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 2023  luglio 10 Lunedì calendario

Quanto pagano di tasse i taxi

La curiosità di guardare nel portafoglio altrui per sapere quanto guadagna ce l’abbiamo tutti, soprattutto per sapere se paga meno tasse di noi. Un dato ovviamente blindato dalla legge sulla privacy. Ci accontenteremmo di conoscere almeno i redditi per categoria professionale. Ma anche qui è complicato perché quelli tratti dalle dichiarazioni dei redditi non sono pubblicati sul sito internet del Dipartimento delle finanze. È una scelta che il Mef fa per prudenza: siccome i dati a disposizione del ministero sono riferiti ai settori di attività per codice Ateco, il rischio è che le informazioni siano parziali. L’attività svolta potrebbe avere un perimetro maggiore di quello rilevato e difficile da circoscrivere (società di diversa natura o associazioni di professionisti). Ciò detto, Dataroom è riuscito a ottenere in tutta trasparenza i redditi medi dichiarati dalle categorie di professionisti e lavoratori autonomi più diffuse, dai tassisti ai ristoratori fino ai dentisti. È importante conoscerli perché, incrociandoli poi con le ultime dichiarazioni dei redditi Irpef di tutta la popolazione, si capisce chi paga le tasse in Italia e quanto.
Chi paga cosa Partiamo dalla dichiarazione dei redditi Irpef 2022 (anno d’imposta 2021), aggiornata al 26 maggio 2023, e consideriamo chi ha pagato almeno 1 euro di tasse: sono 31,3 milioni di italiani che in totale hanno versato 156,9 miliardi di euro. Nel dettaglio: 78,6 miliardi sono stati pagati da 17,5 milioni di dipendenti (al netto delle detrazioni d’imposta dell’ex bonus Renzi che vale 14 miliardi); 50 da 10,7 milioni di pensionati; 23,3 da 1,6 milioni di autonomi; 5 da 1,5 milioni classificati come «altri». Se facciamo una proporzione tra le somme versate e il numero di teste, capiamo che c’è una correlazione: il 56% dei dipendenti paga il 50% di tasse; il 34% dei pensionati il 32%; il 5% della categoria «altri» il 3%. Gli unici a discostarsi sono gli autonomi che versano più tasse rispetto al loro peso come popolazione: il 5% paga il 15%. Un risultato che può sorprendere: anche gli ultimi dati del «Rapporto annuale sull’evasione fiscale» firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti mostrano che la propensione a non pagare l’imposta sui redditi delle persone fisiche per il lavoro autonomo e d’impresa è al 68,3%. Vuol dire che ogni 3 euro da pagare ne vengono evasi 2, pari a 32 miliardi di euro l’anno (2019). Com’è possibile?
Le tasse versate dagli autonomi Approfondiamo. Degli 1,6 milioni di autonomi, 173.657 dichiarano un reddito sopra i 100 mila euro e versano 12,3 miliardi; 516.564 fra i 35 e 100 mila euro e versano 8 miliardi; 954.702 stanno sotto i 35 mila euro e versano 2,85 miliardi. Anche qui, per capire meglio è utile rapportare il numero di teste ai 23,2 miliardi versati dall’intera categoria: l’11% paga il 53% delle imposte, il 31% paga il 35%, mentre il 58% paga il 12%. Scopriamo così che all’interno degli autonomi i più ricchi contribuiscono molto, mentre sotto i 35 mila euro c’è un buco nero. È previsto dalla Costituzione (art. 53), ed è un principio sacrosanto, che le imposte siano progressive rispetto al reddito, ma sotto i 35 mila euro la differenza tra il numero dei contribuenti e la somma versata è troppo ampia per non pensare che in questa fascia si concentri una fetta importante di reddito non dichiarato.
Chi dichiara meno di 35 mila euro Chi sono gli autonomi che dichiarano meno di 35 mila euro? Il 9% sono professionisti con Partita Iva, il 41% imprenditori con ditte individuali e il 50% soggetti che partecipano a società (srl, snc). Dunque il 91% sono artigiani e commercianti iscritti alla Camera di commercio come i tassisti, gli idraulici, gli elettricisti, gli edili, i falegnami, i baristi e i ristoratori. Vediamo allora quanto dichiarano per residenza anagrafica in alcune città capoluogo. L’anno di riferimento considerato è il 2019, perché è quello più pulito, senza strascichi da pandemia Covid. Sono redditi lordi, tolte le spese (acquisto dei materiali per svolgere l’attività, oppure l’ammortamento dell’auto e della licenza, il carburante ecc.).
Le dichiarazioni per categoria I tassisti dichiarano a Milano 20.107 euro, a Bologna 14.461, a Roma 15.809 e a Napoli 9.833.
I ristoratori: a Milano 20.268, a Bologna 20.666, a Roma 18.366 e a Napoli 19.286.
Gli elettricisti: a Milano 32.521, a Bologna 24.794, a Roma 31.869 e a Napoli 22.692.
I geometri: a Milano 52.067, a Bologna 31.678, a Roma 39.063 e a Napoli 27.858.
I dentisti: a Milano 77.820, a Bologna 49.812, a Roma 71.164 e a Napoli 40.368.
Gli ingegneri: a Milano 78.833, a Bologna 59.097, a Roma 59.977 e a Napoli 56.625
Gli avvocati: a Milano 112.040, a Bologna 91.318, a Roma 75.031 e a Napoli 62.232.
I commercialisti: a Milano 111.186, a Bologna 70.852, a Roma 79.031 e a Napoli 46.018.
Alle cifre dichiarate vanno tolti i contributi previdenziali (circa 5.000 euro), le detrazioni da lavoro, il 19% di spese mediche, interessi sul mutuo per la prima casa, la scuola dei figli, la ristrutturazione dell’abitazione, ecc. Se, come i tassisti e i ristoratori a Milano, si parte da 20 mila euro, calcolando che sui primi 8.174 euro nessuna tassa è dovuta, alla fine al fisco viene versato poco più di mille euro, ma anche niente se uno è titolare di una previdenza integrativa.
Quanti dichiarano, ma non versano A conti fatti i contribuenti che fanno la dichiarazione dei redditi, ma non versano nulla sono 10,5 milioni, proprio perché le deduzioni abbattono l’imponibile, mentre le detrazioni abbattono l’imposta. Divisi per categoria vediamo che il 26,3% sono autonomi, contro il 19% dei dipendenti e il 20,6% dei pensionati. Da questi calcoli sono fuori 2,1 milioni autonomi che l’Irpef non la pagano perché avendo spese basse gli conviene il regime forfettario di Flat tax al 15%. Il dato complessivo di quanto hanno versato nell’ultima dichiarazione però non è disponibile.
Gli esentati per leggeInfine c’è un intero settore che, indipendentemente dal reddito, dal 2017 è esentato per legge dal pagamento dell’Irpef, ed è quello degli imprenditori agricoli, viticoltori, allevatori, pescatori. Sono escluse le società per azioni. L’esenzione, inizialmente giustificata come misura di sostegno temporaneo a fronte di un momento di crisi congiunturale del settore, è stata poi di anno in anno prorogata, fino al 2023, con l’ultima Legge di bilancio. L’andamento della produzione negli anni in esame non risulta però particolarmente negativo, o quanto meno non peggiore rispetto ad altri settori dell’economia (come da relazione Cnel del settembre 2022), e va considerato che l’azienda agricola percepisce i contributi europei.
Il danno provocato dagli evasoriIn conclusione: l’85% dell’Irpef oggi in Italia la pagano i dipendenti e i pensionati. Questi risultati vanno di pari passo con l’inchiesta di Dataroom del dicembre 2021, svolta insieme con il Centro studi «Itinerari previdenziali» di Alberto Brambilla, che mostra come in sostanza poco più del 13% dei contribuenti compensa anche le spese primarie del resto della popolazione. Nessuno intende puntare il dito contro gli autonomi e tantomeno generalizzare: fra chi dichiara redditi bassi ci sono persone che sono effettivamente con l’acqua alla gola, ma è fuori discussione che dentro a quelle categorie si nascondono troppi evasori fiscali che non pagano le imposte in base alla loro reale capacità contributiva, ma beneficiano dei servizi di assistenza sanitaria, sociale e scolastica senza aver contribuito a pagarli. Sono loro a mettere le mani nel portafoglio dei contribuenti onesti, e con la protezione politica, che di fatto impedisce all’Agenzia delle Entrate di utilizzare strumenti automatici di controllo.