la Repubblica, 8 luglio 2023
Migranti, sbarchi record: 70 mila da gennaio
Settantamila, mai così tanti dal 2016-2017, gli anni degli arrivi record che sfiorarono quota 200.000. Così tanti, al ritmo anche di un migliaio al giorno con il bel tempo, che la Guardia costiera ha dovuto arrendersi e chiedere l’aiuto della flotta umanitaria per rispondere alle decine di richieste di soccorso delle barche che attraversano il Mediterraneo, così superando di fatto il decreto Cutro nella parte che vieta i soccorsi multipli per le navi Ong. Che tornano ad ospitare a bordo centinaia di migranti salvati in diversi interventi, uno dietro l’altro: sei soccorsi per la Open Arms, quattro per la Geo Barents di Medici senza frontiere, cinque per la tedesca Humanity 1, tutte comunque spedite in porti lontanissimi dal Viminale nonostante a chiedere ripetutamente il loro intervento sia stato proprio il centro di ricerca e soccorso di Roma.
Che l’estate sarà dura lo confermano tutti gli indicatori, con il contatore degli sbarchi del Viminale alla boa dei 70.000, contro i 30.000 dello stesso periodo dello scorso anno, con il mese di giugno che ha fatto segnare più di 15.000 arrivi, in netto rialzo rispetto a maggio che aveva fatto segnare una frenata dovuta in realtà soltanto alle cattive condizioni meteo e non certo all’esito delle ripetute missioni in Nord Africa della premier Giorgia Meloni e dei ministri dell’Interno Piantedosi e degli Esteri Tajani.
Anzi, forse proprio la promessa di fondi europei per 15 miliardi di euro portata in dono dalla Meloni nella sua doppia missione in Tunisia, l’ultima in compagnia della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, potrebbe rivelarsi un boomerang in gradodi far ripartire quel vecchio metodo dell’apri e chiudi i rubinetti delle partenze da sempre usato da capi di stato, dittatori, persino singoli capiclan di Paesi africani come arma di ricatto nei confronti dell’occidente anche solo per sedere al tavolo delle trattative. Lo confermano fonti diplomatiche di Bruxelles che guardano con preoccupazione alle mosse di Stati come Tunisia o Libia, principali Paesi di transito, ma anche a quelli di origine da dove provengono la maggior parte dei migranti sbarcati in Italia, Costa d’Avorio, Guinea, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Burkina Faso. Anche perché i 15 miliardi di aiuti ventilati al momento non sono altro che una promessa che fa gola a tanti, a cominciare dal generale Haftar che controlla la Cirenaica, regione dalla quale non a caso, proprio dopo gli incontri delle delegazioni italiane con il governo di accordo nazionale libico, i trafficanti hanno cominciato a mettere in mare uno dietro l’altro pescherecci con 500-700 persone a volta.
Tentativi di accaparrarsi una fetta della torta di aiuti promessa che vanno ad aggiungersi agli altri motivi che, dopo la fine della pandemia, stanno alla base della forte ripresa dei flussi migratori dall’Africa: la desertificazione delle zone del Sahel, la guerra in Sudan che promette di muovere migliaia di persone verso l’Europa, le drammatiche condizioni economiche in Costa d’Avorio, in Guinea, in Burkina Faso, la tratta dei giovanissimi migranti dall’Egitto. E, non ultima, la grave situazione della Tunisia dove la caccia ai neri scatenata negli ultimi giorni dalla popolazione locale ma soprattutto dalle forze dell’ordine rischia di aumentare ancor di più il numero delle persone che, per mettersi in salvo, preferirà rischiare la vita su uno di quei barchini di metallo in cui hanno già perso la vita oltre 1500 persone nei primi sei mesi dell’anno.