Avvenire, 13 luglio 2023
Che fine hanno fatto i vaccini anti-Covid
Con l’estate in corso e l’emergenza sanitaria ufficialmente archiviata dall’Oms, del Covid è facile dimenticarsi. Come delle vaccinazioni, che nel corso delle ultime settimane non a caso sono crollate (la scorsa si è raggiunto il minimo storico di appena 407). Quello che invece sembra complicatissimo, al di là dei numeri sulle somministrazioni che continuano ad essere aggiornati sul sito del report del Governo, è sapere quante dosi di vaccino siano ancora presenti nei frigoriferi delle regioni italiane (e quante ancora utilizzabili), se ne arriveranno altre e cosa succederà il prossimo autunno, quando del Covid potremmo tornare a occuparci.
Il tema è di scottante attualità, per almeno due ragioni. La prima: il Covid non sarà più un’emergenza, ma anziani e categorie a rischio devono continuare ad evitarlo e dei vaccini hanno ancora bisogno. I dati dell’European center for disease prevention and control (Ecdc) suggeriscono che una campagna di vaccinazione autunnale con un’elevata adesione nelle persone over 50 potrebbe ridurre fino al 32% delle ospedalizzazioni da Covid. E a partire da queste evidenze, oltre che dai 13 morti di virus che il nostro Paese continua a contare ogni giorno, i medici della Società italiana d’Igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) e la Società italiana di ma-lattie infettive e tropicali (Simit) negli ultimi giorni hanno lanciato un appello agli italiani perché al vaccino ricorrano: dopo un anno dall’ultima dose ricevuta, nel caso appunto degli over 50, dei soggetti fragili e degli operatori sanitari; ogni sei mesi nel caso di over 75, soggetti con immunosoppressione moderata o grave e donne in gravidanza. La preoccupazione degli infettivologi, d’altronde, è dettata dal fatto che dal ministero della Salute non siano arrivate ancora direttive rispetto a un’eventuale campagna di vaccinazione autunnale (ciò che a onor del vero non è accaduto nemmeno in Inghilterra, mentre in Francia è solo una raccomandazione) e dal fatto che la copertura vaccinale attualmente è molto bassa: 6 milioni e 870mila le persone che hanno ricevuto il secondo booster, cioè la quarta dose (pari al 17% della platea di anziani e fragili indicata per la somministrazione), 562mila appena quelli con il terzo, cioè la quinta dose (pari al 9% della platea).
Ma c’è un’altra questione che riguarda i vaccini, e cioè la loro validità e il loro destino. È di questi giorni la notizia che la Germania, infatti, avrebbe distrutto 83 milioni di dosi (54 nel 2022 e 23 nei primi mesi del 2023), per il valore di oltre 1,6 miliardi di euro: non erano più utilizzabili. A queste si aggiungerebbero 120 milioni di dosi stipate nei grandi magazzini di Berlino e dintorni, in attesa di aspiranti vaccinati. Che, come in Italia, al momento non ci sono: le somministrazioni settimanali si aggirano intorno a 200 a settimana da giugno. Come stiano andando le cose da noi non è dato sapere: la struttura commissariale è stata smantellata e il ministero della Salute, interpellato da Avvenire una settimana fa, per ora non fornisce dati
(il dirigente competente non è raggiungibile). A fornire un report abbastanza puntuale, seppur parziale, è invece Regione Lombardia: «Le dosi di vaccino antiCovid – spiegano fonti della Direzione generale Welfare – vengono approvvigionate a livello centrale e distribuite direttamente alle strutture sanitarie designate dalle Regioni e Province autonome. A fine giugno, l’Unità di Completamento della vaccinazione antiCovid ci ha presentato il piano di distribuzione previsionale (che quindi potrà subire lievi variazioni) del vaccino Pfizer aggiornato alle nuove varianti». I quantitativi destinati a ciascuna regione sono stati calcolati dall’Unità «sulla base dell’andamento delle precedenti somministrazioni e delle riscontrate disponibilità di stock e sono previsti come “base” per assicurare una copertura minima alle platee, in attesa di indicazioni ministeriali». I nuovi vaccini verranno spediti settimanalmente alla Lombardia, a partire dalla prima settimana di ottobre 2023, fino ad un totale complessivo di 771.840 dosi entro il 30 novembre 2023. Ancora tante, dunque, a fronte di un costante trend decrescente delle somministrazioni «che – fa sapere ancora la Regione – sono passate da oltre 128.000 dosi di vaccino somministrate nel mese di gennaio 2023 a circa 2.700 vaccinazioni effettuate nell’ultimo mese». Anche sul fronte delle prenotazioni si registra una riduzione rispetto al mese di gennaio di quest’anno pari al -98%. Motivo per cui, dato che le somministrazioni avvengono per il 26% nei centri vaccinali e per il 37% nelle farmacie, la Lombardia per esempio ha deciso di rimodulare l’offerta, chiudendo gli hub e garantendo più capillarità sul territorio con i centri vaccinali e la rete delle farmacie. Ciò che probabilmente si sta decidendo anche altrove, sempre in attesa delle indicazioni ministeriali. Una sola certezza: il sognato vaccino combinato per influenza e Covid non ci sarà. Nessuno lo sta nemmeno sperimentando, visto che nel frattempo il virus continua a mutare, e a chi deciderà di vaccinarsi contro entrambi toccheranno due iniezioni diverse, anche se nello stesso appuntamento come l’anno scorso. Quanto ai nuovissimi vaccini, quelli contro la famiglia di varianti Xbb (e nel dettaglio Xbb.1.5, la cosiddetta “Kraken”), solo Moderna si è fatta viva: «Saranno pronti entro l’autunno» ha annunciato chiedendo a fine giugno l’autorizzazione all’Ema. E promettendo che 50 milioni di dosi verranno prodotte in Italia, visto che l’azienda si è allargata. Ora ha una sede anche qui.