la Repubblica, 14 luglio 2023
Intervista a Gregorio Paltrinieri
Il Giappone di Greg. «Qui ho conosciuto la paura, e mi sono riscoperto». Riecco Paltrinieri, eppure diverso. Capelli corti, barba, nostromo evoluto, eclettico, navigatore dei mondi dell’acqua. E della spada: fidanzato e convivente a Roma con Rossella Fiamingo («Matrimonio? No, nell’immediato»). Capitano degli azzurri ai Mondiali di nuoto a Fukuoka al via oggi. Lui prima stella del campionato nella 10 km del fondo (nella notte tra sabato e domenica all’una italiana). Al Momochi Seaside Park, acque torbide e calde dove 22 anni fa trionfò Ian Thorpe e nacque la leggenda Michael Phelps, il campione di Carpi, 29 anni a settembre, difende il titolo di Budapest 2022 e cerca il biglietto per i Giochi di Parigi (pass ai primi 3). Non scontato: la maratona olimpica è infestata di candidati. Con lui ci sono Domenico Acerenza, gli ungheresi Rasovszky e Betlehem, i tedeschi Klemet e ovviamente Wellbrock. Sarà solo l’inizio: Gregorio è iscritto a 5 gare (nel fondo anche alla 5km e alla staffetta a squadre, in vasca agli 800 sl e ai 1500).
Le farà tutte?
«Una per volta. Arrivo da 10 giorni a Nagano, altura in un centro eccellente nel nulla suggestivo delle montagne olimpiche. Scendere e iniziare in mare non mi dispiace: stanca di più, ma evito di scaricare completamente. E in palio c’è la qualificazione alle Olimpiadi, punto a togliermi il pensiero».
Parigi 2024 è vicina o lontana?
«Tutto adesso è in funzione dei Giochi, vorrò essere super concentrato. Questo è stato un anno particolare dopo un 2022 stancante tra Mondiali di Budapest ed Europei a Roma. Non ho gareggiato tanto per influenze stagionali e mal di spalla.
Ora credo di essere in forma.
L’importante per me è esserci, nuotare e continuare a imparare».
Ancora?
«Sempre. Non sono lo stesso di sette Mondiali fa: esordio bruttino a Shanghai 2011, poi sempre sul podio ai campionati. Cambiato io e la mia nuotata, non più irruente e dispendiosa come quando stavo con Stefano Morini a Ostia, non me lo posso più permettere. L’età avanza, cerco l’efficienza spendendo meno con Fabrizio Antonelli a Roma, cilavoriamo da tre anni. La mia evoluzione non si ferma e anzi è ripartita dalle Olimpiadi di Tokyo».
Come?
«Scoprendo risorse e forze interiori che non sapevo di avere. Ai Giochi ci arrivai dopo la mononucleosi, impreparato e terrorizzato. Non ero abituato a non essere perfetto. Per la matematica e la scienza, ero spacciato. Ho dovuto attingerealtrove. Argento negli 800 e bronzo nella 10 km. Rimane un po’ di rimorso per aver perso un’occasione incredibile, mi sono odiato e sentito in colpa per essermi ammalato. Ma sono state le gare più belle della mia vita, un punto di svolta, atterrando a Tokyo una decina di giorni fa ci ho ripensato e mi sono emozionato. È cambiata la mia concezione dell’angoscia, da allora non ho piùpaura di niente».
Il fondo allena all’imprevisto.
«Il mare ti forma, ne esci diverso, a me ha aperto la mente, mi ha reso più flessibile nella tecnica, nella gestione della fatica e delle emozioni. Non andrebbe detto ai ragazzi che ho fatto dei buoni Giochi senza allenarmi, perché bisogna prepararsi tanto, ripetere il gesto come Agassi con la pallina».
Fino ad odiarla?
«A me piace gareggiare per vincere, ma non è tutto bello, ci sono momenti tosti, tostissimi».
Lo sport consuma tanti campioni, molti denunciano depressione. L’americano Dressel tra le vittime, non si è qualificato per questi Mondiali.
«Ma ha di nuovo voglia di nuotare.
Caeleb è sottoposto a una pressioneenorme, su di lui l’eredità di Michael Phelps. Capita di cedere».
Lei come rimane a galla?
«Nella mia testa, in teoria, la regola sarebbe prendere tutto come un gioco: il nuoto non come vita vera, ma divertimento. Siamo dei privilegiati, nessuno ci costringe. Ma alla fine le attenzioni attorno sono tante e noi stessi, abituati a percepirci e sentirci molto bene al livello fisico, trasformiamo le prestazioni in altro e tutto si ripercuote su quello che fai e sei anche fuori dall’acqua. È sempre molto di più che una semplice gara».
Thorpe e Phelps, Fukuoka 2001, ci pensa?
«Eccome, sono gli idoli della nostra generazione. Andai ai Mondiali di Barcellona 2003, avevo 8 anni, vidi anche Hackett e Itagima, mi ricordo il costumone di Thorpe, da marziano, supereroe. Lì mi sono innamorato perdutamente di questo sport, volevo essere come loro, nuotatori mistici».