La Lettura, 15 luglio 2023
Sugli incipit
Come il ministro Sangiuliano (premio «Fantozzi dell’Anno» 2023) non ho letto i finalisti dello Strega, che è ormai un (anti)premio. Infatti, i romanzi più belli della stagione (Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico; Dario Ferrari, La ricreazione è finita; Sapo Matteucci, Per futili motivi) anche stavolta non hanno vinto. Ho dato un’occhiata agli incipit della cinquina streghesca. «Sei Daria. Sei D’Aria» (Come d’aria, la vincitrice Ada d’Adamo), voto: 3; «Il bambino camminava appiccicato alla madre, tanto che lei si fermò e disse: “Perché mi stai addosso, non vedi che inciampiamo?”» (Mi limitavo ad amare te, Rosella Postorino), voto: 3. «Di mia madre, ho soltanto due foto in bianco e nero» (Dove non mi hai portata, Maria Grazia Calandrone), voto: quasi 6 (quella virgola strangola la frase). «Per costruire bisogna prima scavare, mi sembra di averlo sempre saputo. Si prepara uno scavo e si gettano le fondamenta» (La traversata notturna, Andrea Canobbio), voto: 4. «Cap Juby, 27 febbraio 1928. Madre carissima, vi chiedo scusa per il ritardo, so di avervi abituata ad altri ritmi» (Rubare la notte, Romana Petri), voto: 4. Siamo anni luce lontani dall’incipit di Come Dio comanda (Niccolò Ammaniti Strega 2007): «— Svegliati! Svegliati, cazzo! Cristiano Zena aprì la bocca e si aggrappò al materasso come se sotto ai piedi gli si fosse spalancata una voragine. Una mano gli strinse la gola. – Svegliati! Lo sai che devi dormire con un occhio solo. È nel sonno che t’inculano». O da La macchina mondiale (Paolo Volponi Strega 1965): «Il mio pensiero e la mia materia, le lacerazioni che si producono all’interno, nel tracciato della mia macchina e nell’accensione dei diversi commutatori, mi tengono anche vicino alle cose e ai fatti che camminano intorno a me, nella mia casa e nella mia campagna e in questo pezzo di terra marchigiana dalla parte dell’Appennino, che viene chiamato la parrocchia di San Savino». Questi sì che sono incipit che stregano.