il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2023
Biografia di Humphrey Bogart
Fumala ancora, Bogey. Humphrey Bogart è morto a 57 anni il 14 gennaio 1957: se l’è portato via un cancro all’esofago, e per chiunque l’abbia visto al cinema non stupisce. Prima, durante e dopo le Lauren Bacall (Il grande sonno e altri ancora), le Ingrid Bergman (Casablanca) e le Audrey Hepburn (Sabrina), al suo fianco c’erano loro, le bionde. “Fumare come un turco” a Hollywood e dintorni si traduceva “fumare come Bogart”: la sigaretta per estensione attoriale, tensione, ehm, aspirazionale, protesi mitizzante. Dopo aver asservito il grande schermo, Humphrey innestò il vocabolario, sicché bogey è divenuto slang per sigaretta. Il fumo uccide, e lo ucciderà, ma non prima di aver contribuito tiro dopo sbuffo, voluttà dopo volute a farne interprete larger than life, dio tra i divi, emblema della Settima Arte: ci sono gli attori, ci sono i grandi attori, ci sono i grandi attori che sono grandi star, e poi c’è Humphrey Bogart. Metodista in assenza di metodo, tabagista tra film e realtà, alle bionde ci arriva sul set, complice un monologo – ha ricordato il producer Rob Long – lungo e, temeva, straordinariamente noioso. Come renderlo appetibile per lo spettatore? Bogey suggerì di piazzare “due cammelli che scopano” sullo sfondo, il regista preferì dargli un pacchetto di sigarette, affinché ogni due battute movimentasse l’attenzione, prendendo, accendendo e sfumacchiando. Smoke Gets in You Eyes, appunto. Lui e Bacall, la coppia più glamour di Hollywood: due cuori e una stecca. Marlene Dietrich, con la bionda che ipnotizza tra le dita lunghissime. Nemico pubblico, con la pistola fumante di James Cagney e la sigaretta fumante di Jean Harlow: pari e patta. Tra anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, l’i m m a g i n ario collettivo assume nicotina senza soluzione di continuità, e Bogey è il collettore eletto: ricorderete Ca sablanca, ma che dire del successivo La fuga (Dark Pass a ge s, 1947) in cui il suo Vincent si sottopone a plastica facciale, passa la convalescenza come una mummia, ma non rinuncia a infilarsi in bocca tra una benda e l’a ltra una sigaretta? La dipendenza fatta imago mortis – e diagnosi incipiente: cenere alla cenere. Per i personaggi, meglio, “i l” personaggio che porta davanti alla macchina da presa la bionda è perfetta: non è attiva come una pistola, ma ancorché passiva è abbastanza aggressiva per adombrarla, e quell’anti eroe di Bogey se ne serve splendidamente, un po’ annoiato e un po’ di più artato. Gliene viene plastica forza nella finzione, e infida debolezza nella vita: la sua quarta, ultima e più iconica moglie, Lauren Bacall, avrebbe ricordato nell’au t ob i og ra fi a By Myself come il cancro l’avesse ridotto a una larva, irriconoscibile agli occhi dei suoi stessi amici. Ma la morte non ha mai annichilito, bensì alimentato il mito: l’American Film Institute lo issò sulla vetta degli attori più leggendari di sempre; Raymond Chandler con qualche probabilità sostenne che “l’unica cosa che deve fare per dominare la scena è entrar vi”; Ernest Hemingway gli attribuì “il volto d’uo m o più interessante che abbia mai conosciuto”. FASCINO A PERDERE, “vissu – to” per participio presente, g ra v it as per segno particolare, insieme a quella cicatrice che gli appiccica addosso l’inconfondibile blesità. Ora, la sua biografia gli studios l’hanno manipolata pesantemente, arrivando a posporre – o anticipare – la data di nascita perché coincidesse col Natale (25 dicembre 1889), ma anche su quel taglio sul labbro superiore foriero di icasticità le bionde potrebbero aver avuto un ruolo. C’è chi lo rubrica incidente d’infanzia, e chi pigiando sul pedale della spettacolarizzazione chiama in causa la guerra, la Prima Mondiale, in cui Bogart servì: il labbro sarebbe stato colpito da una scheggia, allorché l’Us s Leviathan venne bombardato, oppure offeso con le manette dal prigioniero destinato alla prigione navale di Portsmouth che gli aveva chiesto una sigaretta. Prediligiamo la seconda: l’a cc e n d i a m o? Ha fatto Gli angeli con la faccia sporca, Il mistero del falco,Acque del Sud,Il tesoro della Sierra Madre, domiciliandosi a propria immagine e somiglianza nella nostra enciclopedia di genere: come l’attaccante che da solo fa reparto, Humphrey Bogart ha fatto di sé stesso genere, unico e irripetibile. La voce bassa e nasale, il borsalino e l’i m p e r m e abile, gli omaggi del Woody Allen di P r ovaci ancora, Sam (1972) e prima di Jean-Luc Godard, con Jean-Paul Belmondo che lo prende a modello in Fino all’ultimo respiro (1960), Bogey incarnò l’americano del proprio tempo, ergendosi a paladino eterodosso di un Paese intero contro i nazisti, e l’attore di ogni tempo, non solo sineddoche ma epitome di Cinema. Lo celebriamo, su tutti, nel propagandistico Ca sab la nc a (regia di Michael Curtiz, 1942), che famosamente il suo Rick così chiudeva: “Louis, I think this is the beginning of a beautiful friendship”. Ma non si inaugurava unicamente una bella amicizia, si proseguiva una perniciosa dipendenza: il senso di Humphrey Bogart per le bionde. @ fpontiggia1 © RIPRODUZIONE RISERVATA Volto noir Nacque il 25 dicembre 1899.