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 2023  luglio 18 Martedì calendario

La battaglia per Expo 2030

NEW YORK – La candidatura di Roma all’Expo del 2030 resta in salita, ma l’Italia punta sulla strategia di fermare Riad al primo turno, per poi batterla in quelli successivi. I sauditi dicono di avere 120 voti sicuri, ossia quanto basta per passare subito, ma pochi ci credono. La nostra capitale invece ha almeno 30 voti scritti, che potrebbero già essere tra 40 e 50. Se così fosse, basterebbe superare 60 consensi per sopravvivere al primo scrutinio, lavorando per attirare altri Paesi nella sfida a due.L’Expo del 2030 è uno dei progetti più importanti per l’Italia, con un investimento tra i 7 e i 10 miliardi di euro. L’Arabia Saudita invece ha mobilitato 3.300 miliardi di dollari per la sua Saudi Vision 2030, finalizzata a diversificare l’economia per ridurre la dipendenza dal petrolio. Un terzo di questa somma sarà destinato a modernizzare Riad, con quasi 8 miliardi stanziati per l’Expo. Sono cifre che danno la dimensione della differenza delle risorsemesse in campo, e quindi del vantaggio dell’Arabia, anche se l’esposizione universale per loro ha un aspetto ridotto.La partita si deciderà il 28 novembre, quando i delegati dei 179 Paesi membri del Bureau International des Exposition si riuniranno a Parigi per scegliere tra le tre città rimaste in corsa, Roma, Riad, e la sudcoreana Busan. Per vincere al primo turno serve la maggioranza di due terzi, ma dal secondo in poi si elimina l’ultima classificata. Quando restano in gara solo le prime due, basta la maggioranza semplice per passare. Il 21 giugno Belgrado ha vinto la corsa per ospitare la Specialized Expo 2027, ottenendo 81 voti alla quarta votazione. Questa quindi viene considerata la soglia per il successo, mentre 60 voti dovrebbero bastare ad impedire che qualcuno prevalga al primo turno.Il 19 giugno scorso, durante un ricevimento a Parigi a cui ha partecipato il principe Mohammad bin Salman, il ministro degli Esteri saudita ha ringraziato pubblicamente i 120 Paesi che avrebbero già preso l’impegno a votare Riad. Pochi però ci credono, anche perché il capo della campagna per l’elezione è stato sostituito, e questo non è un segnale di fiducia. I sudcoreani invece hanno condotto una missione in Italia per fare un accordo in funzione anti saudita, presumibilmentedal secondo turno in poi, ma Roma non ha accettato, vedendo invece questa mossa come un segno di debolezza da parte di Busan.I consensi non sono determinati solo dalle simpatie nazionali, ma dalle risorse finanziarie messe a disposizione e anche da favori reciproci, come il sostegno politico per altre iniziative. L’Italia si è impegnata con la premier Meloni e ora cerca di far avanzare la causa in tutte leoccasioni internazionali. Roma conta al momento su almeno 30 voti scritti, ma il totale sarebbe in realtà fra 40 e 50. Il primo obiettivo quindi è salire sopra quota 60 entro il 28 novembre, in modo da impedire a Riad di vincere al primo turno. Dal secondo in poi, contiamo sulla possibilità di attirare altri consensi. Non è raro che i Paesi cambino posizione fra un turno e l’altro, e non tutte le promesse veng ono mantenute. Ad esempio il presidente brasiliano Bolsonaro si era impegnato a favore di Riad, da dove era tornato con gioielli per oltre tre milioni di dollari in regalo, ma il successore Lula ha bloccato tutto. Poi c’è l’influenza geopolitica, dove ad esempio i flirt dell’Arabia con Russia e Cina le fanno guadagnare simpatie da una parte, ma perderle dall’altra. La partita dunque è complicata, ma ancora aperta.