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 2023  luglio 12 Mercoledì calendario

Caso La Russa Jr, la testimonianza della ragazza

Ha da poco confermato a verbale le sue accuse, quando la ragazza 22enne milanese che ha denunciato Leonardo La Russa per violenza sessuale rimette insieme i pensieri. Al termine di oltre tre ore di testimonianza e dopo giorni in cui è finita al centro dell’attenzione, decide di dire la sua: «Colpevolizzare una donna che si espone per far valere i suoi diritti è una doppia umiliazione, ancora prima di poter raccontare apertamente la mia versione».
Poco prima delle 11 di ieri raggiunge la Questura per essere sentita come testimone dal pm Rosaria Stagnaro, dall’aggiunto Letizia Mannella che dirige il dipartimento che si occupa dei reati sessuali e dagli uomini della squadra mobile guidata da Marco Calì. È tesa. Le domande non possono che partire dall’inizio della vicenda che l’ha coinvolta. Da quando il 18 maggio ha deciso con una amica di fare «serata» nella discoteca-club Apophis a qualche centinaio di metri dal Duomo dove incontra Leonardo Apache La Russa, il 19enne terzogenito del presidente del Senato che conosce dal liceo. La giovane aveva già assunto cocaina e due farmaci, uno dei quali è un tranquillante. Risulterà positiva alla cannabis.
Quando nel pomeriggio del 19 maggio si presenta al servizio anti violenza della clinica Mangiagalli, dichiara di non ricordare nulla di quello che le è accaduto, di essersi svegliata attorno a mezzogiorno, disorientata e tremante, nel letto del giovane e di aver saputo dal ragazzo di aver avuto un rapporto sessuale sotto effetto di stupefacenti con lui e con un suo amico, da lei però mai visto in casa La Russa.
La ricostruzione di ciò che sarebbe accaduto la fa chattando con l’amica con la quale era andata a ballare. È questa amica che le dice di averla persa di vista intorno alle 3 del mattino quando era su di giri dopo due drink, uno dei quali le sarebbe stato dato proprio da La Russa: «Stavi benissimo (...) fino a prima che lui ti offrisse il drink tu eri stata normale eri stranormale. Avevamo fatto delle strisce (probabilmente di droga, ndr.) anche lì all’Apophis».
Le altre tre giovani
Ascoltate anche le tre amiche che si trovavano nello stesso locale
Conferma tutto nella querela depositata il 29 giugno, una quarantina di giorni dopo, dall’avvocato Stefano Benvenuto il quale, al termine dell’audizione di ieri, non fa dichiarazioni «in rispetto alla legge penale perché – ritiene di aggiungere – sono ancora in corso le nostre indagini e quelle della Procura».
Tra la denuncia, il racconto fatto alla Mangiagalli e la chat è possibile ricostruire quello che secondo le amiche sarebbe accaduto. Tre delle quali sono state ascoltate ieri fino a tarda sera dagli inquirenti per acquisire tutti i possibili elementi che chiariscano cosa è successo dentro e fuori la discoteca fino a casa del presidente del Senato. Come le tre ore di buco nel racconto tra le tre di note, quando l’amica la vede correre fuori dal locale correre verso il Duomo in stato confusionale, e le sei del mattino, ora alla quale sarebbero andati a casa in macchina secondo quanto le dice Leonardo La Russa.
Passaggi che gli inquirenti cercheranno di ricostruire anche dalle immagini delle telecamere di sorveglianza, ammesso che a quasi due mesi di distanza le registrazioni non siano state cancellate. La ragazza attraversa un momento difficile: «Una donna non deve avere paura di vivere la sua vita ed essere giudicata prima dei fatti rispetto alle scelte che prende», dichiara al Corriere della Sera tenendo a ringraziare il suo avvocato «per il lavoro che sta facendo anche per le donne che non hanno avuto coraggio». Sfogo comprensibile, come pure non può non esserlo il disagio del giovane che lei accusa, solo espresso in maniera diversa attraverso la scelta del silenzio da parte del suo difensore Adriano Bazzoni. Perché il fatto che la donna che denuncia venga colpevolizzata e finisca vittima due volte non può bastare di per sé a confermare che dica il vero. E nemmeno si può immaginare che il denunciato, per il solo fatto di essere accusato di violenza sessuale, venga condannato a priori. Di certo la giovane si é assunta una grande responsabilità, di cui le va dato atto, che la espone, se si dovesse provare che ha detto il falso, al rischio di essere accusata di calunnia ai danni del figlio di La Russa, il quale rigetta con sdegno il sospetto di essere stato lui a drogarla e sostiene che tra loro ci sia stato solo un rapporto consensuale.