Corriere della Sera, 17 luglio 2023
All’anteprima del film di Nolan su Oppenheimer
«Gli scienziati non vedono le cose come noi» dice il regista Christopher Nolan al Corriere, al termine della proiezione in anteprima di «Oppenheimer» in una saletta del Whitby Hotel di Manhattan. È l’anniversario del Trinity Test, nome in codice della prima detonazione di un’arma nucleare nella Storia, condotta in New Mexico il 16 luglio 1945 nell’ambito del Progetto Manhattan. Alla vigilia della prima newyorkese di oggi, da cui mancheranno gli attori in sciopero, il regista più volte candidato agli Oscar ha dimostrato il suo amore per la scienza presentando il suo nuovo film a un pubblico composto in buona parte da fisici – tra cui il Nobel Kip Thorne, già consulente scientifico di Nolan nel film Interstellar, e Carlo Rovelli, i cui libri il regista considera un’ispirazione – chiamati poi a discuterne sul palco.
Il film è la storia di J. Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, uomo carismatico, donnaiolo, irrequieto, interpretato con straordinaria intensità da Cillian Murphy. Diede agli esseri umani il potere di autodistruggersi e notoriamente proclamò «Sono diventato Morte, il distruttore di mondi», frase tratta del testo sacro hindu «Bhagavad Gita». Nella corsa per la creazione della bomba contro i nazisti, gli americani «sapevano che c’era una minuscola possibilità che premendo il bottone avrebbero letteralmente distrutto il mondo, eppure lo premono lo stesso», osserva Nolan, cresciuto negli anni Ottanta quando lo spettro della guerra nucleare era onnipresente.
Non vuole giudicare ma capire: ci fa entrare nella testa e nelle visioni di Oppenheimer, per trasmettere «la sensazione rivoluzionaria e quasi magica del passaggio dalla fisica tradizionale alla fisica quantistica. Guardava alla materia ordinaria e vedeva energia che poteva essere rilasciata nel potere distruttivo di una bomba». Il regista vede nel metodo scientifico («la scienza cerca di confutare se stessa continuamente») qualcosa che la eleva al di sopra di ogni altra forma di pensiero, religione inclusa. Ma basandosi sulla biografia premio Pulitzer di Kai Bird e Martin J. Sherwin, il film esplora anche il rapporto con la politica: «Oppenheimer riteneva che gli esperti dovessero regolare questo potere, ma è chiaro che non fu mai permesso». Nolan fu scioccato di apprendere dal libro che Oppenheimer seppe dalla radio che la bomba era stata effettivamente sganciata su Hiroshima.
Per alcuni minuti, prima dello scrosciante applauso, c’è un momento di silenzio e di palpabile ansia. «Le questioni che questo film solleva non riguardano solo gli anni Quaranta e i problemi generali sull’etica della scienza, ma sono temi oggi brucianti – dice Rovelli —. L’orologio dell’Apocalisse che dovrebbe stimare il rischio della catastrofe nucleare non è mai stato più vicino alla mezzanotte. Le preoccupazioni di Oppenheimer sono le nostre. Lui diceva che la cooperazione internazionale era l’unica via d’uscita: un messaggio che dovremmo discutere di più oggi, mentre tanta parte della politica internazionale sembra guidata dal voler prevalere e vincere. E la scena in cui Oppenheimer vede i suoi amici bruciare vivi ci dovrebbe far riflettere». Kip Thorne, che ha passato anni nell’Urss, collaborando tra gli altri con Andrei Sakharov, padre della bomba a idrogeno sovietica, osserva che «se chiedi ai colleghi perché fecero la bomba per Stalin, i problemi che ebbero sono simili a quelli di Oppenheimer». Il sogno degli scienziati era di porre fine per sempre alla guerra, ma si potrebbe argomentare che allo stesso tempo non c’è più stata una pace totale. «Il concetto terrificante di mutua distruzione ha agito come deterrente» sostiene l’attuale direttore dei laboratori di Los Alamos, Thom Mason. «Finora», precisa Rovelli, mentre il pubblico ride nervosamente.
«Quando parlo ai ricercatori che si occupano di Intelligenza artificiale – dice Nolan – loro tendono a definire quello attuale come un “momento Oppenheimer”: guardano alla sua Storia per capire le responsabilità degli scienziati che sviluppano nuove tecnologie con potenziali conseguenze non volute». L’Intelligenza artificiale è anche uno dei motivi dello sciopero di Hollywood, con cui il regista esprime solidarietà. «Le persone non vogliono prendersi le responsabilità per ciò che fanno gli algoritmi. Questo apre scenari terrificanti se permettiamo di dire che gli strumenti sono entità separate dalle persone che li hanno sviluppati».