la Repubblica, 12 luglio 2023
Sul salario minimo
Siamo stati tra i primi, se non i primi, a sottolineare l’importanza dell’introduzione del salario minimo in Italia. Uno di noi lo aveva proposto quasi un quarto di secolo fa in un documento preparato assieme a due colleghi inglesi (Richard Layard e Stephen Nickell), che doveva essere presentato da Tony Blair e Massimo D’Alema al vertice europeo di Lisbona. L’allora presidente del Consiglio italiano, però, si tirò indietro all’ultimo minuto per l’insurrezione della Cgil contro l’idea del salario minimo. Ci fa perciò molto piacere che una parte consistente del sindacato accetti oggi di parlare di salario minimo senza pregiudizi.Ma bisogna andare al di là degli slogan perché per usare un inglesismo il diavolo sta nei dettagli. In precedenti articoli abbiamo sottolineato l’importanza di avere un salario minimo orario fissato per legge che copra tutti i lavoratori indipendentemente dal settore di appartenenza, anziché, come contemplato da quasi tutti i disegni di legge giacenti in Parlamento, 832 salari minimi tanti quanti i minimi tabellari previsti dai contratti collettivi di cui si ha traccia negli archivi dell’Inps. Ci fa piacere che anche su questo ci siano stati ripensamenti e si parli ora di un unico salario minimo.Il problema centrale a questo punto è stabilire il livello di questo salario minimo. È una scelta complessa che non può che essere fatta sulla base di dati approfonditi. Se il salario minimo è troppo basso è del tutto inutile mentre se è troppo alto rischia di far aumentare la povertà spingendo molti lavoratori verso la disoccupazione o il lavoro nero. Bene dunque che questa scelta venga fatta in modo ponderato. La legge sul salario minimo dovrebbe prevedere, come di norma avviene negli altri Paesi, l’istituzione di una commissione sui bassi salari, con tecnici indipendenti ed esperti nominati dalle parti sociali, che formuli proposte al Parlamento sul livello appropriato del salario minimo, sulla base di riscontri oggettivi sul nostro mercato del lavoro.Girano invece in questi giorni numeri fantasiosi e giustificazioni di questi numeri ancora più fantasiose.Abbiamo, ad esempio, letto di un salario minimo di 9 euro che sarebbe “la media fra il 50% del salario medio e il 60% del salario mediano”. A parte il fatto che non c’è nessuna ragione per cui il salario minimo debba ricadere a metà di questo intervallo, anche i numeri alla base di questo calcolo sono sbagliati. Secondo i più recenti dati Inps disponibili, il salario medio giornaliero dei lavoratori dipendenti (incluso il settore pubblico) in Italia è inferiore a 100 euro al giorno, il che significa poco più di 12 euro all’ora. Il salario mediano (quello collocato esattamente alla metà della distribuzione del reddito) è circa 15 euro e mezzo.Quindi anche applicando la formula fantasiosa della “media fra il 50% del salario medio e il 60% del salario mediano” si arriva appena al di sopra di 7 euro e mezzo.Da dove viene questa differenza? Crediamo che la cifra di 9 euro sia il risultato di calcoli fatti sulla sola platea dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato che lavorano a tempo pieno tutto l’anno, una platea di circa 8 milioni e mezzo di persone su venti milioni di lavoratori dipendenti. Ma i lavoratori che dovrebbero beneficiare del salario minimo hanno in gran parte contratti nel migliore dei casi a tempo determinato, passano frequentemente dall’occupazione alla disoccupazione, e sono spesso costretti ad accettare lavori part-time pur di avere un impiego. Per questi lavoratori il 50% del salario medio è di poco superiore ai 5 euro e il 60% di quello mediano è al di sotto degli 8 euro. Da notare, inoltre, che queste cifre si riferiscono alle retribuzioni previdenziali imponibili lorde, dunque inclusive di tredicesima, ferie e malattia. È chiaro che un salario minimo orario non può includere queste componenti che vengono eventualmente calcolate ed erogate al lavoratore in modo proporzionale al loro salario orario e alle ore lavorate. È importante infine ricordare che il salario minimo si deve applicare a tutti, colf e badanti comprese; per queste persone un salario minimo orario di 9 euro comporta un esborso mensile per le famiglie che le impiegano di più di 1700 euro al mese nel caso del massimo di ore consentite, cui vanno poi aggiunti contributi, ferie, tredicesima e tfr.Se si vuole che il salario minimo abbia qualche speranza, è fondamentale attenersi a fatti e numeri ben documentati, invece di produrre esercizi avventati e numeri infondati. È un esercizio pericoloso che, per procacciare un po’ di popolarità, può portare a distruggere il posto di lavoro di chi oggi è in posizione vulnerabile sul mercato del lavoro.