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 2023  luglio 09 Domenica calendario

Tammaro De Marinis, principe degli antiquari italiani

Una delle forme attraverso le quali si può declinare la bibliofilia, certo la più raffinata ma anche la più complessa, è quella umanistica. E proprio bibliofilo umanista è inciso sulla lapide del principe dei librai, il napoletano Tammaro De Marinis (1878-1969), non casualmente qui indicato come il Berenson dei libri perché con il quasi coetaneo e celeberrimo Bernard storico dell’arte lituano (1865-1959) ebbe non pochi punti di contatto, a partire dalla lunga, operosa vita onusta di glorie, dalla vicinanza delle due dimore (dal 1924 Villa Montalto, la sontuosa residenza di De Marinis a Fiesole, quasi contigua a Villa I Tatti); ma anche dai grandi successi commerciali, dalle relazioni internazionali d’alto lignaggio, dalle grandi ricchezze accumulate, dalle straordinarie biblioteche private e dalle fototeche, dagli incarichi e onorificenze ricevute, dalla sterminata bibliografia, dall’eleganza (De Marinis sempre in abiti di Lanvin), fino alle tante luci e le altrettante ombre che hanno costellato la vita di entrambi.
In un ambiente fortemente competitivo e aggressivo come il commercio antiquario, siano codici, incunaboli o opere d’arte, era inevitabile che le ombre raggiungessero e a volte superassero le luci. Ma tutto ciò sembra non avere minimamente offuscato il prestigio internazionale, la fama e l’importanza del grandissimo libraio antiquario, studioso, bibliofilo, collezionista napoletano e fiorentino di adozione. Resta però la sensazione che tale meritata fama sia riconosciuta maggiormente all’estero che non in Italia, dove pure i suoi studi, le sue ricerche, i grandi successi, le mostre prestigiose, avrebbero dovuto garantire il contrario.
Manca a tutt’oggi, ad esempio, la voce a lui dedicata nel Dizionario Biografico degli Italiani nonostante che Piero Craveri avesse predisposto i dati necessari per la relativa scheda, mai realizzata. Occasione quindi quanto mai preziosa e necessaria per riprendere in mano il discorso intorno a De Marinis è costituito da un eccezionale trittico di iniziative pubbliche ed editoriali che hanno focalizzato e indagato in maniera impeccabile l’attività professionale, la produzione scientifica, la rete di relazioni nazionali, internazionali e “napoletane” (Croce, Ricciardi, Di Giacomo, Capasso, Nicolini, Pèrcopo, ecc.) e i suoi rapporti con le grandi biblioteche (tra cui la British Library, la Bibliothèque nationale de France, l’Archiginnasio di Bologna e la Biblioteca Vaticana, dove De Marinis ebbe modo di collaborare con ben tre Prefetti: Ehrle, Mercati e Albareda). Mi riferisco al Convegno internazionale di studi, organizzato nel 2019 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e curato tra gli altri da Ilenia Maschietto, alla quale si deve anche la puntuale curatela degli Atti (contenente ben 22 saggi, più due intensi ricordi di Dennis E. Rhodes e Benedetta Craveri), dal titolo Multa renascentur. Tammaro De Marinis studioso, bibliofilo, antiquario, collezionista; al convegno «Tammaro De Marinis e la cultura napoletana del primo Novecento», organizzato nel 2021 a Napoli dalla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce a Palazzo Filomarino, e in ultimo dal sontuoso e monumentale Carteggio Croce-De Marinis (415 lettere dal 1900 al 1952, di cui 365 di De Marinis a Croce, e 50 di Croce a De Marinis, a partire dal ’13), impeccabilmente curato, e con un suo ampio saggio introduttivo, da uno studioso del calibro di Giancarlo Petrella. Impresa disperata per il recensore condensare in poche righe un’esistenza così lunga permeata quasi interamente dallo studio di codici miniati, manoscritti e incunaboli; dopo il giovanile e breve apprendistato napoletano presso il librario Riccardo Marghieri, nel 1900 De Marinis («occhio felice» come lo soprannominò Bartolommeo Capasso, suo primo maestro) lascia Napoli per Firenze, luogo che diventerà il fulcro sia dell’attività di mercante antiquario d’alto rango, che di quello di studioso di fama mondiale del libro antico. A Firenze lavora all’inizio nella “bottega” antiquaria di un altro colosso del libro antico, Leo S. Olschki, per poi aprire insieme a Vittorio Forti, dal 1904 al 1924, una propria libreria antiquaria. Il seguito è Storia.
Nel ’22 organizza la Mostra internazionale della legatura artistica a Palazzo Pitti (oltre 1000 le antiche legature esposte), nel ’26 a Parigi la sontuosa Mostra del Libro Italiano, interamente finanziata da lui. E poi le consulenze bibliografiche per grandi committenti, per i quali “disegna” magnifiche raccolte librarie: per Vittorio Cini con gli straordinari illustrati veneziani del Rinascimento (da lui poi descritti nel ’41 nel catalogo Il Castello di Monselice) e che, sempre grazie a De Marinis, acquista nel ’39 la celebre collezione del Principe d’Essling; quindi per J.P. Morgan con parte della grande collezione Melzi (che comportò le tante ombre di cui accennavamo, perché la Melzi era patrimonio dell’Italia e quindi vincolata); il recupero, col relativo rientro in Italia nel 1923, della celebre Bibbia miniata per Borso d’Este, la donazione nel ’64 alla Vaticana della propria straordinaria raccolta di legature del XV e XVI secolo (causa di un forte dissidio con la moglie Clelia Zucchini); inoltre i suoi due “monumenti” bibliografici che il mondo ci invidia: tra il ’47 e il ’69 la ricostruzione della biblioteca napoletana dei re aragonesi (opus magnum stampato da Hans Mardersteig in 4 volumi + 2 supplementi), nel ’60 la Legatura artistica in Italia nei secoli XV e XVI, le altre innumerevoli pubblicazioni storico-bibliografiche, comprese le tante voci specialistiche sul libro redatte per l’Enciclopedia Treccani. Infine la vasta rete di rapporti internazionali ma con al centro, sempre e comunque, il nucleo caldo della sua città: in primis Palazzo Filomarino, il “Quirinale laico” dal quale si irradiò per tutta la prima metà del ‘900 il magistero culturale di Croce, al quale De Marinis fu legato fin da giovane da profonda amicizia, affetto e stima reciproca, e che il carteggio appena pubblicato così bene testimonia e documenta.