la Repubblica, 9 luglio 2023
La doppia vita dei nazisti
Li chiamavano “lupi mannari”, werwolf, perché dietro l’aspetto presentabile conservavano l’anima delle belve. Non avevano dimenticato l’orrore di cui erano stati protagonisti: lo tenevano dentro, aspettando che tornasse la loro ora. Quando il Terzo Reich è crollato, all’inizio hanno pensato di proseguire la lotta con le armi. Poi è sorta la Guerra Fredda e hanno trovato nuovi nemici e altri modi per riscattare i vecchi camerati: progressivamente non hanno neppure sentito il bisogno di nascondersi e sono tornati a radunarsi tra reduci.
La Germania ha faticato ad affrontare l’eredità nazista. Salvo pochissime eccezioni, l’intero Paese aveva seguito Hitler e per questo sono stati adottati criteri di epurazione molto selettivi: soltanto artefici e carnefici dell’Olocausto sono stati considerati criminali da perseguire. Subito si è creata una distinzione, che è tuttora in voga nella destra, tra i gerarchi del Partito e gli uomini delle Waffen SS, equiparando questi ultimi ai “normali” combattenti delle forze armate. Non si è voluto guardare alla realtà, ancora più drammatica: in Italia come negli altri territori occupati erano stati militari di ogni tipo a commettere gli eccidi: Waffen SS, Wehrmacht, Luftwaffe. A ordinare le stragi di civili e a portarle a termine erano stati volontari e coscritti, soldati semplici e ufficiali. Questa responsabilità in qualche modo collettiva ha contribuito alla rimozione individuale della colpa, permettendo ai massacratori di dormire sonni tranquilli per decenni. Li ha aiutati la volontà dei governi occidentali di non infierire sulla Germania federale, tornata a essere un alleato fondamentale nella sfida con il blocco comunista: i fascicoli dei procedimenti aperti in Italia sono stati murati nel famigerato “armadio della vergogna”. E la sensibilità giuridica della magistratura ha spinto a punire soltanto le figure apicali, graziando chi aveva obbedito agli ordini, pur eseguendoli con compiaciuta crudeltà. Poi in mezzo secolo i valori etici sono cambiati e anche la giurisprudenza ne ha preso atto. L’innocenza di uomini come il capitano Erich Priebke, uno dei registi delle Fosse Ardeatine, è stata considerata inaccettabile. E agli inizi del millennio la procura militare di La Spezia, guidata da Marco De Paolis, ha realizzato un miracolo investigativo individuando – grazie soprattutto alle ricerche negli archivi di Carlo Gentile – e facendo condannare centinaia di aguzzini sopravvissuti nel silenzio. L’opera di giornalisti determinati come Udo Gumpel ha scosso le coscienze tedesche. Ma bisogna andare oltre. In questo momento infatti ricordare è doppiamente fondamentale. Perché, come i personaggi delle biografie scritte da Francesca Candioli in questo longform, sono tornati sulla scena europea partiti che non rinnegano quel passato di terrore, conservandolo nei loro simboli e nei loro slogan. Sono i nuovi lupi mannari, che aspettano il momento opportuno per gettarsi sul nostro futuro.È il 1969 e Klaus Konrad ha 55 anni ed è all’apice della sua carriera. Dopo tanti anni di militanza politica e una carriera da avvocato e notaio, è riuscito a conquistare uno scranno al Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Rappresenta i socialdemocratici dell’Spd, uno dei partiti più antichi di Europa, messo al bando da Hitler, e ancora oggi alla guida del Paese. La sua scalata politica però è minacciata dagli spettri della Storia. Da due anni gli inquirenti tedeschi gli stanno addosso. La Procura di Gießen lo ha inserito nel registro degli indagati e sta cercando di ricostruire il suo passato da nazista. Klaus Konrad nasce in una famiglia borghese e studia giurisprudenza a Berlino, ma a 18 anni è già nelle Sa, le prime squadre paramilitari ideate da Hitler. Nel 1937 supera l’abilitazione legale e si iscrive al partito nazista. Poco dopo viene chiamato alle armi e partecipa alla campagna di Francia, ma non molla gli studi e supera la selezione per diventare magistrato. Nel 1944 è in Italia, alla sezione comando del 274° reggimento fanteria della Wehrmacht. Il suo colonnello Wolf Ewert lo definisce come un giurista intelligente, versatile ed eloquente. Nel luglio del 1944 si trova a San Polo, sulle colline di Arezzo, ed è proprio il tenente Konrad ad ordinare di rinchiudere una cinquantina di persone, tra civili e partigiani, in una cantina a Villa Mancini. Qui i prigionieri vengono sottoposti a violenti interrogatori con pugni, calci, randelli e tubi di gomma, fino alla perdita dei sensi. Dopo diverse ore cominciano le fucilazioni a Villa Gigliosi: li obbligano a scavare grandi fosse comuni, poi li fanno allineare a scaglioni sul bordo e li uccidono con un colpo alla nuca. Una volta terminata l’esecuzione, i soldati mettono della dinamite accanto ai corpi e fanno esplodere tutto: hanno la certezza così che non ci saranno superstiti, né tracce delle torture.Dopo il 1945, Konrad rientra a casa e trova lavoro come assistente nello studio di un avvocato. È l’inizio di una lunga carriera in toga: prima avvocato, poi notaio e nel 1956 diventa amministratore distrettuale della circoscrizione di Eutin, città dove viene eletto nel Consiglio comunale. Nel 1949 si iscrive all’Spd, dirige la federazione locale del partito, poi l’ascesa: deputato al parlamento del Land e dal 1969 al Bundestag. I magistrati tedeschi non disturbano la sua ascesa. Lo assolvono, ritenendo che fosse presente solo alla prima fase della strage di San Polo con “omicidi semplici”: un reato prescritto per la giustizia federale. Il procedimento viene archiviato nel segreto nel 1972 e Konrad rimane al Bundestag fino al 1980. Non ha problemi neppure dall’istruttoria aperta nel 1996 dal procuratore militare Marco De Paolis, perché l’identificazione dei responsabili dell’eccidio non ha sufficiente certezza: tutto archiviato nel 2000. Poco dopo la Procura di La Spezia acquisisce il vecchio fascicolo dell’inchiesta di Gießen e sulla base dei nuovi elementi raccolti è possibile riaprire il caso. Nel frattempo, nel 2004, i giornalisti Udo Gümpel e René Althammer rintracciano Konrad e l’intervistano per la trasmissione investigativaKontraste.Il servizio crea un scalpore, dato che Konrad è un politico noto. Lui ammette di aver assistito alle torture degli italiani e di non provare rammarico: «Non mi sono mai sentito colpevole: certo le persone erano impaurite, sapevano che quella sarebbe stata la loro fine e non posso negare che non siano stati picchiati. Fucilare 50-60 persone è una cosa che colpisce chiunque. Ma, una volta accertato che erano tutti partigiani, che cosa potevamo fare?» Non è vero: molte delle vittime erano civili. Alla domanda se si fosse pentito risponde: «Sì certo, ma solo perché gli italiani mi tengono sotto controllo». Dopo l’intervista, Konrad si dimette da tutte le sue cariche. Il 31 gennaio 2006, ormai 91enne, viene mandato a processo dai giudici di La Spezia. Solo allora il suo partito decide di sospenderlo in attesa del giudizio. Ma tra rinvii e interruzioni, Konrad non fa in tempo a vedere la fine del processo: il 15 agosto 2006 muore nel suo letto.3.Georg-Hennig H. von Heydebreck (Potsdam, 1903–Ahrensburg, 1976)Georg-Hennig von Heydebreck ha solo vent’anni quando l’8 novembre 1923 si schiera con altri cadetti al fianco di Adolf Hitler nel Putsch di Monasco contro la Repubblica di Weimar. Il primo tentativo di prendere il potere fallisce, ma nel 1935 verrà premiato per il sostegno al Führer con una delle decorazioni più prestigiose del Partito nazista, pur non essendo iscritto. Una medaglia per la sua uniforme, molto imbarazzante da giustificare quando nel 1947 verrà valutato dalle commissioni di denazificazione: si scuserà, sostenendo di non essersi reso conto di aver partecipato a un’azione illegale e di aver ricevuto l’onorificenza senza averla richiesta. La Germania gli crederà e il procedimento verrà archiviato. Ma, per tutta la vita, Heydebreck porterà un altro segreto con sé. Erede di una famiglia prussiana di proprietari terrieri e ufficiali, ha la carriera militare nel sangue: partecipa nel 1940 all’invasione della Francia, poi a quella dell’Urss. Nel 1943 diventa colonnello e nell’aprile del 1944 si trova in Toscana, dove gli viene assegnata il comando di un reggimento panzer della divisione Hermann Göring. Ed è proprio in Italia che Heydebreck partecipa a diversi rastrellamenti di civili e partigiani, come quello di Vallucciole, una piccola frazione in provincia di Arezzo. Dopo alcuni scontri con la resistenza, qui il 13 aprile 1944 i tedeschi decidono di fare terra bruciata: sono Heydebreck e i suoi uomini a dare inizio alla carneficina. A Vallucciole e dintorni vengono massacrati oltre cento civili, la metà dei quali donne. Alcuni vengono rinchiusi nelle loro case e mitragliati, altri messi al muro o bruciati vivi. Nessuno sopravvive al massacro. Fra le vittime c’è Angiola Gambineri, rinvenuta nascosta dietro a un armadio con il suo bimbo di due mesi: li hanno uccisi con un colpo al petto. Le violenze sono talmente gravi da smuovere anche Mussolini in persona, che chiede spiegazioni all’ambasciatore tedesco. La Wehrmacht avvia un’indagine, ma i fatti vengono dissimulati e minimizzati.Quando finisce la guerra Heydebreck è in ospedale per i postumi di un ferita: in Baviera viene fatto prigioniero dagli americani, ma poco dopo torna libero e può cominciare una nuova vita. Nel 1948 apre un impianto di vulcanizzazione di pneumatici, poi trova un lavoro nella fabbrica automobilistica Daimler Benz. Ma la carriera militare gli manca e così si arruola nel Bundeswehr, l’esercito della Repubblica federale, dove gli vengono riconosciuti i gradi di colonnello. Nel 1956 si dedica alla politica, iscrivendosi alla Cdu, il partito democratico cristiano di cui farà parte anche Angela Merkel. Segue le orme del fratello avvocato Claus-Joachim che, oltre ad aver aiutato l’ex maggiore delle SS Walter Reder nella sua difesa al processo del 1951 a Bologna, è diventato un uomo di punta della Cdu: presidente del Parlamento regionale del suo Land, poi ministro dell’Istruzione e dellaGiustizia. Nessuno ha mai cercato Heydebreck per il suo passato: morirà con il suo segre to nel 1976.4.Max Adam Saalfrank (Baviera, 1911– 1993)Figlio di un carpentiere, dopo la scuola media viene assunto come apprendista tipografo in un piccolo quotidiano locale. Nel 1939 si iscrive al partito nazista e lavora nel giornale Bayerische Ostmark, organo regionale ufficiale del partito. Entra nelle SS e si converte al gottgläubig: una religione, ispirata dal Reich per affrancarsi dalla Chiesa cattolica o protestante, che sosteneva l’esistenza di un essere superiore. Nel 1934 viene subito istruito alla violenza e fa parte delle guardie del campo di concentramento di Dachau. Con il suo reparto partecipa alla Notte dei lunghi coltelli, la resa dei conti tra corpi armati hitleriani, eliminando armi alla mano i rivali delle Sa, l’originario servizio d’ordine del partito. Saalfrank per diversi anni porta lo stemma del teschio sulla divisa, diventando sottotenente nei reparti corazzati Totenkopf, Testa di morto.All’inizio dell’estate del 1944 è in Italia ed è al comando della 5a compagnia del battaglione esplorante guidato Walter Reder della 16a divisione di fanteria meccanizzata Reichsführer SS. È un ufficiale di assoluta fiducia, e Reder lo nomina come suo sostituto durante l’eccidio di Monte Sole. È lui a dirigere, direttamente in campo, la strage che porterà all’uccisione di circa 770 civili in pochi giorni nel cuore dell’Appennino bolognese. Per aver partecipato a diverse azioni, come quella di Monte Sole, riceve un’altissima decorazione su proposta dello stesso Reder: la croce tedesca in oro. Finita la guerra, di lui si perdono le tracce. In qualche modo torna a casa, come gran parte dei nazisti che, dopo il conflitto, rientrarono nelle loro città d’origine. Saalfrank non si fece mai riconoscere, pur non avendo cambiato nome. Tornò in Baviera, e molto probabilmente visse proprio lì. Nessuno lo ha mai cercato e ha potuto trascorrere una vita nell’ombra fino alla morte, avvenuta nel 1993 in una piccola città termale della Baviera.5.Franz Schmidt (Bassa Sassonia, 1915–Amburgo, 1971)“Can’t you see the witch, can’t you see the witch by my side”. Stanno finendo gli anni ’60 e questo è il ritornello diThe Witch,un singolo che spopola tra la beat generation tedesca. È passato alla radio per la prima volta nel 1968, e a cantarlo sono i The Rattles, l’unico gruppo locale che ha avuto l’onore di esibirsi allo Star Club di Amburgo, la mecca del rock che ospita solo star internazionali. Da quel momento la loro fama è cresciuta, per tutti sono diventati i Beatles tedeschi e vengono contattati dai veri Beatles per aprire i loro concerti. Ma è nel 1970 che il loro nome attraversa l’oceano, proprio con il singolo The Witch, diventando una delle cento canzoni più ascoltate e vendute negli Usa in quel periodo. Dietro il successo planetario dei The Rattles, c’è un musicista tedesco: Franz Schmidt-Norden, cacciatore di talenti per l’etichetta Ariola Records, poi inglobata dalla Sony. Per ora ha già arrangiato le canzoni di tantissimi gruppi locali, ma il botto lo ha fatto con i The Rattles. È lui a scoprirli e a fargli registrare i primi dischi, diventando di fatto uno dei produttori più famosi in Germania.Nessuno sospetta che Schmidt-Norden sia un criminale di guerra. La sua storia comincia anche in questo caso dalla musica. Quando Hitler sale al potere nel 1933, Schmidt ha 18 anni ed è nella banda musicale della marina militare. Nel 1941 fa un salto di carriera e diventa il direttore d’orchestra per il quartier generale delle Waffen-SS di Berlino, pur non essendo iscritto al partito nazista. È un punto di svolta: in questo nuovo ruolo Schmidt ha la possibilità di sviluppare un programma di musica classica molto ambizioso. Durante un concerto alla Berliner Philarmonie fa eseguire la quinta sinfonia di Anton Bruckner e si vocifera che Herbert von Karajan lo abbia lodato pubblicamente per la sua bravura. Schmidt è infatti diventato in poco tempo uno dei giovani direttori d’orchestra più apprezzati nella Germania nazista. La guerra però ha bisogno di soldati e nel 1944 viene mandato al fronte in Italia con la 16a divisione di fanteria corazzata Reichsführer SS e i gradi di capitano. Si ritrova a essere l’assistente del maggiore Helmut Looß, al comando della lotta antipartigiana. All’alba 29 settembre 1944 è alla Creda, una piccola frazione di Monte Sole, sull’Appennino bolognese, alla guida di una squadra d’assalto intenzionata a fare terra bruciata. Dopo aver radunato una novantina di persone nell’aia di una grande casa colonica, li fa andare tutti sotto il porticato di una stalla e piazza una mitragliatrice su un carro agricolo. Passano dai 20 minuti alle due ore, come riportano i pochi sopravvissuti, poi il musicista diventato capitano dà l’ordine: “Aprite il fuoco!”. Dopo le raffiche, i suoi soldati lanciano bombe a mano sulle persone e ad alcune sparano alla nuca: ne ammazzano 69, tra cui Valter Cardi, un neonato di soli 14 giorni. Per questa e altre operazioni, Schmidt riceve la croce di ferro di seconda classe e qualche settimana più tardi rientra in Germania per riprendere la direzione della sua orchestra. Finita la guerra, viene sottoposto al processo di denazificazione, ma il suo profilo non è ritenuto pericoloso: sembra solo un musicista. Schmidt continua la sua vita, senza neppure cambiare nome, aggiungendo però un secondo cognome: Franz Schmidt- Norden. Vive ad Amburgo e lavora per la Philips, ma la sua carriera impenna quando nel 1961 entra nell’Ariola Records, e poco dopo scopre i The Rattles. Nessuno ascoltando le canzoni di questo nuovo promettente gruppo tedesco, può immaginarsi che dietro al loro successo ci sia un uomo che ha fatto uccidere a sangue freddo decine di persone.6.Walter Reder (Freiwaldau, 1915 –Vienna, 1991)È il 24 gennaio 1985 e Walter Reder è appena atterrato in Austria all’aeroporto Graz-Thalerhof, grazie a un volo militare italiano. Ad attenderlo sulla pista di atterraggio c’è Friedhelm Frischenschlager, ministro della Difesa. Dopo oltre 30 anni di prigionia nel carcere di Gaeta, il maggiore delle Ss Walter Reder, che si è reso responsabile di alcuni tra i più sanguinosi massacri in Italia, torna a casa a quasi 70 anni. La stretta di mano con il ministro austriaco, che lo accoglie come un eroe, crea un caso internazionale e una crisi di governo. Reder trascorre i suoi ultimi anni di vita in Carinzia, riprende a frequentare i suoi vecchi amici durante i raduni di ex reduci delle SS e, come prima cosa, ritratta il suo pentimento. A pochi mesi dal suo arrivo in Austria, dichiara alla stampa che non deve giustificarsi di nulla e che le richieste di perdono e di scuse che aveva mandato alle vittime italiane erano state solo una mossa del suo avvocato.Sei anni dopo il suo ritorno, muore a Vienna il 26 aprile 1991: al suo funerale partecipa un pubblico molto numeroso, tra cui diverse ex SS e alcuni membri dell’estrema destra. Durante l’occupazione tedesca in Italia, Reder trasforma le operazioni contro i partigiani in una sequela di massacri controIl capitano Schmidt guidò il massacro a Monte Sole ma non ha pagato per i suoi orrori. E negli anni ’60 è diventato il produttore della rock band The Rattles