il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2023
Vincenzo De Luca, Che Guevara mancato
In quell’interregno inquietante e a se stante che fu il 2020 durante il lockdown, accadeva di tutto. Persino vedere pagine social, mediamente frequentate e vagamente di sinistra, che per collezionare like e retorica celebravano Vincenzo De Luca neanche fosse il nuovo Che Guevara, per il semplice fatto che lo sceriffetto allora 71enne – coi consueti modi gradevolissimi e uterini – inveiva sguaiatamente contro Meloni, Salvini, no-vax e derivati. Uno spettacolo così penoso da indurti a pensare che, se la scienza e la sinistra erano rappresentati da uno così, ti veniva quasi voglia di diventare terrapiattista e franchista.
De Luca è l’ennesima anomalia della politica italiana: fa parte della sinistra, ma non ha niente di sinistra. E viene spacciato da troppi per comico, quando l’unica cosa che di lui fa ridere è l’imitazione di Crozza, che ha però anche il difetto di renderlo (involontariamente) più famoso e meno antipatico. Questa versione sbiadita dei cattivi minori nei film di Sergio Leone, dove verosimilmente avrebbe interpretato (male) qualche sgherro freddato da Clint Eastwood alla prima scena, si è di recente scagliato contro Bianca Berlinguer e Mauro Corona. Pratica contenutisticamente lecita, e ci mancherebbe altro: oltretutto, quando non piaci a uno così e non sei né pazzo né fascista, nove volte su dieci sei nel giusto. Il punto è la maniera con cui De Luca ha espettorato il suo disgusto. Anzitutto ha presenziato alla presentazione dei nuovi palinsesti Rai in Campania, e già qui non si capisce a quale titolo (o forse si capisce benissimo, e si spiega pure tutto quell’atteggiamento sussiegoso e servile di molti cronisti nei suoi confronti). Poi, con la sua parlata roca da Don Lurio convinto d’esser Lee Van Cleef, ha insultato Cartabianca. “Avete tirato questa sòla a Mediaset con la Berlinguer”. Ohibò: ’sto giuggiolone è pure critico televisivo? Chissà. E magari è pure convinto d’essere fortissimo in tivù. Come no: De Luca in tivù è un disastro. Funziona (?) solo in quei monologhetti biliosi e monocordi che vomita ogni settimana in tivù-monolocali, nobilitato da scenografie che talvolta paion quasi loculi di lusso. De Luca fa monologhi e rifugge il confronto perché non sa smontare (se non col dileggio) le argomentazioni altrui. Sta al talk-show come Cruciani agli shampoo, ma evidentemente si è circondato di yes-man così azzerbinati da avergli fatto credere di valere come retorica Cicerone. De Luca ha poi insultato Mauro Corona: “Pensare di non vedere più quel Neanderthal, quel troglodita vestito come capraio afghano, cammelliere yemenita, sto male a non vedere più quell’immagine di raffinatezza”. È semplicemente meraviglioso come De Luca arrivi pure a insultare gli altri per l’aspetto fisico e l’ineleganza. Verrebbe da dire che se Corona è un Neanderthal, De Luca è la prova vivente del fallimento più totale delle teorie darwiniane, ma sarebbe una battuta alla De Luca. Com’è che questo Paese ha raggiunto una schizofrenia e uno sputtanamento tali da celebrare e riverire un simile “politico”? A lui è concesso tutto: le indagini non contano; gli attacchi ai giornalisti sono “buffi”; gli inviti a “fare clientela” rientrano nel personaggio; lo strapotere in Campania va bene così; i colpi sotto la cintura a Schlein, Misiani, Camusso, Berlinguer, Corona eccetera vanno tollerati, perché “lui è così e in fondo fa ridere”. Ma ridere chi? Ridere cosa? Se milioni di italiani non riescono a votare Pd, è anche per gente come De Luca, che Elly Schlein deve osteggiare e isolare in ogni modo lecito. Regalandogli, già che c’è, anche uno specchio. Possibilmente non foderato in ghisa cafonal di contrabbando.