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 2023  luglio 13 Giovedì calendario

Ristampato il Ciclo di Asimov

È da poco uscita, per gli Oscar Mondadori, una mia nuova traduzione dei primi tre volumi del Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov. È l’opera che ha segnato l’ingresso di Asimov nel pantheon della fantascienza, il genere in cui usiamo un’idea di futuro per raffigurare, con più precisione di qualunque romanzo realista, le speranze e le paure che agitano il presente. Questi romanzi sono degli anni Quaranta: ripubblicarli settant’anni dopo, quando la fantascienza sta vivendo per molti versi una nuova primavera, vuol dire che quei sogni e quelle paure hanno qualcosa di valido anche oggi. Che sogni e che paure sono?Il Ciclo della Fondazione rappresenta uno dei progetti immaginativi più vasti e ambiziosi della storia della fantascienza. Asimov immagina che in un mondo lontano, in cui l’umanità si è espansa a formare un Impero Galattico, venga sviluppata una scienza a metà fra psicologia e statistica in grado di prevedere matematicamente il futuro di enormi agglomerati umani: la psicostoriografia. Il matematico che la fonda si rende conto che l’Impero è prossimo al declino, ma con un complesso calcolo trova un modo di ridurre a un solo millennio il caos anarchico che seguirà, e con la scusa di un’Enciclopedia fonda una colonia di scienziati in un pianetucolo remoto, destinata a formare il cuore dell’Impero futuro: la Fondazione.Nell’arco dei tre volumi iniziali del ciclo (quelli appena riusciti, recuperando i titoli di Fruttero & Lucentini per le prime traduzioni italiane: Cronache della galassia, Il crollo della galassia centrale, L’altra faccia della spirale), Asimov traccia la storia di come quei primi enciclopedisti, abbandonati da un impero in declino, si troveranno a dover costruire un potere politico – religioso, commerciale, militare – per difendersi dai vicini, fino a scoprire la propria missione millenaria, e realizzarla. Il ciclo traccia il susseguirsi dei momenti di crisi nella storia della Fondazione: momenti previsti dalla psicostoriografia senza che però la soluzione potesse essere resa nota ai suoi protagonisti prima del tempo, per non invalidare i calcoli iniziali.La narrazione di Asimov, ispirata da niente meno che Declino e caduta dell’Impero Romano di Gibbon, segue le vicende di decine di personaggi nello spazio di una Galassia intera e lungo un arco di vari secoli; parla di scienza e religione, di guerra ed economia politica. Parla poco di amore e di azione, i due temi preponderanti in molta narrativa di genere: una delle sue grandezze è che il ciclo della Fondazione è un romanzo di idee, che regge una trama colossale non su sparatorie e lotte fra eroi, ma sull’incognita di una teoria scientifica che verte sull’intelligibilità della storia umana.Questo fa del ciclo il simbolo di un’epoca d’oro della fantascienza, in cui si poteva avere una fiducia oggi difficilmente concepibile nell’attenzione e nell’intelligenza dei lettori: la trama non si regge su combattimenti e ritrovati tecnologici, ma sul dispiegarsi dell’ingegno umano nel corso dei secoli, nel tentativo di verificare una profezia della scienza. Anche per altri versi è il frutto di un’epoca lontana: quei lettori, nella mente di Asimov, erano tutti maschi americani. Il primo personaggio femminile appare dopo centinaia di pagine; l’allegoria del millenarismo statunitense è velata poco e male (in fondo è la storia di uno sparuto manipolo di coloni spedito in capo all’universo che nei secoli costruisce una superpotenza, animata da un’idea rivoluzionaria).Più che limitazioni dell’opera queste sono cecità dell’epoca in cui è nata, che appaiono oggi in modo più chiaro di ieri. Come appare, forse, la cecità più grande: Asimov ha scritto i primi volumi della Fondazione a meno di trent’anni, durante la Seconda Guerra Mondiale. La storia umana, nella sua opera, è animata dallo scontro fra ragione e violenza (definita memorabilmente “ultimo rifugio degli incapaci"), scontro che la prima è teleologicamente destinata a vincere, come la tecnologia che ne emanava avrebbe vinto, per Asimov, ogni difficoltà legata alla scarsità di risorse e all’insostenibilità energetica. Le crisi gravissime che il mondo di oggi si trova a dover fronteggiare con urgenza crescente, dalla psicostoriografia non sarebbero state neppure immaginate.Quello di Asimov si potrebbe considerare una specie di neo-illuminismo, in cui i robot fungono da alternativa eticamente sostenibile allo sfruttamento capitalista, la tecnica da risposta alla scarsità, e la matematica offre una soluzione a ogni dilemma politico o morale della storia; eppure una delle grandezze del ciclo della Fondazione è che in questo illuminismo c’è una crepa. Tutta la seconda metà della trama verte sulla nascita di un mutante: un accidente della biologia che non poteva rientrare nei calcoli della psicostoriografia, e la cui esistenza rischia di far deragliare profondamente il piano millenario della Fondazione. Ultimamente associamo i mutanti alle storie di supereroi, e le storie di supereroi all’idea che la soluzione a ogni problema del pianeta passi prima o poi da una scazzottata fra titani. Non così in Asimov, il cui triste mutante rinuncerà a conquistare la galassia anche perché, sterile, non avrà dinastie da fondare. La sua mutazione, pur non cambiando in fin dei conti il corso della storia della Fondazione, invaliderà però la sua premessa principale, mostrando che la biologia delle forme di vita – umane e non – risulterà comunque impossibile da ridurre persino a una scienza sognata come la psicostoriografia.In questo senso, mi pare, il ciclo della Fondazione è rilevante come monumento a tre spinte intellettuali che al giorno d’oggi sono più che mai preziose: la fede nella capacità della ragione di superare l’oscurantismo e il pregiudizio; la convinzione che l’azione collettiva possa cambiare il corso della storia; ma anche il sospetto terribile che neppure alla scienza l’essere umano potrà mai chiedere libertà e giustizia.