Corriere della Sera, 12 luglio 2023
Considerazioni sullo stupro
Qualche considerazione sullo stupro di cui si parla tanto in questi giorni. L’idea che la donna stuprata debba dimostrare che non c’è stato consenso è aberrante. Se io denuncio che sono stata rapinata, nessuno pensa che sia stata consenziente. Ma lo stupro è una rapina. E non ha niente a che vedere con il desiderio sessuale. Lo stupro in natura non esiste. È una azione inventata dall’uomo per umiliare il nemico. Infatti, è sempre stato usato come un’arma di guerra. Il nemico si uccideva, la donna considerata proprietà del nemico la si stuprava. Ed era un atto di affermazione della propria identità, qualcosa di molto profondo e oltraggiante. Era prima di tutto la dissacrazione del luogo sacro della nascita: lì dove il corpo femminile dà alla luce una nuova vita. Inoltre è il segno di una odiosa insinuazione del vincitore nell’intimità del vinto. Non solo ti sconfiggo, non solo invado i tuoi territori, la tua città, la tua casa, ma introduco nel ventre della tua donna il mio seme, in modo che il futuro sia condizionato dalla mia identità di vincitore e non dalla tua di vinto.
Se si capisce questo pensiero invasivo e di brutale affermazione identitaria diventa evidente che lo stupro non si misura sulle ecchimosi e sul sanguinamento, ma che ha il potere di agire in profondità nella psiche femminile rendendola nemica di se stessa. La donna stuprata, sapendo di essere stata usata dal nemico per una invasione di identità, si sentirà in colpa, anche se non saprà neanche pensarlo o dirlo, ma per antica consuetudine si consegnerà alla convinzione di avere accettato una cocente umiliazione per sé e per il genere che rappresenta.
Solo la donna che ragiona su ciò che ha subito, solo la donna che matura una consapevolezza del profondo significato simbolico dello stupro potrà uscirne equilibrata. Ma di solito si tratta di ragazze molto giovani che non hanno riflettuto sulle strategie storiche che riguardano il corpo femminile e soccombono al disastro interno voluto dallo stupratore. A ciò si può rimediare con la denuncia. La donna che denuncia sa di andare incontro a un sacco di guai, proprio perché dovrà dimostrare di non essere stata consenziente, cosa difficile vista la mancanza di testimoni e anche per le abitudini mentali dei giudici e dei suoi contemporanei che metteranno la sua parola alla stregua di quella dello stupratore.
Voglio ricordare il famoso caso di Artemisia Gentileschi, stuprata dall’assistente di suo padre. Lei che era una artista e una donna di pensiero, ha avuto il coraggio di denunciare lo stupratore, e per questo in tribunale ha dovuto subire umiliazioni massacranti che avrebbero scoraggiato qualsiasi altra donna. Ma lei ha resistito alle torture fisiche (lo schiacciamento delle dita, le visite ginecologiche pubbliche) pur di affermare la sua verità. Lui non è stato torturato perché si presumeva che avesse il diritto di rivendicare la sua verità (ovvero che lei era consenziente e quindi lui innocente), mentre lei ha dovuto resistere a disgustose torture per dimostrare che non mentiva.
Questa è una storia di stupro che purtroppo possiamo ritrovare, a parte le torture, ancora negli usi attuali. Le due voci vengono messe sullo stesso piano: lui che afferma il consenso di lei e lei che deve dimostrare il suo dissenso. Se non prendiamo le distanze da questi arcaici luoghi comuni non usciremo mai dalla pratica di un gesto odioso e colpevole.
Certo, può capitare che una donna si vendichi per qualche ragione e accusi ingiustamente un uomo, ma di solito lo si capisce subito per il linguaggio che usa e per le prove che porta. Mentre una donna veramente stuprata non ha prove da esibire e dubita soprattutto di sé. Comunque la grande quantità di stupri di questo periodo sta lì a dimostrare che molti giovani si sentono in guerra con le loro coetanee, che le considerano pericolosamente autonome e libere, e ritengono che vadano punite. Ti inchiodo alla tua fragilità, ti dimostro che la tua volontà non conta nulla e introduco la mia determinazione nel tuo ventre in modo che tu sappia che sei e sarai sempre inferiore. Sembra strano che proprio dei giovani si prestino a questa pratica sadica e violenta. Ma ricordiamo che la storia a volte fa degli strani giri e le conquiste che sembravano lì per sempre, possono perdere di valore, per il propagarsi di paure profonde, sconosciute e ogni volta rinnovate.
Come stupirci se poi le donne non denunciano subito la violenza? Ci vuole molto coraggio per uscire da una mentalità diffusa. Per questo credo che dobbiamo ringraziare la giovane ragazza che ha trovato il coraggio di denunciare chi l’ha ferita, e le diciamo che noi non aspetteremo l’ultima sentenza (che uscirà magari fra anni) per dirle che siamo con lei e con la sua verità.