il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2023
Cos’è la xilazina, la nuova "droga degli zombie”
Percorri una strana promenade, ha smarrito il cielo. Slummy, sopraelevate grigiastre, il raglio stralunato e tonante della metropolitana. Philadelphia. Oltre il fiume Delaware, le cime dei grattacieli restituiscono il mondo normale, frenetico. E invece c’è Kensington, che ha una storia lontana, una storia di nativi, il quartiere spacca in due la metropoli, non ha confini. È il regno degli estinti. Oggi fa paura, Kensington significa più o meno “tranq”. Tranq in gergo è la xilazina. Oppiaceo. Droga. Mai visto niente del genere. Ci tagliano le dosi di brown sugar, il thc, i cristalli di crack. La assumi per endovena. La xilazina agisce in segreto, se ne fotte dei controlli, non la trovi. Il suo effetto narcotico sovrasta qualsiasi altra sostanza. Muori facilmente, di overdose. O di cancrena, perché la xilazina ti divora dentro, come la bestia affamata che arde nella geenna dei dannati.
Sembra una enormità detta così. Basta guardare Ave e i suoi aborti. Kensington ha una strada infinita, la strada degli zombi, la chiamano Kensington Avenue, o semplicemente Ave. Gli isolati sono frequentati da ispanici, portoricani, gli ultimi irrimediabilmente nella scala sociale degli States. Isolati come camere della morte, interregni di golem deformati, immobili, inarcati innaturalmente. Caricature demoniache. È il terrore. A Ave arrivano dalla east coast. Dall’Illinois, Arizona, California, New Mexico. Si fanno di xilazina, così diventano zombie. Xilazina, fentanyl, eroina. Ma i demoni sono quelli fatti di tranq.
Le tende sono conficcate sull’asfalto. I dimoranti hanno perduto ogni parentela con l’umanità. Ricordano vagamente l’uomo, sono figuri, immobili, uno dietro l’altro, piegati, fermi, testa tra le gambe, per minuti, ore. Non solo esangui, gettati in terra, ma contenitori di un’anima sorpassata dalla brutalità di Ave, di quel che è Ave. Cioè xilazina. Una strada che si identifica, in una perfetta consonanza, con tutto ciò che di terreo e subnormale possa accadere nelle nostre esistenze: nella più azzardata delle distopie, a Kensington Avenue è già successo.
C’è un giovane uomo che avanza maldestro, disarticolato, mani protese verso l’alto, in un giubilo cimiteriale, avanza fino a un pullman in sosta a un crocevia; il giovane uomo procede fino a battere il capo violentemente contro la portiera. È fatto di tranq.
Ave è la strada degli zombi ed è una profezia. Traduce il mondo che ha dimenticato Dio. Su cui orribili strazi si dimenano o esistono immemori, ex portatori di identità, adolescenti, studenti, starlette, veterani di qualcosa. La xilazina divora la carne, procura la morte in molti modi. Consuma le gambe, in necrosi, le braccia, le mani. Gli zombi di Ave spesso siedono in carrozzelle, mutilati. Gli zombie sono nudi, defecano al centro della via. Non ci sono occhi che guardano o si guardano l’un l’altro. Sono ingombri che non hanno volontà, privi di sensi, un ago nel collo o infilato tra le dita dei piedi. Dormono e sono morti, sarebbe preferibile la seconda soluzione; ma gli addict del fenatyl o della xilazina non ricordano la ragione per cui una morte sarebbe preferibile.
Così non esci dal regno degli estinti, se non oltrepassando il quartiere. Jeffrey Stockbridge ha fotografato per cinque anni il volto disumano, scavato, privo di denti, dei dimoranti di Ave. Le sostanze che cambieranno il destino dell’umanità, riducendola a uno scherzo, a un infelicissimo errore, sono entrate nella contemporaneità come la vera atomica, il fentalyn in aggiunta alla xilazina, sfuggono ai controlli, hanno un prezzo di mercato accessibile ai seimila senza tetto di Ave. Il cosiddetto sballo è una morte che dura per molto più tempo rispetto all’eroina, il motivo per cui la via è occupata da cadaveri (ancorché vivi), deformati e ridicoli, quasi il male si prendesse gioco di loro, avesse individuato una possibilità di azione tale, ridicolizzare il dolore, rendere patetica, persino ilare, la fine di un uomo.
La fine di un uomo è Ave. Kensington Avenue. Philadelphia.