La Stampa, 9 luglio 2023
Siamo pieni di debiti
L’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa all’inflazione riducono il reddito disponibile e mettono in difficoltà i clienti delle banche nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti al punto che a marzo il totale delle rate non pagate da quasi un milione di italiani sfiorava i 15 miliardi di euro. In pratica come una mezza manovra o se vogliamo il doppio del costo del reddito di cittadinanza prima versione. Complessivamente, segnala uno studio del sindacato dei bancari Fabi, i crediti deteriorati delle famiglie sono arrivati a toccare quota 14,9 miliardi: in dettaglio si tratta di 6,8 miliardi di mutui non pagati, di 3,7 miliardi di finanziamenti legati al credito al consumo non rimborsato e di 4,3 miliardi relativi ad arretrati di altri prestiti personali.Dei 14,9 miliardi totali più di un terzo, 5,7 miliardi di euro, sono già state classificati come sofferenze, cioè credito che la clientela non rimborserà più. Oltre a questi ci sono altri 7,1 miliardi di «inadempienze probabili», vale a dire denaro che realisticamente le banche non recupereranno, mentre circa 2 miliardi sono rate scadute, quindi posizioni debitorie meno a rischio.Le difficoltà delle famiglie riguardano soprattutto i mutui a tasso variabile, particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro portato dalla Bce dallo 0 al 4% in 11 mesi ed oggetto di critiche da più parti, governo compreso: questa categoria di prestiti immobiliari vale in totale circa 140 miliardi e rappresenta un terzo del totale dei 425 miliardi erogati alla famiglie italiane.Che questo dei mutui sia un tasto dolente emerge anche dall’ultimo rapporto relativo agi esposti della clientela presentati alla Banca d’Italia reso noto in settimana. Se in tutto il 2022 erano state in tutto 9.200 le segnalazioni (per un terzo riferite a finanziamenti, credito al consumo e mutui) inviate a via Nazionale, in calo del 6% rispetto all’anno prima, nei primi tre mesi del 2023 a via Nazionale ne sono arrivate ben 2.800, ovvero il 18 per cento in più di 12 mesi prima, riconducibili in particolare ai finanziamenti, soprattutto mutui da rinegoziare dopo l’aumento dei tassi ufficiali.Rispetto alla fine del 2017, segnala la Fabi, i mutui erogati sono cresciuti di circa 50 miliardi, con un rialzo del 13,4%. Su un totale di 25,7 milioni di famiglie italiane, circa 3,5 milioni hanno contratto un mutuo. Al dato si aggiungono 6,8 milioni di cittadini indebitati anche con altre forme di finanziamento, come il credito al consumo e i prestiti personali, per un totale erogato di 251,2 miliardi di euro. Un dato, secondo la Fabi «in linea con i valori di fine 2017», ma in rallentamento rispetto alla tendenza degli ultimi mesi. Un segno, anche quest’ultimo, dell’«incidenza negativa dell’aumento dei tassi d’interesse».Sul piano territoriale, in cima a questa particolare classifica, ci sono Lombardia e Lazio con un ammontare delle rate non pagate oltre i 2 miliardi. Campania, Puglia e Basilicata, Sicilia e Veneto superano il miliardo. Emilia Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta e Toscana restano invece poco sotto. Più contenuto il valore delle somme non pagate nelle regioni più piccole come Liguria (361 milioni), Calabria (418 milioni) e Umbria (226 milioni).«È ormai evidente che l’azione della Banca centrale europea per contrastare l’inflazione non sta generando i frutti sperati. I prezzi non calano significativamente e l’aumento così veloce del costo del denaro sta provocando un rialzo dei tassi di interesse su prestiti e mutui che mette in difficoltà sia le famiglie sia le imprese – sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -. La Bce ha già preannunciato di portare il tasso base al 4,25% il prossimo 27 luglio. Noi speriamo in un ripensamento e, comunque, ci auguriamo che tutte le prossime decisioni siano assunte con maggiore cautela da parte della Banca centrale europea».Quanto alle iniziative delle banche per dare respiro alle famiglie, secondo Sileoni «occorre dire con chiarezza che qualsiasi decisione deve essere presa senza ansia e soltanto dopo una adeguata valutazione. Va sfruttata, per ricevere giusti consigli e per essere orientati a compiere scelte consapevoli, anche la competenza e la professionalità di tutte le lavoratrici e i lavoratori delle banche, molti dei quali affrontano, personalmente, problemi identici a quelli della clientela. In particolare, va detto che lo spalma-mutui non è privo di rischi né è un’operazione a costo zero».La Fabi, infatti, ricorda, che «l’allungamento del piano di rimborso di un mutuo a tasso variabile, comporta un maggior ammontare di interessi da pagare alla banca oltre al fatto che ci si pregiudica la possibilità di poter beneficiare, nel medio-lungo periodo, di un’auspicabile riduzione dei tassi d’interesse».