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 2023  luglio 13 Giovedì calendario

Le stragi del 1993

Le stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze, sono servite «per indebolire il governo Ciampi» che in quel momento era alla guida del Paese, ed avevano l’obiettivo di «diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri». Lo affermano i magistrati della procura antimafia di Firenze titolari dell’inchiesta sui mandanti esterni degli attentati di trent’anni fa in cui è indagato Marcello Dell’Utri in concorso con i boss di Cosa nostra, Filippo e Giuseppe Graviano.
Gli investigatori del Centro operativo della Dia di Firenze e Milano si sono presentati ieri a casa di Dell’Utri ed hanno eseguito un decreto di perquisizione disposto dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri. Gli agenti hanno ispezionato pure gli uffici dell’ex senatore in via Senato. E sono stati individuati e sequestrati elementi utili all’indagine. Un blitz che ha sorpreso Dell’Utri e i suoi familiari. Lui, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, è accusato di aver istigato e sollecitato il boss Graviano «ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri, nel quadro di un accordo, consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra, di stragi, e poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, che era il tramite di Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del Governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro di patrimoni, ricevendo altresì da Cosa nostra l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994».
«L’accordo stragista», per i magistrati, aveva uno scopo politico, in particolare l’attentato all’Olimpico che doveva uccidere decine di carabinieri in servizio allo stadio il 23 gennaio 1994, fortunatamente fallito, come fanno notare i pm nel decreto notificato a Dell’Utri, si colloca tre giorni prima dell’annuncio ufficiale di Berlusconi di scendere in campo. Una strage che doveva essere «funzionale a dare il colpo decisivo alla compagine governativa, in quel momento al potere (governo Ciampi), eliminando decine di carabinieri», e tutto questo doveva servire «per avvantaggiare Berlusconi e Dell’Utri».
I magistrati fiorentini prendono in esame sentenze definitive e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, lette correlativamente al contesto istituzionale dell’epoca. L’ambito politico era caratterizzato dalle dimissioni del Governo Ciampi il 13 gennaio 1994 e dallo scioglimento anticipato delle Camere il 16 gennaio 1994, sette giorni prima dell’attentato all’Olimpico. Per gli inquirenti quella strage (mancata) avrebbe costituito uno strumento di pressione di straordinaria portata nei confronti di tutte le forze politiche presenti al momento sulla scena, e attive nella fase di transito verso la nuova legislatura. Ma l’attentato è fallito e non è stato ripetuto, mentre il Cavaliere annunciava la sua discesa in campo.
Dell’Utri e Berlusconi, come scrivono i pm, sono stati i «beneficiari degli effetti dello stragismo in un contesto nel quale erano alla ricerca di una via d’uscita da una doppia congiuntura sfavorevole: la crisi economica-finanziaria del gruppo Fininvest e la dissoluzione del loro referente politico tradizionale» i socialisti e alcune correnti dc.
La campagna stragista si conclude dopo il fallito attentato del 23 gennaio 1994. Fatto che per l’accusa sarebbe «riconducibile all’assicurazione di dell’Utri e Berlusconi» data dopo il sostegno elettorale a Forza Italia, «corroborando, sul piano logico, l’esistenza dell’accordo con Dell’Utri» e consentendo «di escludere che l’azione dei corleonesi sia stata posta in essere autonomamente alla mera ricerca dell’instaurazione di un rapporto con Dell’Utri e il suo referente, il deceduto Silvio Berlusconi». Ci sarebbe stato quindi un accordo tra i mafiosi e l’ex senatore. «Dell’Utri è portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste», ricordando che «ha svolto un ruolo ditrait d’union tra il Cavaliere e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992, che è risultato far ricorso alle sue conoscenze mafiose per alimentare la nascita di Forza Italia».
Sono stati ricostruiti due canali paralleli di comunicazioni tra Cosa nostra e l’ex senatore. Il primo era gestito da Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca, i quali si servivano di Vittorio Mangano che disponeva di un ufficio a Como dopo aver lasciato Arcore, e veniva indirizzato verso Dell’Utri «con un mandato a coltivare il rapporto con specifico riferimento alla campagna di strage».
Il secondo canale era gestito dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano: quest’ultimo, per l’accusa, «si rapportava direttamente non solo con Dell’Utri, ma anche con Berlusconi». L’inchiesta si sofferma anche sui fiumi di denaro che sono stati versati per diversi anni da Berlusconi nelle tasche della famiglia Dell’Utri, che inducono gli inquirenti a ritenere che «le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto». In alcune conversazioni intercettate veniva fatto riferimento «alla necessità di ricattare Berlusconi». Per alcune elargizioni di denaro, che superano il mezzo milione di euro, è indagata per trasferimento fraudolento di valori anche Miranda Ratti, moglie di Dell’Utri.
C’è poi un colloquio del 15 ottobre 2021, poco prima della mezzanotte, fra l’ex vice ministro del governo Berlusconi, Gianfranco Micciché e Dell’Utri, in cui i due commentano la futura elezione del Presidente della Repubblica.
I magistrati scrivono: «Gianfranco Micciché, riportando quanto gli aveva confidato Matteo Renzi, riferiva a Marcello Dell’Utri: “Berlusconi mi ha detto dieci volte ‘Io ho bisogno solo di un Presidente della Repubblica che dia la grazia a Marcello’”». Durante la conversazione «emerge, altresì, che Berlusconi, secondo Micciché, ha riferito a Matteo Renzi, nel corso di una cena effettuata a Firenze, che: “Marcello è in galera per colpa mia”».
A Dell’Utri è stato notificato anche un avviso di garanzia, in cui i pm hanno fissato per martedì 18 luglio il suo interrogatorio a Firenze.
Ieri eseguita un’altra perquisizione a Dell’Utri
Le novità emergono nell’atto con cui i pm antimafia di Firenze l’hanno disposta Indagata anche la moglie dell’ex braccio destro del Cavaliere che verrà interrogato il prossimo 18 luglio
Secondo i magistrati
Bagarella e Brusca si servivano di Mangano per comunicare con Dell’Utri
Il leader di FI avrebbe detto a Renzi: “Ho bisogno di un Capo dello Stato che dia la grazia a Marcello”