13 giugno 2023
Tags : Francesco Guccini
Biografia di Francesco Guccini
Francesco Guccini, nato a Modena 14 giugno 1940 (83 anni). Cantante. Autore. Scrittore. Attore. Autore di canzoni memorabili come La locomotiva, Dio è morto, Auschwitz, L’avvelenata, Canzone per un’amica ecc. «Lei, Guccini, canta l’etica con parole estetiche» (Ezio Raimondi)
Titoli di testa «Ho smesso di cantare perché non ho più niente da dire»
Vita Costretto dalla guerra a trascorrere i primi anni della sua vita in un mulino ad acqua a Pàvana (appennino tosco-emiliano): «Mio bisnonno Francesco si è trovato capo famiglia a diciassette anni. A quell’età ha cominciato a costruire il mulino» • «Ricordo mio padre, che era perito elettro-meccanico ma che amava Einaudi, Montanelli e studiava la storia leggendo van Loon. Ricordo l’arrivo degli americani. Ricordo ogni amico e parente. E ricordo quando i nazisti fecero saltare la centrale elettrica nel 1944. Le lastre del tetto erano di Eternit e finirono sul fiume. Noi, bambini, scoprimmo che se lo mettevi nel fuoco, l’Eternit si gonfiava e saltava per aria. E noi giù a dargli fuoco! Eravamo inconsapevolmente pazzi. Qui ho le mie radici» [Andrea Scanzi, Fatto] • «Il padre (sposato da poco più di un anno) di quel Francesco Antonio fu spedito a fare una guerra non voluta né desiderata, dalla quale sarebbe (fortunatamente) ritornato dopo cinque anni, due dei quali trascorsi in un campo di concentramento tedesco. E un padre che torna dalla prigionia non può essere un genitore come ce ne sono tanti adesso, in tempo di pace; è necessariamente amoroso ma anche molto severo, non può permettere che il figlio lasci il cibo nel piatto (lui che ha patito per anni la fame), non ha mai dato il bacio della buona notte, come si vede fare alla televisione, non ha mai festeggiato un compleanno, che passava del tutto inosservato, e via di questo genere» [Francesco Guccini Non so che viso avesse Giunti] • Imparò a leggere e a scrivere prima della scuola leggendo Pinocchio; saltò la prima elementare • «Erano gli anni Cinquanta a Bologna. Eravamo ragazzi. Vedemmo un film americano che ci schiantò: raccontava di un concorso tra complessi di rock’n’roll e ai vincitori toccava di tenere concerti in un campeggio di scout-girl: loro erano in cinque e le ragazze cinquecento. Usciti dal cinema ci dicemmo: dobbiamo mettere su un complesso» (a Carlo Moretti) • Amava leggere: «I Salgari, i Verne e poi, da studente, la religione dei libri, che altri ti suggerivano o che tu suggerivi ad altri: narrativa, con la predilezione per i romanzi umoristici, per i gialli e per la fantascienza, poesia, storia, linguistica. La scoperta di un autore faceva sì che andassi alla ricerca di tutto quello che quell’autore aveva scritto. E la mania per i fumetti, “letteratura disegnata” che mio padre, quando ero ragazzo, mi proibiva, perché mi avrebbe disabituato alla lettura, pensa te. E il leggere dappertutto, perché se leggi non ti annoi mai: alla scrivania, a letto, in bagno, in treno, da militare, con la pila sotto le coperte, aspettando l’autobus, dal medico, sulla spiaggia. Ovunque» [Guccini, cit] • La madre avrebbe voluto che diventasse un professore di storia, ma fu comunque la sua prima insegnante di canto, perché cantava spesso canzoni italiane degli anni Trenta. Da bambino con le cinquemila lire che gli aveva regalato la nonna si fece costruire la prima chitarra da un falegname di nome Celestino: «Su un quadernetto aveva disegnato le corde e dei pallini per indicarmi dove mettere le dita per i primi accordi. L’autunno dopo scrissi la prima canzone: Ancora, con il giro armonico di Only You”» (a Michele Farina) • Solo da adulto mangia la sua prima bistecca. Prima c’era solo il lesso la domenica • «A notte si dormiva in letti coi materassi di foglie di granoturco, tre per la testa e tre per i piedi, tutti attruppati. Chi non ha mai dormito in quel tipo di materassi non sa che rumore facciano a ogni minimo spostamento; pensate in sei persone» [Guccini, cit.] • «Sognavo di fare il giornalista, e l’ho anche fatto per un po’, nella mitica Gazzetta di Modena, subito dopo il diploma delle magistrali, che avevo preso non tanto per vocazione all’insegnamento quanto perché si finiva un anno prima, e a casa c’era bisogno che cominciassi a lavorare presto. Ricordo che mi fecero scrivere il primo articolo su una certa suor Eustacchio Maria Peloso, che festeggiava i 50 anni dei suoi voti, e io che sognavo i reportage alla Hemingway!» • Nel 1960 intervistasti Modugno. «Me ne vergogno non poco. Fui molto snob e saccente, volli fare il fenomeno. Avevo 20 anni ed ero stupido come sanno essere i ventenni. Modugno si incazzò molto e si lamentò col direttore. Un’altra volta feci un’inchiesta sull’aumento di malattie veneree dopo la chiusura delle case di tolleranza. Il direttore d’ospedale mi fece vedere i dati che lo confermavano, dicendomi però di non pubblicarli. Poi uscì dalla stanza e li lasciò sul tavolo. Li copiai e pubblicai. Il giorno dopo successe il finimondo e il direttore mi cacciò. Presi le mie cose, mi avvicinai alla porta e il direttore si arrabbiò di nuovo: “Ma dove vai Guccini, torna qui!”. Praticamente mi licenziarono per cinque minuti» • «Mi davano ventimila lire al mese, e non erano un granché neanche allora, e di farmi un contratto da praticante nessuno parlava. Era una situazione da precario, ante litteram» [Guccini, cit.] • «Comunque, fra una cronaca locale e l’altra, strimpellavo la chitarra. Da noi, in Emilia, si nasce e si cresce in famiglie canterine, con la passione per la musica e per l’ascolto: è una sorta di patrimonio genetico, che ti appartiene. Con gli amici avevamo messo su una specie di complesso, I gatti, e ci esibivamo all’osteria delle Dame, a Bologna, e intanto portavo avanti anche l’università: mi ero iscritto a Lettere» • «I miei genitori mi hanno insegnato a stare basso: mi hanno cresciuto “masato”. Sempre basso profilo. Questo mi ha reso insicuro e molto timido. Non ho assolutamente autostima. Anche durante i concerti ero terrorizzato, come quando davo gli esami all’università» [Andrea Scanzi, Fatto] •«Avevo fatto tutti gli esami, mancava solo la tesi, mi bocciarono solo in latino, sui paradigmi, e io ricordavo solo i più facili. Uno disse all’assistente: “Lo sa che questo ragazzo ha scritto quella canzone bellissima che si chiama Dio è morto?” (era stata appena incisa dai Nomadi). L’assistente disse: “Sì, bene, ma i paradigmi li chiedo a tutti”. E mi bocciarono. Allora le canzoni mi limitavo a scriverle. Prima le prendevano quelli dell’Equipe 84, poi i Nomadi presero Noi non ci saremo. Quando proposi Dio è morto quelli dell’Equipe non ebbero coraggio, poi quando scrissi Un altro giorno è andato dissero che ero finito. Invece i Nomadi accettarono Dio è morto, e grazie a loro ebbi un contratto come autore, poi Dodo Veroli, che produceva i Nomadi, mi chiese di provare a cantarle in prima persona e così feci il primo disco, era il 1967» (a Gino Castaldo) • Tra i dischi: Folk beat n. 1 (1967), Radici (1972), Via Paolo Fabbri 43 (1976), Metropolis (1981), Signora Bovary (1987),Quello che non... (1990), Parnassius Guccinii (1993), D’amore di morte e di altre sciocchezze (1996), Stagioni (2000), Ritratti (2004), Thule (2012) • Negli anni Settanta sfida Benigni a duello: «Erano duelli di poesia improvvisata. A volte, sadicamente, gli lasciavo delle rime impossibili: “taxi/Craxi”, “mirra/birra”. Lui mi mandava affanculo, poi però se ne usciva con trovate geniali: “La moglie di Pirro doveva chiamarsi Pirraaaa”. Bravissimo. Altri due dotati erano Carlo Monni e David Riondino. Anche Umberto Eco faceva parte di quelle sfide, ma a dirla tutta non era un granché» [Scanzi, cit.] • «Auschwitz mi fu ispirata da un paio di libri, uno fotografico, Il flagello della svastica, l’altro era E tu passerai per il camino. Allora ero sempre con la chitarra in mano stavo a casa con i miei, finito di mangiare mi mettevo in camera mia e venivano gli accordi. Ma anche La locomotiva viene da un altro libro, Trent’anni di officina di Romolo Bianconi, memorie di ex operai» • Sull’ Avvelenata: «All’epoca contestavano i cantautori. Io ebbi solo un breve episodio a Verona, in un teatrino, e mi arrabbiai. Un po’ fu questo, un po’ fu la critica malevola di Bertoncelli all’album Stanze di vita quotidiana: argomentò che io non avevo più niente da dire, ma sfornavo dischi per contratto» (a Marinella Venegoni) • Odysseus dell’album Ritratti è la sua preferita • Suona la chitarra acustica, e la maggior parte delle musiche da lui composte ha come base questo strumento • Anche scrittore di gialli (con Loriano Macchiavelli), di romanzi autobiografici (Croniche Epifaniche, Vacca d’un cane con Feltrinelli, Cattanova blues con Mondadori), di un Dizionario del dialetto di Pàvana (Nuèter 1998). Nel 2010 è uscita la sua ultima autobiografia, scritta con il poeta e critico letterario Alberto Bertoni, intitolata Non so che viso avesse. La storia della mia vita (Mondadori) • Sporadicamente attore: Radiofreccia (Luciano Ligabue 1998), Ti amo in tutte le lingue del mondo (2005), Una moglie bellissima (2007), Io e Marylin (2009) tutti di Leonardo Pieraccioni; Il risveglio del fiume segreto (Scillitani 2012). «Pieraccioni venne a sentire un mio concerto a Firenze e dopo mi chiese di recitare. Accettai per divertimento (…) Avevo visto gli altri suoi film: divertenti, ben confezionati. Leonardo non sogna di essere Bergman» (a Valerio Cappelli) • Ha anche insegnato Lingua italiana al Dickinson College di Bologna. Umberto Eco lodò in Guccini il «coraggio di far rimare “amare” con “Schopenhauer”». Guccini replicò, lusingato, che si trattava di assonanza, non di rima • Ha lasciato Bologna per rifugiarsi sull’Appennino pistoiese. «Effettivamente la città che mi piaceva non c’è più. Ma può darsi che io la confonda con la mia giovinezza» (a Michele Brambilla) • Ricorda l’ultimo concerto? «Sì, a Bologna. Il 3 dicembre 2011. Ero raffreddato. Presi venti gocce di paracodina, e siccome la voce non migliorava ne presi altri venti. E fu un errore, perché ebbi un mancamento. C’erano dei miei amici medici che mi volevano portare al pronto soccorso. “No, andiamo a cena”, risposi. In quel momento decisi che quello era stato il mio ultimo concerto» [a Concetto Vecchio, CdS] • Ridotta l’attività musicale si è concentrato soprattutto sulla scrittura. Fece discutere il suo libro Tango e gli altri (Mondadori 2007, con Loriano Macchiavelli) dove raccontava di un partigiano comunista ucciso da altri partigiani comunisti: «Io combatto il revisionismo. Leggo Bocca, non Pansa. Ma i libri scritti da chi stava dall’altra parte li ho letti, eccome» • Nel 2007 molti libri su di lui: Dio non è morto di Giancarlo Padula (Bastogi), Parole e Canzoni a cura di Vincenzo Mollica e Valentina Pattavina nella collana Stile Libero di Einaudi; Portavo allora un eskimo innocente (Giunti) in cui si è raccontato a Massimo Cotto; Di questa cosa che chiami vita, minuziosa enciclopedia “gucciniana” di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini (Il Margine) • Ultime Nel 2010 la raccolta Storia di altre storie contenente il brano inedito Nella giungla e nel 2012 l’album L’ultima Thule, dopo il quale Guccini ha dichiarato che non inciderà più dischi e non terrà più concerti. «Non riesco più a suonare, nemmeno dopo la bevuta con gli amici». Appesa la chitarra al chiodo, ha però nominato suo erede Danilo Sacco, l’ex cantante dei Nomadi, per portare in tour il suo ultimo album • Dizionario delle cose perdute (Mondadori, 2012) e Nuovo dizionario delle cose perdute (Mondadori, 2014), nei quali «Guccini getta la maschera e non nasconde di essere tecnicamente vecchio perché si ricorda cose che non ricorda quasi più nessuno» (Antonio D’Orrico) • Partecipò al concerto per l’Emilia a Bologna nel 2012. Sempre nel 2012, laurea ad honorem all’American University of Rome• Canzoni da intorto (BMG), il nuovo album, è uscito a dieci anni di distanza dal precedente. “Un disco di cover, idea che avevo in mente da tempo. Dentro ci ho messo le canzoni che cantavo da ragazzo, quelle a cui ero più legato nei Cinquanta e Sessanta. Secondo mia moglie le usavo per “intortare” le ragazze, da qui il titolo. Sono brani quasi sempre non notissimi e poco commerciali, quando la casa discografica ha saputo i titoli è sbiancata”. Il disco, disponibile solo in supporto fisico (niente streaming e Spotify), è il regalo riuscito e inatteso di un artista eterno [Scanzi, Fatto] • È giusto che qualche tua canzone venga studiata nelle scuole? «Qualcuna sì. Mi fa piacere, ma la cosa di cui vado più orgoglioso è far parte di un’antologia Meridiana Mondadori dedicata ai più grandi scrittori italiani di racconti del Novecento. Essendo sotto sotto un fighetto snob, ha dato più gioia al mio ego questo riconoscimento di qualsiasi canzone» [Scanzi, cit.] • Oggi chi è Guccini? Sono un “vecchio incespicone”, come diceva mia nonna a mio nonno. Ho 82 anni. Non tiro più tardi la notte, non faccio più concerti, non faccio più le camminate di un tempo. Ma il disco mi piace, posso bere rum tre volte a settimana (di più mia moglie Raffaella non vuole) e il nuovo libro che sto scrivendo con Loriano Macchiavelli sta venendo proprio bene. Quindi non mi lamento [Scanzi, cit.] • Pensa talvolta alla morte? «Sono in pista di lancio. Voglio essere cremato» [Vecchio, cit.].
Politica Di sinistra. Francesco Guccini, qual è il suo primo ricordo delle elezioni? «Quelle del 1948, vissute qui a Pavana: avevo quasi otto anni. Mio padre era tornato da un campo di concentramento in Germania, la Casa del fascio era diventata Casa del popolo, comunisti e democristiani litigavano con urla altissime. Il prete, don Quinto Pelagalli, anticomunista acceso, svolgeva il suo apostolato secondo la massima di Guareschi: “Nell’urna Dio ti vede, Stalin no”» [a Concetto Vecchio, cit.].• Unanimemente considerato un vessillo della rivoluzione, «semmai è da sempre un tranquillo riformista, arrabbiato soprattutto per via letteraria» (Edmondo Berselli) • «È Guccini il cantautore-simbolo della sinistra: il fiasco di vino, la chitarra, i jeans – l’eskimo di una canzone-mito, “con l’incoscienza dentro al basso ventre e alcuni audaci, in tasca l’Unità, / la paghi tutta, a prezzi d’inflazione, quella che chiaman la maturità…”»; «Un sondaggio, un paio d’anni fa, rivelò che ai giovani di destra Guccini piaceva quanto Battisti. Era il perfetto collante, dunque, il cantore delle osterie di fuori porta» [Fog 21/5/2013] • «Penso all’Italia, alla politica italiana e quello che c’è, naturalmente da giullare, non da politico perché non ho la stoffa. Non ho mai fatto politica né mai la farò» • «Sono di sinistra come lo ero anni fa. Ma non mi considero un autore politico, anzi sono più intimista-esistenzialista, anche se uno che parla di se stesso, con le opinioni che ha, cade in un vizio politico» (a Valerio Cappelli) [Cds 21/12/2009] • Dopo le politiche del 2008 dichiarò: «Agli operai, della falce e martello non gliene frega più niente» • Ha sostenuto Prodi fino all’ultimo: «Resistere, resistere, resistere!». Poi del Pd: «Prima di Craxi votavo Psi. Non sono mai stato estremista, anche adesso non amo la sinistra radicale, quella che mette i bastoni tra le ruote al premier», ma nel maggio 2013 dichiarò «il Pd non è più il mio partito» • Peggio Berlusconi o Meloni? «Alla fine, secondo me, è “meglio” la Meloni. Se non altro, non ha quei quintali di conflitti di interesse che aveva ed ha Berlusconi. Ho temuto seriamente che lo facessero Capo dello Stato: questo Paese, purtroppo, è capace di tutto» [Scanzi, cit.] • Alle ultime elezioni ha votato Pd.
Curiosità «Non è che beva molto. Due o tre bicchieri, durante il concerto. Serve ad aiutare la voce». Non ha né patente né cellulare. Nel 2007 ha provato a smettere di fumare: «Mi avevano detto che avrei sentito meglio i sapori e gli odori; non è vero, è tutto come prima» • Promuove i suoi concerti sempre con la stessa locandina, la copertina di Via Paolo Fabbri 43 (1976), uno dei suoi dischi storici. La foto fu scattata nel 1971 durante una vacanza in Grecia: «Non è che non voglio arrendermi al tempo che passa: piuttosto considero ormai quella foto come il mio logo, una specie di marchio di fabbrica» • Si definisce meteoropatico e ansioso: «quando prendo il treno da Porretta Terme a Bologna, arrivo sempre un’ora prima. C’è solo quello, impossibile sbagliare. Io però, ogni volta, chiedo in stazione: “È quello delle ore ‘X’ per Bologna?”. Non lo chiedo mica per sapere a che ora arriva: lo chiedo per sapere se arriva» [Scansi, cit.] • Appassionato di fumetti • «Sono un ottimo giocatore di scopa, briscola, tressette e scopone scientifico. Anche con De André una volta ci sfidammo a Bologna, dopo un suo concerto con la Pfm. Quello che perdeva doveva dare mille lire all’altro. Finì uno a uno. Da qualche parte devo avere ancora delle mille lire firmate da Fabrizio, come lui le aveva firmate da me. Giocherei anche a Pavana, ma non arriviamo mai a quattro: i miei amici sono quasi tutti morti, e poi Pavana è diventata un po’ borghese. Prima si lanciavano delle Madonne incredibili durante le partite, ora son tutti casti. Prima si giocava per un fiasco di vino, ultimamente per un caffè o le caramelle. Ti rendi conto? Le caramelle a Pavana: roba da matti» [Scanzi, cit.].
Amori Nel 1964 s’innamora di Roberta Baccilieri, la sposa nel 1971. Dalla convivenza con Angela ha avuto Teresa (1978), che si è laureata con lode al Dams di Bologna con una tesi, Isole di specchi, in cui confrontava il padre con la popstar inglese Robbie Williams • Nel 1996 si separa da Angela • Dal 2011 sposato in seconde nozze con Raffaella, dottoressa di ricerca in letteratura italiana e insegnante delle medie. «Mi sono sposato con Raffaella Zùccari a Mondolfo, il piccolo paese delle Marche patria di Raffaella, il 21 aprile di quell’anno. Ma eravamo assieme da tempo» • «Una volta mi è capitato di fare l’amore di gruppo ma non mi sono divertito in maniera particolare, oltretutto faceva molto freddo e la mattina dopo mi sono svegliato con la bronchite».
Titoli di coda «Quando morirò seppellitemi in una vigna, acciocché possa ridare alla terra tutto quello che ho bevuto nella mia vita».