Corriere della Sera, 12 luglio 2023
Intervista a Natalina Orlandi
Natalina Orlandi, suo zio ha mai molestato Emanuela?
«Lo escludo, senza dubbi».
Anche guardando indietro, ha mai ripensato ai suoi comportamenti in quei giorni del 1983? I rapporti con l’avvocato, le risposte alle telefonate anonime...
«Non potere capire cosa significhi veder sparire una sorella. I miei genitori, poverini, erano ormai invisibili, meno male che c’erano persone come lui e altri amici che ci preparavano da mangiare e ci aiutavano. Se mi sono fatta domande? In 40 anni ho ripensato a tutto, non ho risposte ma di lui sono sicura».
All’epoca riferì delle sue «morbose attenzioni», oggi le ridimensiona ad un «approccio verbale».
«Mio zio aveva 50 anni e io 21, non ero una bambina anche se ingenua. All’epoca mi sentii a disagio, oggi mi ci farei una risata sopra. Non so che cosa gli era scattato, fu uno scivolone. Era sposato, aveva già i figli».
Cosa le diceva?
«Battute, complimenti, ci provava in modo un po’ infantile. Durò qualche giorno, capì che non c’era trippa per gatti e finì lì».
Perché non ne parlò in famiglia?
«Per dire cosa? Se mi fossi sentita in pericolo, lo avrei fatto. Ne parlai al mio fidanzato, oggi mio marito, e al nostro confessore di famiglia che mi suggerì i comportamenti giusti».
E dopo la scomparsa di sua sorella, perché tacere?
«Avrei solo dato a mio padre un dispiacere inutile. Mio zio gli era di grande sostegno. Fu la prima persona a cui si rivolse».
Chi informò monsignor Casaroli di quella confessione per la quale chiese conferma via lettera?
In 40 anni
ho ripensa-to a tutto, non ho risposte, ma di lui sono sicura
All’epoca sentii disa-gio, oggi ci riderei sopra Era sposato con figli, non so cosa gli fosse successo
«Non lo so, di certo il confessore era tenuto al segreto ma forse alla luce di quanto successo pensò di parlarne».
Lo ha mai risentito?
«No, perché si trasferì in Colombia e morì poco dopo».
Anche il pm Sica le chiese di parlarne...
«Non mi disse come ne era venuto a conoscenza. Mi fece sentire come se fossi colpevole e reticente. Ascoltai l’orribile cassetta con i lamenti, dissi che non era Emanuela e raccontai la verità. Siamo persone limpide, non c’era nulla da nascondere».
Nelle rivelazioni si ipotizza anche che suo zio le impose di non parlare per tenere il lavoro alla Camera.
«Non sta in piedi perché avevo vinto un concorso».
Come mai oggi si espone dopo anni di basso profilo?
«Nella rabbia di ieri sera pensavo ai miei cugini e a mia zia 90enne che di questa storia non hanno mai saputo niente e l’hanno sentita in tv. È stato un tentativo di accusare noi per scagionare altri».
Non è sorpresa però dei contenuti..
«Nel 2017 venni contattata dal sostituto della segreteria di Stato, monsignor Becciu. Disse che mio fratello insisteva per accedere ai loro archivi e alluse al fatto che anche questo episodio sarebbe venuto fuori. Mi sembrò un ricatto».
Che cosa ricorda di quel 22 giugno?
«Mia mamma aveva preparato la pizza, disse di scendere a cercare Emanuela perché si stava facendo tardi...».