la Repubblica, 16 luglio 2023
Intervista a Carlo Cracco
Se vedete Carlo Cracco nei dintorni del Parlamento non sta studiando da onorevole o girando una nuova serie tv. C’è un progetto che prende piede «e lo voglio seguire nei dettagli perché è un ulteriore passo di crescita per me e un’occasione molto bella». L’occasione è lo sbarco a Roma dello chef che curerà la parte food and beverage del nuovo Corinthia Rome, hotel che significa l’arrivo in Italia del gruppo Corinthia dove c’era il palazzo della Banca d’Italia, lui si occuperà di tutto, dalla colazione alla cena. È l’ultimo passo in ordine di tempo della galassia Cracco, dalla Galleria a Milano con bar, caffetteria, bistrot e ristorante a Portofino fino all’azienda agricola in Romagna.
Ma perché Roma?
«È per me una grande opportunità ma lo è anche per tutto il mondo della ristorazione».
Addirittura?
«Sì, perché è la testimonianza migliore di come sia ripartito il turismo dopo gli anni del Covid. Io l’ho vissuto negli ultimi due anni a Milano, mai avevo visto così tanti turisti, soprattutto stranieri, Roma ha una vocazione turistica naturale ed è il momento giusto per la Capitale di assicurarsi un nuovo futuro, alzando il livello della proposta qualitativa».
È un addio a Milano?
«Ma va, no. Milano è trainante, quello che abbiamo costruito in Galleria è stato in verità lo spunto per accettare questa nuova avventura romana».
Opportunità per il mondo della ristorazione. Ma come sta questo mondo?
«Non benissimo».
E come mai?
«Perché continuiamo a non avere un ruolo importante a livello istituzionale. Il cibo è cultura eppure siamo ancora considerati effimeri quando in verità potremmo essere decisivi per il futuro del turismo in Italia.
Rappresentiamo l’eccellenza, siamo garanzia di grande qualità come proposta finale e come prodotti del territorio ma le istituzioni non ci considerano tali.
E chi paga le conseguenze, oltre a tutti noi, sono soprattutto i ragazzi che potrebbero trovare uno sbocco, avere una prospettiva in un Paese che dovrebbe avere nel turismo un grosso traino all’economia».
Ma è solo colpa delle istituzioni o ci mettete anche del vostro?
«Noi abbiamo le nostre colpe, e tante. Perché in verità siamo frammentati, non riusciamo a fare squadra».
Troppe star?
«Diciamo che rispetto ai francesi non riusciamo a far passare ildiscorso della squadra unita, è vero che siamo partiti solo da una quindicina d’anni ma comunque arriviamo a un punto e non andiamo oltre. Manca una visione di intenti, troppe associazioni, tantissimi distinguo. Però a me piace sempre vedere le cose positive».
E quali sarebbero?
«Che in questi ultimi anni su tutto il territorio italiano c’è stata la crescita di attività familiari, ho visto giovani, anche coppie decidere di scommettere sulla ristorazione, piccole eccellenze e importanti economie domestiche portate avanti da giovani».
Ecco, i giovani. Non se ne trovano ed anche qui è colpa
vostra?
«È un problema europeo che riguarda l’alta ristorazione.
Dobbiamo tutti fare uno sforzo in più per far capire ai ragazzi quanto è bello il nostro mondo e che grande opportunità di crescita rappresenta in Italia. Finora sta passando solo il messaggio negativo: si lavora troppo, i turni sono massacranti, non ci sono weekend liberi, si guadagna poco… Cambiamo marcia, mostriamo in modo concreto quanto fare ristorazione possa essere appagante. Roma, in questo senso, è una grossa opportunità, confrontarsi con un pubblico locale e internazionale può solo far crescere».
Torniamo quindi a Roma. Che cosa si aspetta da questo nuovo progetto?
«Mi piacerebbe far sedere a tavola i romani e gli stranieri, proporre una cucina in grado di soddisfare chi a Roma vive e chi invece viene per vedere la città. Sarà uno spazio aperto a tutti pur essendo all’interno di un hotel cinque stelle lusso, non solo un ristorante: come detto prima voglio ripetere la formula della Galleria a Milano, un servizio che comincia alla mattina e finisce alla sera tardi».
A chi l’accusa di essere ormai più imprenditore che chef che cosa risponde?
«Che una cosa non esclude l’altra, lo dicevano chiaramente già i francesi cinquant’anni fa e me lo ripeteva Gualtiero Marchesi. Io cerco di fare il mio mestiere al meglio poi ognuno è libero di pensare quello che vuole. Mi sono costruito la libertà di scegliere, mi piace fare, sbagliare, sono proprietario del mio destino. È una scelta, a me va bene così».
E la tv?
«Ci sarà una terza edizione del Diners Club su Amazon Prime, è il tipo di tv di ricerca che mi piace vedere e quindi poterlo fare direttamente mi dà ancora più soddisfazione. Però stavolta cominceremo più avanti perché sono concentrato sul progetto di Roma: apriremo a fine anno e questo è un periodo pieno e decisivo, quello della costruzione e dello sviluppo».