Domenicale, 9 luglio 2023
Falsi e plagi nel giornalismo letterario
Di scherzi, raggiri, truffe è piena la storia dell’editoria. Ne ricordo una, fra le più clamorose, di queste beffe. Nel luglio 1840 i principali bibliofili e le maggiori librerie di Belgio e Francia ricevono un libello intitolato Catologue d’une très-riche mais peu nombreuse collection de livres provenant de la bibliothèque de feu M.r le Comte J.-N.-A. de Fortsas, stampato a Mons (Belgio). I destinatari sono invitati a un’asta che si terrà il 10 agosto a Binche. Con l’eccezione di 3 titoli, su 52, tutti i libri del Catologo, spacciati per essere copie uniche, sono inventati, come lo è del resto lo stesso conte di Fortsas, di cui il libello fornisce una credibile nota biografica. L’autore della beffa è Renier-Hubert-Ghislain Chalon (1802-1889), maggiore dell’esercito in pensione, presidente della «Società dei Bibliofili belgi», autore di saggi sulla numismatica. Tutti i destinatari prendono seriamente l’affare, c’è persino chi accusa il conte di Fortsas di essere un imbroglione: è il caso di un influente uomo politico dell’epoca che sostiene di possedere una metà dei libri riportati nel catalogo.
Di una estrosa e spudorata truffa editoriale compiuta nel Settecento, opera di un certo Giovanni Pellegrino Dandi, racconta, in modo minuzioso e puntuale, Jacopo Narros nel libro Il Gran Sottisier. Mirabilia, falsi e plagi nel giornalismo letterario di Giovanni Pellegrino Dandi, scritto in uno stile letterario sobrio e accattivante, filologicamente ricco di documenti e di un’accurata ricostruzione del contesto culturale in cui Dandi agisce. In origine Il Gran Sottisier di Narros, scrittore, studioso di folli letterari, membro dell’OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale), nasce come tesi di laurea discussa con Michele Mari presso l’Università degli Studi di Milano.
Chi è Giovanni Pellegrino Dandi (1664-1726 c.) e di quali misfatti s’è macchiato, tanto da considerarlo «un caso patologico di furfanteria giornalistica»?
Nato a Forlì il 6 luglio 1664 da famiglia illustre, ma decaduta, Giovanni Pellegrino segue, insieme al fratello Giovanni Felice, le orme del padre che fin dal 1671 conduce una Stamperia, detta dei Fasti Eruditi e Novellistici. È dottore in giurisprudenza, abate, ricoprendo incarichi ecclesiastici a Imola e Forlì. La sua attività predominante è quella di pubblicista editore, in un periodo caratterizzato dalla fioritura di fogli letterari nati sulla scia del «Giornale de’ letterati» di Roma, il primo fra i giornali eruditi italiani.
L’esordio di Dandi nel mondo del giornalismo letterario avviene nel 1701 con la creazione de «Il Gran Giornale de’ letterati», quattro pagine a frequenza settimanale che affianca alla parte letteraria una politica, il «Giornale de’ Novellisti», che registra avvenimenti politici e militari europei. Nel 1705 Dandi lascia Forlì per Parma, dove fonda un nuovo giornale, «Fasti del Gran Giornale Letterario o sia Biblioteca Volante».
Sulle pagine dei suoi giornali, molte recensioni a opere pubblicate in aree periferiche (ad esempio in Sicilia) e all’estero (soprattutto in Germania) si rivelano dei clamorosi falsi.
I libri recensiti sono quasi sempre inesistenti. L’operazione «letteraria» del Dandi, ricostruita in modo rigoroso da Narros, che analizza con l’occhio perspicace dell’investigatore una gran quantità di lettere, memorie, libri d’epoca, ecc., consiste nell’attribuire a autori di fantasia, finti, articoli vecchi di qualche decennio, prelevando (copiando) interi estratti da altri periodici, falsificando i dati bibliografici. È questo, in estrema sintesi, il procedimento usato da Dandi, inteso a «burlare tutto il Mondo». Un losco maneggio già praticato in gioventù dai fratelli Dandi che li porta in carcere per ordine dello Stato pontificio.
L’«abate plagiario» (lo è chi attribuisce un’opera a un autore diverso da quello vero), membro di varie accademie quanto meno fittizie o “ideali”, viene smascherato, fra gli altri, dall’erudito Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), padre della storiografia italiana, che nelle Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti (1708) definisce i giornali di Dandi «opere miserabili».
Se la finalità di Dandi, come scrive Narros, non è formare una «borgesiana biblioteca fantastica», resta il fatto che l’abate forlivese, per quanto «spento e noioso», s’è inventato una nuova, quasi improbabile declinazione di «plagio creativo», trasformando il suo maldestro saccheggio in un enciclopedismo raffazzonato, ma suscettibile di espandersi all’infinito.