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 2023  luglio 17 Lunedì calendario

Quanto costa deturpare Roma

L’ingegnere saudita che la notte dell’11 maggio 2022 ha percorso la scalinata di Trinità dei Monti, a Roma, a bordo della sua Maserati, ha provocato al monumento un danno da 50mila euro. Il processo a suo carico inizierà nel gennaio 2025 e il Campidoglio si è costituito parte civile, ma nel frattempo l’imputato non ha pagato nemmeno un centesimo e difficilmente lo farà in futuro.
LA SCRITTA
La stessa cosa vale per il turista russo che, anni fa, ha inciso una gigantesca lettera “k” – larga 17 centimetri e alta 25 – su uno dei muri del Colosseo: era stato condannato a 4 mesi di reclusione e 20mila euro di multa. Sorge spontanea una domanda: che fine fanno i vandali di monumenti? A Roma la multa prevista per un bagno rinfrescante in una fontana è da 450 euro e si tratta di una sanzione amministrativa. Mentre, con le nuove norme, per la deturpazione, come nel caso degli sfregi all’anfiteatro Flavio o alla Barcaccia – lo avevano fatto i tifosi olandesi del Feyenoord, nel febbraio 2015, quando avevano messo a ferro e fuoco piazza di Spagna provocando danni definiti «irreparabili» dalla Sovrintendenza – la multa può arrivare a 15mila euro e, almeno in teoria, il reato è punito con pene dai 2 ai 5 anni. Una novità introdotta nel 2022: deturpare un monumento rende adesso colpevoli del reato previsto dall’articolo 518 duodecies del Codice penale che, nello specifico, punisce la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l’imbrattamento e l’uso illecito di beni culturali o paesaggistici. Con la scelta di un rito alternativo, che garantisce lo sconto di un terzo della pena, e con l’applicazione delle attenuanti generiche, che assicura un ulteriore ribasso, però, si arriva tranquillamente sotto l’anno di reclusione. E, al di sotto dei 2 anni, le pene vengono generalmente sospese, se si tratta del primo reato commesso. Tradotto: niente pena detentiva e niente pene accessorie. Resterebbero le pene pecuniarie, ma il discorso è sempre stato complicato: l’amministrazione ha un tasso di riscossione bassissimo. Quelle pagate spontaneamente, quindi senza il ricorso all’esecuzione forzata, sono circa l’1% del totale. Mentre quelle incassate forzatamente risultano solo il 3%. I motivi sono diversi: come ha sottolineato anche la Corte costituzionale, il procedimento di riscossione è sempre stato «farraginoso» e troppo complicato, visto che prevedeva «l’intervento, in successione, dell’ufficio del giudice dell’esecuzione, dell’agente della riscossione, del pubblico ministero e del magistrato di sorveglianza». Da questo punto di vista le cose sono cambiate con la riforma Cartabia: ora il mancato pagamento della multa o dell’ammenda entro il termine stabilito – generalmente 90 giorni, che scendono a 30 in caso di pagamento rateale – comporta la conversione della pena pecuniaria in semilibertà. In caso di mancanza di risorse economiche, il condannato deve svolgere lavoro di pubblica utilità. Se si oppone, dovrebbe finire ai domiciliari.
GLI EFFETTI
L’obiettivo della riforma è di rendere effettiva e velocizzare l’esecuzione delle pene. Gli effetti si vedranno, per esempio, nei recenti procedimenti a carico degli attivisti di Ultima Generazione, per i blitz a piazza Navona e Fontana di Trevi (hanno dipinto di nero l’acqua delle fontane). Ma le cose sono destinate a complicarsi quando si parla di turisti che, dopo avere commesso il fatto, tornano all’estero, spesso senza nemmeno attendere l’esito del processo: possono essere attivate le procedure di esecuzione all’estero, tramite le ambasciate, ma i tempi si dilatano a dismisura e, nella maggior parte dei casi, il denaro non rientrerà comunque nelle casse pubbliche.