Corriere della Sera, 16 luglio 2023
L’Ucraina si svuota
Città e soprattutto villaggi vuoti, famiglie divise, soldati soli al fronte con mogli e bambini all’estero che non tornano, tasso di natalità al lumicino: l’Ucraina sta subendo una crisi demografica dalle dimensioni catastrofiche. «Il crollo della popolazione causerà presto problemi economici e sociali gravissimi. Putin perde la guerra, ma potrebbe ancora vincere la sfida per il futuro di un’Ucraina stabile e indipendente», dicono gli esperti. In pubblico se ne parla poco, il problema scotta ma nessuno sa come affrontarlo e l’urgenza di combattere l’invasione russa costringe a rimandare ogni altra questione. «Quando la casa brucia, prima devi spegnere il fuoco e soltanto in un secondo momento penserai a quali mobili comprare», si difendono gli esponenti del governo Zelensky.
Eppure, il tema pare troppo urgente per rinviarlo. Basta un’occhiata alle cifre: al momento dell’indipendenza nel 1991, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, l’Ucraina contava circa 52 milioni di abitanti. Il censimento nazionale del 2001 ne riportava 48,5 milioni, che si stimava fossero scesi a 42 nei mesi precedenti l’invasione ordinata da Putin il 24 febbraio 2022. Sono dati coerenti alla diminuzione della popolazione in tutte le ex repubbliche sovietiche. Ma il colpo più grave è arrivato nelle settimane iniziali degli ultimi 16 mesi di guerra, che hanno provocato la fuga all’estero in massa di donne e bambini, considerato che il governo aveva subito vietato le partenze degli uomini di età compresa tra i 18 e 65 anni. E oggi la popolazione residente si stima tra i 28 e 31 milioni.
«Da 52 milioni a meno di 30 in tre decenni: una perdita gravissima per il Paese, ne pregiudica le possibilità di ricostruzione dopo la fine della guerra, penalizza la normalizzazione economica, affossa il sistema pensionistico – ci spiega Alexander Demenchuk, rettore della facoltà di Scienze Politiche a Kiev —. Mancano bambini, dunque manca il futuro. Sono partite giovani donne delle classi medio alte con ottimi tassi di scolarizzazione. E la cosa ancora più grave è che ben oltre la metà di loro non intende tornare in Ucraina. I bambini studiano nelle scuole tedesche, polacche, austriache, francesi o olandesi. Le madri hanno subito trovato lavoro. La politica di accoglienza europea inizialmente ci era sembrato un miracolo di generosità, ma adesso si rivela una maledizione». A detta di Ella Libanova, rispettata demografa all’Accademia Nazionale delle Scienze, tutto ciò intacca il tasso di fertilità, che è piombato allo 0,7 per cento, uno dei più bassi al mondo.
Sono dati che noi giornalisti verifichiamo ogni giorno. Tutti i centri urbani situati nei pressi del Donbass sono semideserti: restano unicamente anziani, malati e poveri. Ma il problema è nazionale. «Gran parte delle mie collaboratrici migliori ha trovato rapidamente impiego in Polonia e Francia. Le nostre industrie non lavorano, manca mercato. Nessuna di loro tornerà», racconta Sergei, un imprenditore nel campo informatico con sedi sparse in tutto il Paese. Capita di incontrare soldati e ufficiali che raccontano di essere rimasti soli. «Mia moglie con i nostri due bambini di 5 e 7 anni era partita per la Germania nei primi giorni della guerra. Da allora ci siamo sentiti sempre meno. E adesso ho scoperto che si è trovata un nuovo compagno», ci dice Alexei, un capitano quarantenne acquartierato nei pressi di Bakhmut. «Il conflitto aumenterà il tasso dei divorzi. Le donne lasciano gli uomini, ma anche i soldati a volte si trovano nuove compagne», dice Jiulia Komar, una psicologa che tratta i disagi familiari. Il dibattito è aperto sulla questione degli eventuali ritorni. Un recente studio dell’Unhcr stima che il 76 per cento dei profughi intenda tornare. Ma gli esperti ucraini restano molto scettici. «Nei prossimi due mesi il nostro governo stilerà un programma per sostenere i rientri, cercando di coinvolgere i partner europei», dice ancora il professor Demenchuk. La sua speranza è che ciò avvenga «prima possibile».