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 2023  giugno 08 Giovedì calendario

Biografia di Milena Gabanelli

Milena Gabanelli, nata a Nibbiano (Piacenza) il 9 giugno 1954 (69 anni). Giornalista. Nota soprattutto per il programma Report (Raitre), di cui è stata autrice e conduttrice. Collabora con il Corriere della Sera, per il quale cura la sezione Dataroom, e con il Tg La7. «Mi dà speranza lo stato di avanzamento del declino. Domani sarà per forza un giorno migliore».
Vita «A 18 anni ho lasciato la mia famiglia che abitava a Desio, in Brianza. Mi sono trasferita a Bologna. Con le femministe ho legato poco perché gli uomini mi andavano bene così com’erano e poi non portavo gli zoccoli. Per stare nei collettivi invece servivano convinzioni, e io ero piena di dubbi. Studiavo Storia del cinema e mi mantenevo con lavoretti vari. Ho fatto la hostess in Fiera, distribuivo buoni sconto. E poi scrivevo recensioni. Conservo ancora il primo pagamento della rivista Cineforum: un assegno da cinquemila lire. Volevo mandare al festival di Venezia un documentario pressoché incomprensibile sul regista francese Jean Eustache. Lo avevo girato in 16 mm e mi serviva una copia su nastro magnetico. Chiesi aiuto al direttore della Rai emiliana, Fulvio Ottaiano. Lui comprò il documentario e mi fece collaborare ai programmi regionali. Ho iniziato a bussare alla porta di Minoli nell’83. Si aprì cinque anni dopo. La mia vera storia professionale è cominciata lì. Vendevo alla Rai pezzi concordati con Minoli. All’inizio reportage: sono stata persino sull’isola di Pitcairn dove vivono i discendenti degli ammutinati del Bounty. Poi cronache di guerra: ex Jugoslavia, Cambogia, Mozambico, Nagorno Karabah. Il suggerimento più prezioso me lo diede una giornalista di Mixer, Marcella De Palma. Le avevo mostrato un reportage sul narcotraffico nel Triangolo d’Oro di cui ero orgogliosissima. Lei lo stroncò, ma dai suoi consigli imparai a vedere il racconto. Rischiato la vita? Credo di sì. Ma senza saperlo. Una volta mentre visionavo il materiale sulla Cecenia, ho sentito un colpo e ho visto un ramo cadermi di fianco. Mi è venuto un brivido. Perché quando avevo girato quelle scene non mi ero accorta che avevano sparato sopra la mia testa» • Una delle inventrici del videogiornalismo: «Ero a Belgrado. E la troupe che mi doveva seguire non è mai arrivata. Mi sono arrangiata con una piccola telecamera che mi avevano prestato e ho portato a casa il pezzo» • «Ci racconti l’inizio. “Era il 1982, Rai3 regione Emilia Romagna, ed era un filmato di 30 minuti sulla musica popolare in Giuseppe Verdi”. E il primo scoop, se lo ricorda? “Un’intervista al generale vietnamita Vo Nguyen Giáp” Poi è arrivato Report... “Sì, a settembre 1997, raccogliendo i talenti nati attorno a un programma sperimentale di videogiornalismo voluto da Giovanni Minoli, a cui devo molto”. Il vostro è sempre stato un lavoro “fastidioso”. Chi in azienda vi ha ostacolato? “Qualche componente del vecchio Cda, ma non ha senso rivangare, anche perché l’abbiamo sempre spuntata”. Però hanno anche cercato di togliervi la tutela legale. “Fino al 2007 non avevamo alcuna tutela legale. Poi, con Cappon direttore generale, ci venne concessa. Provò nel 2009 Masi a toglierla, ma alla fine ci ripensò”. I più grandi sostenitori? “Certamente tutti i direttori di rete dalla nascita del programma a oggi, ma lo è stato anche Gubitosi e lo sono Campo Dall’Orto, Carlo Verdelli, i capistruttura della rete, Valerio Fiorespino, la responsabile risorse tv Chiara Galvagni e sicuramente ne dimentico. Sono molti i nostri sostenitori dentro la Rai». Coi lavori d’inchiesta ci si creano molti nemici: chi è stato il più scorretto? “L’ex ministro Tremonti, che per ben due volte mi denunciò (invano) all’Agcom”» (a Walter Galbiati, nel 2016) • Ha decretato il declino di più di un potente con le sue inchieste. «Il primo fu lo scandalo “parentopoli” che colpì la giunta Alemanno. Il sindaco di Roma fu una furia contro la giornalista di Report: “Romanzo Capitale, di Report è stato il punto culminante della campagna di diffamazione nei nostri confronti. Una questione da analizzare quasi sul piano psichiatrico”. Insomma la Gabanelli sarebbe la colpevole del flop di Alemanno a Roma» (Libero) • «È sul politico piazzapulitista in difficoltà che piomba il momento Gabanelli: quello in cui le teste di cuoio dell’anticasta del giornalismo d’assalto di Report intervengono per mettere alla gogna i politici puzzoni, o, come li ha chiamati lei, i “disOnorevoli”. Capitò all’ormai tapino ex tutto Antonio Di Pietro, ghigliottinato da Report per le sue molte case, al tesoriere fanfarone della Lega nord, Francesco Belsito, al servizio della tribù dell’Umberto. Capitò alla galassia Formigoni. Arriva Gabanelli e il politico che puzza di marcio finisce nel letamaio» (Cristina Giudici) • «La telegiornalista che colleziona più grane e lettere di “intimidazioni preventive” per le sue inchieste» (Leandro Palestini). Tra le richieste di danni più grosse ci sono i 60 miliardi di lire richiesti dalle Ferrovie dello Stato e, nel 2013, i 25 milioni dell’Eni • Ha lasciato polemicamente la Rai nel 2017, dopo che l’allora direttore generale Mario Orfeo stoppò il suo progetto di un nuovo portale web di news unico per tutti i canali della tv di Stato (Rai24.it, il nome), idea per cui era stata assunta come vicedirettore dal precedente dg Antonio Campo Dall’Orto. «Gabanelli attendeva di partire con il nuovo portale d’informazione che, nel progetto dell’ex dg Campo Dall’Orto, prevedeva una squadra di oltre 80 giornalisti a pieno organico, di cui una sezione specializzata in inchieste e una in data journalism. Progetto che, partito in pompa magna al suono delle trombe del “digital first” dell’ex direttore generale, è stato prima frenato e poi completamente bloccato. Per due motivi: da una parte l’opposizione alla creazione di una nuova testata, con un nuovo direttore (la stessa Gabanelli) quando l’ordine di servizio a Viale Mazzini è quello invece di ridurre e accorpare le testate già esistenti; dall’altra, il fatto che il nuovo portale debba rientrare all’interno della riforma complessiva dell’informazione Rai che, dopo la bocciatura del piano di Carlo Verdelli nel gennaio scorso, il nuovo dg non presenterà prima della fine dell’anno. Che significa dover aspettare altri mesi» (Gianluca Roselli nel settembre 2017) • Ha poi iniziato la collaborazione con il Corriere della Sera • «Da quante persone è composta la redazione di Dataroom? “Da due giornalisti e due grafici, però si interagisce anche con tutti i colleghi del Corriere”. In base a quali criteri sceglie gli argomenti? “Scelgo temi che possono essere rappresentati attraverso l’oggettività dei numeri, in modo da comprenderne le ricadute e le possibili soluzioni. Faccio un esempio: di quanto aumentano ogni anno gli acquisti online? Parallelamente, di quanto è aumentato il traffico pesante in città per le consegne della merce acquistata su internet? La maggior parte di questi furgoni sono classe euro 3. In conclusione: ogni volta che acquisti online un prodotto venduto anche nel negozio sotto casa, contribuisci ad aumentare l’inquinamento”. Anche questo è giornalismo di servizio. “Il giornalismo è per sua natura di servizio, altrimenti è solo servo”. Da servizio pubblico, sarebbe stato perfetto in Rai. “Sarebbe, ma così non è stato”. Parlando di Rai, qualche giorno prima che fossero nominati i consiglieri di amministrazione, ha scritto un pezzo pieno di numeri in cui ha sottolineato il ritardo dell’informazione online: un vuoto lasciato dal rifiuto dell’ad Mario Orfeo di accogliere il suo progetto di Rai.it. “Il rifiuto fu del Consiglio d’amministrazione prima dell’arrivo di Orfeo, che lo subordinò alla riforma complessiva del piano news. E quando lo scorso giugno arrivò Orfeo ha preferito non porre più la questione. Alla fine non hanno fatto né la riforma né il sito di news online. Credo sia l’unica tv pubblica al mondo a non averlo”. Quel pezzo poteva essere letto come una ripicca o come una candidatura a futura memoria: né l’uno né l’altro? “Ci vogliono molta malizia e poca memoria per pensare questo. Quell’articolo era solo l’ultimo di una lunga serie. Avevo dedicato puntate di Report alla modalità di reclutamento del Cda Rai (la prima nel 2007 e l’ultima nel 2014), esponendomi al rischio che non venisse rinnovato il mio contratto. L’ho fatto perché non si può rompere le scatole a mezzo mondo e non guardare mai nel piatto dove mangi. Perché non dovrei farlo adesso che non ci mangio più?”. In Rai è stata candidata a tutto: presidente, ad, direttore del Tg1. Invece? “A me nessuno ha mai chiesto nulla. A scanso di equivoci: ho un impegno con il Corriere della sera e intendo onorarlo”. Molte di queste indiscrezioni nascono dal suo presunto rapporto con ambienti grillini. Cosa c’è di vero? “Non ho mai avuto rapporti con nessun ambiente politico; sono invece stata consultata in diverse occasioni, ora come in passato, su temi di cui ho qualche competenza. Poi nessuno mi ascolta, ma questa è un’altra storia” […] Quando ha lasciato la conduzione di Report voleva stare fuori dal video o solo cedere il timone? “Dopo vent’anni la ritenevo un’esperienza conclusa. Report era nato da un modello produttivo molto economico e da un linguaggio innovativo, il videogiornalismo. Quello che mi interessa ora è riprendere la sperimentazione di un linguaggio più adatto ai mezzi dove si formano e informano le nuove generazioni sfruttando l’esperienza maturata”. Qualche mese dopo era pronta a tornare per una striscia dopo il Tg1. “La striscia di 3 minuti di datajournalism l’ho proposta a Orfeo lo scorso ottobre, quando ho capito che il sito di news, al quale avevo lavorato da gennaio, non si sarebbe fatto. Orfeo non l’ha ritenuta di interesse, mi sono dimessa e Dataroom l’ho realizzato per il Corriere”. Quanto le manca la Rai? “La mia storia professionale è nata e cresciuta lì. La Rai è stata il luogo dei miei ideali, un pezzo di famiglia, ma ho voltato pagina e i miei pensieri oggi sono da un’altra parte”» (a Maurizio Caverzan nel 2018) • Non è giornalista professionista: ««Ma io l’ho dato l’esame (di stato, nel 1999 ndr). Solo che sono stata bocciata all’orale. Giustamente: mi hanno fatto dieci domande e io ho saputo rispondere soltanto a una. Confesso che non è stata una bella esperienza, tanto più che con me c’erano alcuni dei miei allievi degli stage di formazione al giornalismo che sono stati tutti promossi. Purtroppo, non ho tempo da trascorrere sui libri, né di mandare a memoria il Franco Abruzzo, quindi non credo che ci riproverò. Pazienza, resterò pubblicista a vita. Invece, sono freelance da sempre, semplicemente perché non c’è stato nessuno che m’abbia detto "ok, ti assumiamo". Mai»
Politica Ad aprile 2013 fu candidata dal Movimento 5 stelle per la Presidenza della Repubblica. Prima, davanti a personaggi come Stefano Rodotà, Emma Bonino, Gian Carlo Caselli, Romano Prodi, ecc. Rifiutò con una lettera pubblicata sul Corriere della Sera il 17 aprile 2013: «Io sono una giornalista, e solo attraverso il mio lavoro – che amo profondamente – provo a cambiare le cose, ad agire in prima persona, appunto». Dopo un mese, una sua inchiesta si occupò anche del movimento di Grillo: «L’ultima puntata di Report ha scatenato un putiferio, e trasformato anche Milena Gabanelli - vincitrice delle Quirinarie M5S – in una “traditrice” come gli altri. La sua colpa è quella di aver posto due domande ai fondatori del Movimento. La prima riguarda la rendicontazione dello Tsunami Tour: “Passati i tre mesi dalle elezioni – ricorda Report – è stato pubblicato un rendiconto sommario, ma non sono state inserite le fatture e i nomi dei fornitori”. Nessuna risposta: nessuno ha accettato di farsi intervistare. Ma la domanda che più ha mandato fuori dai gangheri i Cinque Stelle è quella sui ricavi del blog. Anche qui, quesito piuttosto semplice: “I proventi vanno anche al Movimento oppure no?”. Ed è qui che la nebbia si fa piuttosto fitta: perché non dire quanti sono?. Al di là delle domande, non è piaciuta una nota a margine della giornalista: “Con tre milioni di disoccupati - ha detto in tv - smettetela di parlare dei vostri scontrini”» (Paola Zanca).
Famiglia Sposata con Luigi Bottazzi, professore di musica. Una figlia di nome Giulia.
Libri Primo libro letto: Incompreso di Florence Montgomery. Libro preferito: Cuore di tenebra di Joseph Conrad • Ha pubblicato i libri-dvd Cara politica. Come abbiamo toccato il fondo (Bur, 2007) e Ecofollie. Per uno sviluppo (in)sostenibile (Bur, 2008).
Tempo libero «Quando non lavora si rifugia nell’orto di casa: rapanelli, patate, finocchi, prezzemolo, basilico, peperoni le sue specialità» [Novella 2000]. Li coltiva nel giardino della sua villa di Mongardino, sulle colline attorno a Bologna • «E la passione per il giardinaggio, come nasce? “Mah, è un modo per staccare, così invece di prendermela con la mia famiglia me la prendo con l’orto”» (Velonà, cit.) • «Quando non lavoro faccio quello che fanno tutte le donne che hanno una famiglia: cucino, faccio la lavatrice, la spesa. In breve: sono una persona normale, e avendo poco tempo a disposizione non dedico nemmeno un minuto alla mondanità» • «Ho un debole per i programmi musicali, vado a cercarli ovunque. La musica mi dà felicità e sottili malinconie» (a Maurizio Caverzan).