il Giornale, 9 luglio 2023
E se il vero Gattopardo fosse una gattoparda?
Capitiamo sul set proprio durante una grande scena di ballo. Ma non è quella, famosissima, del Gattopardo di Luchino Visconti di sessant’anni fa con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale. Ora, davanti a noi, nei ruoli di Don Fabrizio Corbera – Principe di Salina, Tancredi e Angelica, ci sono Kim Rossi Stuart, Saul Nanni (con la benda proprio come Delon) e Deva Cassel. Senza dimenticare Concetta, la figlia del Principe, che è interpretata da Benedetta Porcaroli e ha un ruolo maggiore in questa nuova serie in sei puntate di Netflix scritta da Richard Warlow assieme a Benji Walters, con la regia dell’inglese Tom Shankland, un vulcanico cinquantacinquenne che dirigerà gli episodi 1-2-3-6 e che ci tiene a sottolineare come sia «bello iniziare questa avventura senza il peso del film che è sicuramente un capolavoro ma qui vogliamo rivisitare il libro pensando a un nuovo pubblico». Dietro la macchina da presa, per il quarto episodio, ci sarà Giuseppe Capotondi e, per il quinto, Laura Luchetti (che, tra parentesi, con il suo nuovo film La bella estate, da Cesare Pavese e sempre con la figlia di Monica Bellucci, Deva Cassel, è stata appena selezionata al Locarno Film Festival). I seimila costumi di Carlo Poggioli e Edoardo Russo 3,5 km di tessuti! per cinquemila comparse sono sfarzosi come quelli viscontiani, proprio come il trucco di Desiree Corridoni, le scenografie di Dimitri Capuani, le musiche di Paolo Buonvino, perfino la frutta laccata e le candele vere sui lampadari (quindicimila quelle utilizzate), ci raccontano di un’operazione straordinaria frutto di una cura minuziosa e antica del nostro cinema. Ma, ci dice subito il regista inglese in un italiano per nulla stentato, «non c’è mai stato un collegamento con il film, solo con il libro». Anche perché questa scena, a cui abbiamo avuto il privilegio di assistere (l’incredibile set è stato per la prima volta aperto ad alcuni giornalisti), nel barocchissimo Palazzo Biscari di Catania, che racconta del tentativo del Principe di Salina di avere un lasciapassare, dopo la festa della liberazione delle camicie rosse a Palermo (moti garibaldini immortalati in diretta nel 1860 da Alexandre Dumas padre con il suo fotografo Gustave Le Gray), dal colonnello Bombello, invaghito di sua figlia Concetta, per tornare nella sua amata Donnafugata, è una delle poche non presenti nemmeno nel romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. «Un conto è accettare un invito, altra cosa è divertirsi e provare un piacere sincero. Trova dei cavalieri per le tue cugine», così dice Kim Rossi Stuart/Don Fabrizio, dall’alto del suo perfetto aristocratico portamento, a Saul Nanni/Tancredi in questa sequenza clou della serie che decine di ballerini ripetono senza sosta per nulla accaldati perché, a differenza delle riprese viscontiane negli anni ’60 in cui c’erano solo i ventagli a dare un po’ di sollievo dal caldo, oggi ci sono bocchettoni mobili, con diametri di almeno un metro, a portare il fresco dell’aria condizionata. Don Fabrizio è già consapevole che il futuro della sua casata e della sua famiglia è in pericolo e, per questo, sarà costretto a stringere nuove alleanze immaginando un matrimonio che salverebbe il futuro della sua famiglia, quello tra la ricca e bellissima Angelica e suo nipote Tancredi. Cosa che, però, spezzerebbe il cuore della sua adorata figlia Concetta che avrò un ruolo molto più importante e inedito rispetto al film in questa serie, in arrivo l’anno prossimo dopo 105 giorni di riprese tra Palermo, Siracusa, Catania e Roma, prodotta da Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen e Benedetto Habib per Indiana Production e da Will Gould, Frith Tiplady e Matthew Read per Moonage Pictures. «Gli ultimi capitoli del romanzo racconta Tom Shankland, il regista di The Children e delle serie BBC Les Misérables e The Serpent parlano molto di Concetta anche quando è anziana. Nelle frasi in punto di morte del Principe, lui pensa che l’unica figlia, veramente una Gattopardo, sia proprio lei. È un tipo di successione non meccanica ma spirituale. Abbiamo voluto rileggere con un’attenzione nuova tutte questa vite apparentemente fuori campo. Ma io conosco bene Il Gattopardo perché era uno dei libri più amati da mio padre che insegnava italiano nel Nord dell’Inghilterra e che è morto un anno fa in tempo per sapere della serie». Sull’attualità del romanzo, esemplificata dalla sempiterna frase «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», Tom Shankland ha un’idea tutta sua: «Tutti noi stiamo vivendo in un’epoca di cambiamento. In Inghilterra la Brexit, ogni famiglia ha dovuto confrontarsi con questo avvenimento storico che ha avuto ripercussioni sulla dimensione più privata e familiare, poi c’è la guerra, la crisi... Il Gattopardo è la storia di un padre che vuole proteggere i suoi cari dal cambiamento, non si tratta solo del potere di una famiglia nobile siciliana». Una storia che parla di una mondo in via di estinzione, quello del volo di rondini che è volo di feudi «in questo cimitero di memorie mummificate» come le chiamava Ugo Gregoretti in La Sicilia del Gattopardo, un suo straordinario documentario per la Rai del 1960 che aveva stupito lo stesso Visconti, proprio mentre il Principe di Salina «sentiva che la vita usciva da lui a larghe ondate incalzanti, con un fragore spirituale paragonabile a quello della cascata del Reno». Erano giorni caldi come questi, per la precisione, scrive Tomasi di Lampedusa, premio Strega postumo curiosamente come quello di due sere fa a Ada d’Adamo, «era il mezzogiorno di un lunedi di fine luglio. Sotto l’altissima luce Don Fabrizio non udiva altro suono che quello interiore della vita che erompeva via da lui».