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 2023  luglio 08 Sabato calendario

Briatore parla di Santanchè

Flavio Briatore, le risultano politici di sinistra o grillini che chiamano Daniela Santanchè per avere lo sconto al Twiga di Forte dei Marmi o venire a scrocco?
«Non so di che parla».
È quello che ha lasciato intuire la ministra Santanchè nell’audizione in Senato: «Le critiche più feroci vengono da molti che a volte hanno privatamente tutt’altro atteggiamento, perché fa piacere chiamare per andare o prenotare nei locali che ho fondato. E mi fermo qui per carità di patria».
«So per certo, so da lei, che non voleva dire che non pagano o chiedono sconti. Da noi vengono politici di destra, di sinistra, di centro e non è che dal colore del partito hanno un trattamento migliore o peggiore. Magari chiamano, fai la gentilezza di prenotare per loro, ma pagano tutti. Poi, se invito qualcuno, pago io. Ho lo sconto del 15%, ma lascio sempre il 15% di mancia».
Magari Santanchè si riferiva a politici suoi ospiti?
«Non lo so. Se ha ospiti, paga. Ma io, a parte lei e pochi altri, non riconosco nessun politico: non è che hanno nome e partito scritti in faccia».
Quelli a scrocco saranno politici di serie B?
«Io che ne so».
Matteo Renzi lo riconosce?
«Lui ha pagato».
Giuseppe Conte?
«Non si avvicina. Non lo vorrei neanche. Vabbè, ma sì, può venire, che m’importa».
Elly Schlein la prende?
«Assolutamente sì, ma l’ho vista solo in televisione».
Su Conte e Schlein
Conte? Non si avvicina, non lo vorrei neanche Vabbè, ma sì, può venire, che m’importa. A Schlein direi sì, ma l’ho vista
solo in televisione
Quanto costa una giornata al Twiga?
«Dipende, con sole o senza sole?».
Non scherzi.
«La tenda credo 500 euro, ma ci stanno sei persone».
Lei che idea si è fatto dei guai finanziari e giudiziari della sua amica ed ex socia Daniela Santanchè?
«Intanto, la conosco da quarant’anni, da quando, ragazzi, giocavamo a bocce a Cuneo. È stata sempre una gran lavoratrice. Poi, come per tutti gli imprenditori, le cose possono andare bene o meno bene. Io non capisco il problema: se sono i debiti verso lo Stato, li ha rateizzati. Ha messo a disposizione pure la sua casa: in un Paese normale le direbbero chapeau, qui si scatena un ambaradan mediatico. Le avevo pure sconsigliato di riferire in Senato. Non so perché è andata».
«Per rispetto del Parlamento», ha detto.
«L’ha fatto e cosa è successo? Niente. Chi non vuole capire non capisce. È come quando a me hanno sequestrato la barca: il video dell’operazione è pronto per il Tg delle 20, però, quando sei assolto in Cassazione dopo 12 anni, escono giusto due righe. Daniela, per fronteggiare i debiti, si è pure privata di una partecipazione al Twiga, un’azienda che va bene. Questo andrebbe apprezzato».
Lei sapeva che Dimitri Kunz D’Asburgo non è principe, ma ha solo un papà buontempone che l’ha registrato all’anagrafe col nome di Principe Dimitri eccetera?
«A me interessa solo come uno lavora. In Formula 1 mi chiamavano ingegnere e sono geometra, e allora? Dimitri è amministratore delegato del Twiga con mio cognato ed è bravissimo, fine».
La notizia che la riguarda, invece, è che la Majestas che detiene Twiga, Crazy Pizza, Billionaire, ha fatturato 80 milioni ed è in crescita. Come ha fatto?
«Ottanta, di cui 17 di utili e con la previsione di 100 milioni di ricavi nel 2023. Siamo cresciuti perché abbiamo locali e ristoranti in posti come Dubai, Doha, Montecarlo, dove la pandemia si sentiva meno. Il 70% del nostro fatturato è all’estero. Abbiamo 1.100 dipendenti, contiamo di arrivare a 1.400 e l’indice di fedeltà delle risorse umane è dell’85%: significa che il personale sta bene e non va altrove. Poi, vanno benissimo e aumentano i Crazy Pizza, ormai siamo a otto e cresceremo ancora. Nell’ultimo anno, abbiamo aperto a Roma, Milano e con licenziatari in Qatar, Arabia Saudita, Kuwait...».
I napoletani si erano ribellati, dicevano che la sua non era pizza.
«Noi non vendiamo pizza, ma un’esperienza: assisti a uno show, fai serata. I risultati dicono che quelli che volevano insegnarmi a fare la pizza hanno chiuso magari due pizzerie mentre il Crazy Pizza di Porto Cervo ha quaranta persone in fila fuori».