Corriere della Sera, 11 luglio 2023
Al reparto «Soccorso violenza sessuale e domestica» della clinica Mangiagalli vanno 900 persone l’anno
Milano Con 900 accessi all’anno, il «Soccorso violenza sessuale e domestica» della clinica Mangiagalli, all’interno del Policlinico, è un riferimento per Milano e l’hinterland. Qui ha trovato aiuto il 19 maggio scorso la ragazza 22enne che ha denunciato per violenza sessuale Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio. «I pazienti arrivano spontaneamente, accompagnati dalle forze dell’ordine o su indicazione degli altri ospedali» racconta la responsabile Giussy Barbara. Aperto 24 ore su 24, il servizio prevede la presenza o la reperibilità di ginecologi, medici legali, infermieri, ostetriche, assistenti sociali e psicologhe.
L’accoglienza è uno dei passaggi più delicati. «Serve empatia, capacità di rassicurazione. Dobbiamo dimenticare la fretta per mettere a proprio agio chi ci troviamo di fronte». Circa la metà dei casi riguarda abusi sessuali, l’altra metà violenze domestiche. Nel primo gruppo, «le vittime vanno dai minori alle donne di 60, 70 anni. Anche se la maggior parte di loro ha un’età compresa tra i 20 e i 35 anni», specifica la responsabile.
Una volta instaurato un rapporto di fiducia, il paziente viene invitato a raccontare quel che ha subito. Poi, si continua con agli accertamenti medici, sulla base delle linee guida nazionali per il soccorso alle vittime di violenza. Per le donne, è prevista una visita ginecologica con «l’esecuzione di un tampone in diverse sedi», aggiunge Barbara. Si va a caccia delle tracce biologiche che possano svelare o confermare il nome dell’aggressore. «Il medico passa poi all’esame obiettivo completo del corpo del paziente, verificando se ci sono ecchimosi, ferite». Tutto viene documentato sulla cartella clinica, appuntando anche la dimensione delle lesioni e le loro caratteristiche.
Gli operatori
«Circa la metà dei casi che vediamo diventano denunce. Le donne hanno più coraggio»
Ancora, si propongono una profilassi per evitare gravidanze indesiderate e accertamenti sulla presenza di malattie sessualmente trasmissibili. Alle analisi del sangue si accompagnano quelle delle urine. «Test tossicologici? Li facciamo quasi sempre – dice Barbara —, sicuramente quando la vittima è confusa, afferma o sospetta di aver assunto sostanze». Si cercano droga, tranquillanti, pasticche. Non sempre i controlli sanitari danno una risposta certa e definitiva agli interrogativi. La cartella clinica e le provette con sangue e urine, che vengono stoccate in Medicina legale, sono comunque a disposizione dei magistrati, per eventuali indagini.
A distanza di qualche giorno viene proposto un colloquio psicologico, in cui si parla anche delle procedure legali possibili. Questo aspetto è curato soprattutto dalla onlus «Soccorso violenza sessuale Donna aiuta donna», di cui è presidente Alessandra Kustermann (fondatrice anche del centro in Mangiagalli). «Chi si rivolge a noi non sempre ha cognizione degli strumenti di tutela offerti dalla legge – dice Barbara —. Noi diamo alcune indicazioni, mentre l’assistenza legale è fornita dalla onlus. A volte, il reato è procedibile d’ufficio. Per esempio quando riguarda minori o violenze di gruppo. Diversamente, serve la querela della vittima». Le denunce? «Circa la metà dei casi che vediamo» secondo la ginecologa. E sono in aumento negli ultimi anni: le donne hanno più coraggio.