il Giornale, 11 luglio 2023
Il ritorno del colera
Sembrava una malattia morta e sepolta, invece il colera torna dopo 50 anni, con un caso in Sardegna. Un uomo di 71 anni di Arbus è ricoverato da sei giorni nel reparto di malattie infettive dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari. Le sue condizioni sono stabili ed è in miglioramento ma la diagnosi ha lasciato esterrefatti tutti.
Sconosciuti al momento il luogo e il giorno in cui ha contratto la malattia: l’anziano soffre di patologie cardiache e non avrebbe fatto recentemente viaggi all’estero. Ha accusato i primi sintomi circa un mese fa e questo elemento rende difficile stabilire il momento esatto del contagio. Sono in corso da parte dei medici gli accertamenti epidemiologici sui familiari che vivono nella zona del Medio Campidano e che al momento non accusano alcun sintomo: si attendono però i risultati dei test a cui sono stati sottoposti. L’emergenza è scattata martedì, quando l’anziano è arrivato all’ospedale di Is Mirrionis dopo un ricovero in un’altra struttura sanitaria: accusava disturbi gastrointestinali e dopo alcuni trattamenti non aveva avuto alcun miglioramento. A quel punto si è fatta avanti l’ipotesi del batterio e sono stati avviati gli accertamenti con il conseguente trasferimento nel reparto di Malattie infettive del Santissima Trinità. È scattato il protocollo previsto in questi casi, anche se ancora non c’era la certezza che si trattasse di colera. La conferma è arrivata poco dopo: vibro cholerae. Dai laboratori non usciva una diagnosi del genere dal 1973 quando, tra agosto e ottobre, furono diagnosticati 278 casi tra Campagna, Puglia e Sardegna.
«Niente allarmismi, ma certamente non è una buona notizia» commenta Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.
La situazione, secondo la Asl di Cagliari, non desta preoccupazione. Quello scoperto appare un caso isolato ma sono già scattate le procedure per tracciare eventuali altri casi e isolare per tempo la diffusione del batterio.
Non si è esclude che l’uomo possa essersi contagiato dopo aver mangiato frutti di mare crudi. Ma la risposta definitiva arriverà solo tra qualche giorno, quando l’Istituto superiore di sanità avrà terminato le analisi sulla coltura del batterio e ne isolerà i fenotipo. Intanto, col coordinamento dell’assessorato regionale alla Sanità è scattato il protocollo affidato al servizio di Igiene e sanità nella Asl di Sanluri, territorio da cui proviene il pensionato. «Saranno verificate la salubrità degli ambienti di vita e di lavoro della persona» spiega il direttore generale della Asl di Cagliari, Marcello Tidore. Solo una volta individuato il sierotipo, si potrà capire se il ceppo di colera è di quelli «innocui» o di quelli che potenzialmente possono provocare un’epidemia. Nell’attesa «vogliamo lanciare un appello alle persone» spiegano all’Asl. «Attenzione, consumate preferibilmente cibi cotti, verificate che l’acqua che utilizzate sia potabile e se proprio dovete consumare cibi crudi, verificate che i frutti di mare siano tabulati e che il pesce sia abbattuto, se proprio va consumato crudo. Il batterio transita nell’acqua». Ovviamente una frase del genere, un po’ di preoccupazione la provoca in una Sardegna in piena stagione turistica, con i ristoranti pieni e i menù dei locali più chic composti in gran parte da pesce crudo.
Alcuni studi scientifici hanno collegato l’attività del plancton di cui si nutre il vibrione a un aumento della temperatura del mare» spiega lo specialista. L’attività planctonica, quindi del vibrione, si moltiplica e a quel punto può colonizzare e infettare, ad esempio, i frutti di mare. Oppure, in Paesi come quelli del Sudest asiatico, la diffusione si deve alla mancanza di sistemi fognari adeguati, che favorisce il terreno in cui il batterio si moltiplica.
«Il sintomo classico è una diarrea profusa. Si arriva anche a 30-40 scariche al giorno - spiega Goffredo Angioni, primario di Malattie Infettive a Cagliari - Poi si può avere anche qualche episodio di vomito, mentre generalmente non si ha febbre». Il colera può essere anche asintomatico. «Nei Paesi dov’è endemico - essenzialmente India e Sudest asiatico - tre casi su quattro non sono sintomatici.