Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  luglio 08 Sabato calendario

Gregorio Paltrinieri e il mare

Tuffarsi in un Mondiale dall’altra parte del mondo per riprendere il filo dell’acqua. Gregorio Paltrinieri sale su un podio internazionale dall’estate del 2012 e in questa stagione riparte dalla spiaggia di Momochi, a Fukuoka dove dal 14 al 30 luglio ci sono i Mondiali di nuoto. Subito la 10 km, per staccare il pass dei Giochi, arrivare a Parigi 2024 e passare oltre sempre con le medaglie al collo. Cinque gare, tra mare e piscina, per dimostrare di avere sempre voglia di vincere senza l’obbligo di farlo.
Che annata sarà il 2023?
«Adesso viene il bello. Pronti, via e mi gioco la qualifica olimpica nella 10 km, bisogna stare nei primi tre, subito la gara più imprevedibile. Eppure, con tutte le incognite, è la parte più facile. La vera problematica è rendere in allenamento».
Come si resta motivati dai 16 anni ai 28 anni, senza mai una stagione a vuoto?
«Faccio fatica a non essere motivato, a non pormi nuovi obiettivi e poi da quando lavoro con Fabrizio Antonelli cambiamo approccio di continuo. Ora lavoro in un gruppone e ne sono ben felice: siamo in 25, tanti».
All’americana? Gli atleti italiani non hanno sempre detto che serve più attenzione, tecnici dedicati?
«Sul piano vasca sono in cinque, non lavoriamo mai tutti insieme e Fabri è bravo a gestire. Il nuoto sa essere monotono, tutto aiuta».
Il nuoto è monotono. Dopo l’oro ai Giochi ne ha raccontato gli incubi. Ha fatto pace con l’acqua?
«No. Ma ora so che cosa mi aspetto da me e da lei: è una sfida quotidiana. Da quando alterno piscina e acque libere è più semplice evitare le ossessioni».
C’è una lezione di vita che le ha dato il mare?
«Una? Infinite. Mi ha insegnato a cambiare tattica, ad avere piani di riserva, a tentare. In vasca, a un certo punto, a metà gara sapevo se avrei vinto o no. O tiravo o la buttavo via, il mare ti allena all’imprevisto e ti abitua a essere più temerario. Ora non mi baso sull’opzione unica parto e arrivo a cannone. Studio alternative».
In questo anno dedicato quasi solo ai Mondiali che stanno per iniziare si è concesso degli extra. Esperienze nuove?
«Tante, a un certo punto troppe. La mia vita è un casino, più vado avanti e più ci infilo appuntamenti e viaggi. Il circuito Dominate the water, mi ha proprio cambiato le prospettive. Sono certo che il nuoto di fondo nei prossimi anni diventerà come la maratona: uno sport di massa, sempre più gente lo scoprirà anche perché risveglia tematiche che oggi non si possono ignorare, l’ambiente, la lotta all’inquinamento, il rispetto per l’acqua».
Il nuoto di fondo può rendere il mondo un posto migliore?
«Tutto parte dal mare, i danni, la plastica abbandonata lì ed è un elemento da riscoprire per capire dove si è sbagliato, come recuperare gli errori. Conoscerlo, viverlo, significa starci attenti. Io voglio nuotare ancora a lungo, ma ho scoperto un attivismo che mi interessa portare avanti, lo immagino come seconda carriera, ho un progetto in cantiere che dovrei definire dopo i Mondiali. Parlare con chi si prende cura del mare apre gli orizzonti».
Le nuove generazioni lo vivono diversamente?
«Ne hanno meno paura, hanno voglia di buttarcisi dentro. Quest’anno abbiamo inserito nel circuito una tappa italiana, al Golfo Aranci, in Sardegna, è stato un successo pazzesco e c’era una gara dedicata ai ragazzi, una moltitudine. Sulla spiaggia insieme i bimbi e i master. È un modo diverso di fare sport e crea una comunità responsabile».
Usciamo dall’acqua. Tre esperienze inedite nel 2023?
«Ho passato più tempo a casa e l’ho finalmente finita, con la mia fidanzata, Ros (la spadista Rossella Fiamingo). Stiamo all’Eur, una zona di Roma che mi piace. Ho conosciuto dei fotografi a cui rubare dei segreti e di conseguenza ho anche potuto tentare degli scatti più elaborati con la mia macchinetta. Le foto sono una vera passione».
Lei e Ceccon fotografi, Zazzeri pittore. Una nazionale artistica.
«Gli atleti non hanno più il timore di mostrarsi per quello che sono. Dedichiamo tempo ad altro, non ci nascondiamo. A me piace gareggiare, vivo per nuotare, però non finisco lì».
Davvero gli sportivi si mostrano di più? Tanti si sentono giudicati. Berrettini, Jacobs: negli ultimi mesi, diversi campioni si sono lamentati per critiche anche su questioni private.
«Succede a qualsiasi persona nota. Commentare è facile ed è una cattiva abitudine che mi fa imbestialire. Io che ne so di quante ore si allena Berrettini, di quanto tempo libero ha? Lo posso valutare da una foto social? Non sappiamo nulla di come vivono gli altri e mi fa star male che si faccia finta di conoscere gente di cui non si ha idea».
A lei non è mai successo solo perché non ha fatto altro che vincere?
«Sì, anche se non sono obbligato a portare a casa medaglie. Mi sfinisco per questo, ma non le devo a chi mi segue. Potrei avere dei problemi, delle sfortune, potrei vivere un momento difficile e non vorrei essere valutato solo per quello, come se prima non avessi fatto nulla, come se dopo non potesse più succedere altro: accanirsi è meschino».
Lei è di Carpi, come ha, a distanza, vissuto l’alluvione in Emilia-Romagna?
«Non sono tornato a casa in quei giorni, da me non è successo nulla, ma a pochi chilometri l’inferno. Molti miei amici hanno fatto i volontari e io ero soprattutto fiero di loro. Siamo una terra abitata da persone generose e coriacee: il terremoto nel 2012, ora questo disastro. Reagiamo. Speriamo non sia sempre tutto invano. Bisogna prevenire, rivedere le certezze».
L’anno scorso la sua storia d’amore con Rossella Fiamingo era appena iniziata e ha detto che in quel mondiale, lei le aveva dato carica. Un anno dopo la relazione che cosa è diventata?
«Ci siamo avvicinati molto. Ora mi dà serenità, stiamo bene, non ci vediamo certo ogni giorno, con tutta la preparazione e i ritiri e le gare. Io sono passato dall’altura a Livigno a quella di Nagano, prima di andare a Fukuoka. Non ci si incrocia per due mesi. Bisogna volersi bene»
In altura con l’intero gruppone da 25 persone?
«No, qui si stringono le fila, siamo in sei. Io, Domenico Acerenza e Barbara Pozzobon convocati in nazionale più tre stranieri».
Programma Mondiale: vuole rinuotare davvero tutto un’altra volta, tre gare in mare e due in vasca?
«Sì, i giorni di recupero ci sono e io ci provo. Anche se la concorrenza è più tosta e il mondo si allarga. Ora sono in tanti a stare sotto i 14’40 nei 1500 metri».
Lei non è uno dei tanti, è campione del mondo.
«L’idea è restarlo e tornare campione olimpico».
Poi si darà pace.
«Non credo».