Corriere della Sera, 12 luglio 2023
Marco Ferradini ma lei l’ha mai trattata male una donna?«Macché. È successo il contrario».Chi l’ha trattata male?«La stessa donna a cui ho dedicato la canzone, Teorema»
Marco Ferradini ma lei l’ha mai trattata male una donna?
«Macché. È successo il contrario».
Chi l’ha trattata male?
«La stessa donna a cui ho dedicato la canzone, Teorema».
Una canzone che è un successo senza tempo.
«Una prima opera che mi ha travolto. Per tutti sono quello di Teorema»
E invece lei ne ha scritte tante di canzoni.
«Una cinquantina, soltanto quelle d’amore».
Ma noi tutti canticchiamo: «... fuori dal letto nessuna pietà... e allora si vedrai che t’amerà...». È quello che è successo a lei?
«A parte invertite, sì. Nella canzone invece è l’uomo che tratta male la donna».
Chi è questa donna?
«Teresa».
Ha saputo che Teorema era dedicata a lei?
«Sì gliel’ho fatta sentire appena composta».
E lei che ha detto?
«Sei uno stronzo».
Non si è smentita. La sente ancora?
«Dopo 42 anni? No basta».
Sono passati 42 anni da quando è uscita la canzone e sta ancora tra noi.
«Era il 1981, è un pezzo che continua a rimbalzare. Ogni tanto... hop... e torna su. Prima con il film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ora la cantano in chiave pop Fiorello e Giorgia. A me non piace la chiave pop, sono affezionato all’originale».
Come è nato l’originale?
«Durante un week end in montagna con il grande Herberth Pagani. Ne abbiamo scritte quattro di canzoni, un concept album che racconta il mio travaglio sentimentale:“Schiavo senza catene”, “Questa sera”, “Week end” e poi l’utima...».
Ovviamente Teorema. Perché questo trionfo secondo lei?
«La gente si identifica, siamo fatti tutti allo stesso modo. Diamo per scontato un amore infinito, invece quando c’è qualcuno che non ci degna di uno sguardo siamo attratti, vorremmo conquistarlo. È una questione di bassa psicologia. E poi conta il periodo».
I primi anni Ottanta. Che importanza hanno avuto?
«C’erano gli strascichi degli anni della contestazione, gli uomini non potevano raccontare i propri sentimenti, dovevano fare la rivoluzione. Capiamo: io sono un ex-sessantottino, un hippie. Ma ho trovato il coraggio».
Di fare cosa?
«Di raccontare me stesso, i miei sentimenti. Ecco il successo: la gente era stufa di concetti finti, pugnetti alzati, slogan vuoti. L’hanno accolta come una liberazione dall’oppressione ideologica».
Dopo Teorema che cosa ha fatto?
«Ho continuato a cantare, nella mia vita non so più quanti tour ho fatto. Ho scritto molte canzoni, tra queste ce n’è una a cui tengo: “Lupo solitario”, è diventato un cult dei camionisti».
Dei camionisti? Perché?
«Parla di chi viaggia di notte per portare la musica».
Poi ha detto di aver scritto tante canzoni d’amore...
«Sì, ma poi si ritorna sempre a quella, non ne esco. In un concerto se non canto Teorema mi tirano le freccette».
Che effetto le fa?
«Sia ben chiaro, io ci sguazzo perché senza Teorema non avrei potuto fare quello che ho fatto dopo».
E oltre le tourné che ha fatto di altro?
«Ho insegnato a scuola, in due istituti professionali. Un’esperienza bellissima».
Cosa le ha portato?
«Avevo a che fare con ragazzi con tanta voglia di fare musica e nessuna capacità per farla nascere. A me serviva inoculare il germe, come quando dai un pallone ad un bambino».
Lei è anche testimonial dei City Angels, l’associazione che si occupa dei senza tetto a Milano?
«Lo sono insieme ad Alberto Fortis, Alberto Camerini, Enzo Beruschi e altri artisti».
Vive a Milano?
«Sì sono felicemente sposato e ho una figlia, Marta, che fa i tour con me. È brava. Ora portiamo in giro l’ultimo album con tredici brani : “L’uva e il vino”. Poi c’è un altro album che ho dedicato a Herbert Pagani, che se è andato pochi anni dopo aver composto la canzone con me. Si intitola: “La mia generazione” e ci sono dentro molti artisti, Fabio Concato, Ron, Eugenio Finardi, Moni Ovadia. Continuo a comporre e adesso ho scritto anche un libro: «Il teorema del lupo solitario».
Un titolo che fonde due canzoni di successo, ben augurale..
«Già, ma non ho solo cantato e composto canzoni».
Cos’altro ha fatto?
«Il vocalist. Ho lavorato con Eros Ramazzotti. Mina, Toto Cutugno, Giorgio Gaber, Pupo. E poi, fantastiche, le sigle dei cartoni animati».
Le sigle dei cartoni animati? Quali?
«Tutte quelle degli anni Ottanta».
Ovvero?
«Per dirne alcune: Tex Willer, Daitarn3, Mazinga, Ufo Robot».
Ha cantato la sigla di Ufo Robot?
«No, no, facevo il vocalist».
Cosa vuol dire in pratica?
«A un certo punto di Ufo Robot si sente dire: “Lame Rotanti”, “Alabarda spaziali”. Bene quella è la mia voce».
Si divertiva?
«Tantissimo. Un mestiere che creava fratellanza fra tutti i vocalist. Teniamo presente che le sigle di queste canzoni le ha scritte un artista del calibro di Vince Tempera. Questo è successo dopo Teorema. Ma c’è anche un prima».
Qual è il prima?
«Negli anni Settanta ho cominciato a cantare con un gruppo che si chiamava “Drogheria Solferino”, che era il negozio di vestiti dell’Equipe ‘84. Sponsorizzavamo il negozio e loro ci davano giacche e pantaloni per i concerti».
Lei pensa che se Teorema fosse uscita oggi avrebbe avuto lo stesso successo?
«Oggi la musica è molto diversa, le canzoni delle nuove generazioni sono tendenzialmente povere di contenuti. Però una canzone come Teorema sarebbe sopravvissuta a questo tempo, ha un contenuto universale».
Addirittura?
«Andiamo sulle stelle ma le nostre radici sono sulla terra. Puoi stare lì tutto il tempo a cercare il senso della vita poi apri la finestra e vedi passare una donna: uno sguardo, un sospiro, valgono più di mille parole».
Vogliamo sintetizzare questo concetto?
«... “senza l’amore un uomo che cos’è”...».