Corriere della Sera, 9 luglio 2023
Intervista a Giulia Valentina
Nella bella casa milanese di Giulia Valentina non ci sono sue fotografie. Nessuna traccia di narcisismo, di quella autoreferenzialità che ci si aspetta se ti seguono quasi un milione di persone solo su Instagram. Per la sua immagine, certo. Ma – soprattutto, si capirà – per quello che questa giovane donna di 32 anni decide di condividere: suggerimenti di letture (ha un suo bookclub), consigli per serie tv da non perdere (ha un suo programma su Sky), biglietti aperti che lascia ai suoi follower per non perdersi delle mostre. Poi anche la moda, certo. E il design. Ma tutto selezionato con la ponderatezza con cui sceglie anche le sue parole.
«Mi piace l’idea di dare il là – racconta —, avviando delle passioni. Avrei voluto fare la giornalista: ho studiato marketing a Parigi, all’American University of Paris, poi mi sono trasferita in Cattolica dove ho finito Economia. Quindi ho iniziato a scrivere degli articoli, di cui adesso mi vergogno. Ma me li ricordo proprio tutti».
Se non fosse andata come è andata, oggi sarebbe una giornalista?
«Penso avrei potuto sviluppare la mia carriera nel giornalismo o nel marketing, che adoro: mi piace raccontare i prodotti che mi colpiscono».
Aveva iniziato a farlo proprio su Instagram.
«Ma quando cominciavo ad avere un seguito, ho chiuso il profilo perché dovevo laurearmi e volevo fosse la mia priorità. Niente distrazioni».
Sui social le cifre tonde di follower si festeggiano con brindisi e palloncini. Lei, a quota 100mila, ha salutato tutti. Dopodiché è ripartita da zero, ma una storia importante (con Fedez) ha dato il booster: avrebbe potuto capitalizzare. Non lo ha fatto.
«Non mi interessava la visibilità ma che piacessero le mie idee. Quando hanno iniziato a contattarmi i brand è stato emozionante. Sapere che c’erano aziende disposte a puntare sulla mia creatività mi rendeva orgogliosa. La mia comunità è nata così».
Solo dopo ha capito che quella comunità rappresentava la base del suo lavoro.
«Il numero di persone che mi segue è cresciuto piuttosto lentamente e questa cosa mi aiuta: se mi seguono è perché mi conoscono. Però sento la responsabilità che si ha quando parli a così tante persone. Ma credo ci sia anche una responsabilità da parte del pubblico che deve avere chiaro dove si informa. Detto questo, io voglio dire le cose giuste, ecco. Il seme della violenza si nasconde nella parole».
Non tutti gli influencer ponderano ogni cosa così.
«Dipende anche dai temi che tratti. Non sono dell’idea che ci si debba esporre su tutto perché non è sempre così importante l’opinione anche di chi ha un grande seguito. Bisogna selezionare le cose di cui parlare. C’è anche chi parla solo della propria vita sui social: va benissimo, ma non fa per me. A volte mi domando se avere un pubblico faccia evolvere o blocchi, terrorizzi».
Nel suo caso?
«Io penso mi abbia fatto bene. Mi ha migliorata nella misura in cui mi rendo conto che si aspettano che io sia un certo tipo di persona: questo mi ha spinta a pensare a quello che dico, a verificare le informazioni, al modo in cui mi esprimo. Anche limitarsi, ti migliora».
Si limita anche nel numero di persone che segue: solo una. Perché?
«So che potrebbe sembrare antipatico, del tipo: io sono interessante ma a me non interessa nessuno. In realtà ho sempre pensato fosse importante dividere la mia vita personale dal mio lavoro. Se vuoi sapere chi è qualcuno vai anche a vedere chi segue: chi sono i suoi amici. Io non ne ho moltissimi: non voglio sottoporre loro e il mio fidanzato, che non ho mai nominato nonostante ci stia da sette anni, a delle dinamiche che fanno parte del mio lavoro».
Una influencer riservata. Possibile?
«Sono molto attenta, non perché abbia qualcosa da nascondere. Nel mio profilo metto la mia creatività: non è uno specchio della mia vita privata. Non sono un personaggio ma è un po’ come se sui miei profili facessi una performance: non voglio pensare che se mi lascio con il mio fidanzato debba poi spiegarlo ai follower. Può essere interessante parlare di relazioni, sì, ma non scendo nei dettagli della mia storia».
Per questo il suo fidanzato è anonimo?
«Certo, non voglio essere un’ombra gigante su di lui. Nemmeno i miei amici sono interessati a finire nelle mie storie o nei miei post per visibilità: ho fatto una bella selezione».
Se un giorno dovesse avere figli anche loro non finiranno sui suoi social?
«È una domanda che mi sto facendo ultimamente, un bel dilemma: apprezzo moltissimo guardare le coppie su Instagram e certi bambini. Ma devo fare i conti con me stessa e come vivo questa cosa. Valuterò. Ma so per certo che ci penserò per mesi, non dormendoci la notte».
Chi è la signora che segue?
«È una pagina che racconta delle storie di lumache che questa signora fotografa. È come fosse uno scherzo. Che poi lei l’ho anche conosciuta: si è fatta quattro ore di macchina per raggiungermi a Los Angeles un giorno, un po’ sconvolta da quel seguito inatteso. Ma il ragionamento che c’è dietro è rispondere a chi va a cercare chi sia questo unico contatto che seguo per capire qualcosa di me, dicendo loro: mi spiace, ma non posso soddisfare questa curiosità».
Influencer riservata e pure filosofa.
«Non voglio sembrare superba, io ho un profilo anonimo, chiuso, da cui seguo tante persone. So che sono passi che complicano un po’ le cose ma spero che salvaguardino i miei rapporti, la mia vita personale».
Come era da bambina?
«Mi divertivo a fingere di condurre Chi l’ha visto? o il tg con mia sorella. Ero un po’ una performer ma risultavo anche molto chiusa. In fondo come adesso».
Come sono i suoi genitori?
«Mio papà mi manda la lista delle cose interessanti che dico. Vive a Torino mentre mia mamma si è trasferita da anni alle Canarie: mi ha fatto piacere che una donna, da sola, abbia preso questa decisione. È un bel messaggio».
Emancipazione femminile. Un tema a lei caro, vero?
«Ho un pubblico prevalentemente femminile: io ricordo a tutte che non abbiamo bisogno di qualcuno per stare bene. Ci tengo molto ed è anche il motivo per cui quando ho deciso di spostarmi in questa casa, più bella rispetto a quella in cui stavo, non ho voluto iniziare a convivere. Mi dava troppo fastidio che passasse l’idea che questo salto era possibile grazia a una convivenza. Questa è casa mia, andremo a convivere in futuro. Tanto per me il mio fidanzato è già il padre dei miei figli, lo so. Ma ho fatto la scelta giusta prendendo una casa mia: è quello che voglio comunicare e chi voglio essere».
Come mai ha escluso il cognome dal suo lavoro?
«Perché coinvolgere la mia famiglia in questa cosa? Mia sorella è comparsa sui miei social solo quando si è laureata: non volevo interferire nella sua vita. Ho un forte pensiero sull’identità e non voglio che la mia sovrasti nessuno».