo Matt Healy dei 1975, oppure l’attore britannico Joe Alwyn, lo stesso Harry Styles, John Mayer cui sarebbe ispirata Dear John, un Jonas Brother. La gente si diverte anche così.