Corriere della Sera, 10 luglio 2023
I segreti di Maria Stuarda
La crittografia non l’hanno inventata WhatsApp e Telegram. Precede le guerre del Novecento, fredde o mondiali, con i loro giochi di spie. Si mandavano messaggi in codice già le corti rinascimentali. Decifrarli può cambiare l’interpretazione delle dinamiche storiche, farci scoprire retroscena taciuti dalle cronache ufficiali. Tre crittografi dilettanti, che si sono conosciuti online, hanno scovato – e decriptato – una serie di lettere di Maria Stuarda rimaste segrete per più di quattrocento anni. È la storia di copertina del settimanale del Financial Times.
All’inizio i detective per caso non sapevano che l’autrice dell’epistolario fosse la Regina di Scozia, acerrima rivale di Elisabetta d’Inghilterra che l’ha fatta decapitare nel 1587. È stato un altro dei misteri risolti dal trio: un impiegato dell’ufficio brevetti di Tokyo, un professore di musica tedesco e un ingegnere informatico di Tel Aviv. Nel 2021 il giapponese si imbatte, nell’archivio digitale della Bibliothèque Nationale de France, in una serie di missive del XVI secolo, prive di punteggiatura e fitte di simboli arcani.
Provengono da un volume miscellaneo, rilegato in pelle di capra, appartenuto a un nobile. Dovrebbero essere in italiano, ma gli appassionati non riescono a fare breccia. Provano allora il francese. Iniziano a carpire le prime parole. Tra quelle che ricorrono di più ci sono «la mia libertà» e «mio figlio». Sono così frequenti, deducono, perché stanno a cuore a chi scrive. Risalgono a Maria Stuarda, rinchiusa in carcere per 19 anni dalla cugina che la riteneva una minaccia per il trono; separata dal figlio Giacomo quando lui aveva solo pochi mesi. Passerà la vita a chiedere suoi ritratti.
Tutto torna. Dal 1583 gli inglesi avevano una talpa che trascriveva la corrispondenza tra Maria, prigioniera a Sheffield, e l’ambasciatore francese a Londra, Michel de Castelnau Mauvissière. Le costerà la vita. Sulla base dei messaggi intercettati, sarà giudicata parte di una congiura per assassinare Elisabetta e, quindi, giustiziata. Numerosi dei testi scoperti sono scambi con Castelnau, ma di un periodo precedente, a partire dal 1578.
Ognuno da casa sua, attraverso documenti condivisi, i tre hanno identificato 219 simboli grafici. Alcuni sono «omofoni», cioè equivalgono a una singola lettera dell’alfabeto. Altri sostituiscono intere parole: o, meglio nomi di sovrani, regni e città. Ci sono poi codici che danno istruzioni, per esempio dicono di ripetere il segno precedente o scavalcarlo. Non si possono scannerizzare, ma vanno copiati a mano prima di poterli processare con un algoritmo. Nel 2022, il trio rintraccia un secondo volume. Altre 28 missive. Della mole riportata alla luce, solo sette erano già note agli studiosi.
Uno storico di Cambridge ha aiutato a depurare la stesura originale dai refusi e a tradurre i passaggi meno chiari della lingua dell’epoca, il «francese medio» diverso da quello attuale. Affiora la psicologia di Maria, che sogna di riprendersi la corona di Scozia e negozia la sua liberazione. La vediamo disporre pagamenti ai servitori leali, adattare il tono all’interlocutore. È uno spaccato, dall’interno, di anni convulsi: passa da chiamare Elisabetta «cara sorella» a un freddo «questa Regina». Le pagine inedite potranno, forse, svecchiare la narrazione, di parte, del suo rapporto con la cugina. Sono state due donne di potere in un mondo di uomini, dove era pericoloso sposarsi quanto non farlo. Tre volte sull’altare Maria, mai (come noto) Elisabetta. Probabilmente, le uniche a potersi capire a vicenda. Ma a distanza.